Recensione

Phantasy Star Zero

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a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

In principio fu Phantasy Star. Il primo, unico e inimitabile episodio apparve su Master System, una console che, pur perdendo nettamente il confronto con il concorrente Famicom (se escludiamo Europa e Sud America, dove invece le vendite del piccolo di casa Sega furono più che soddisfacenti), sfornò una serie di piccole gemme che gettarono le basi per la grande stagione Sega degli anni ’90. Phantasy Star era un gioco di ruolo che, per molti versi, stravolgeva i canoni, dall’ambientazione spaziale alla protagonista di sesso femminile, ma che catturò milioni di appassionati, che avrebbero poi seguito la serie nelle sue brillanti evoluzioni su MegaDrive. L’avvento di Dreamcast segnò un nuovo millennio e la serie, di cui i fan reclamavano un seguito, prese una nuova piega: Phantasy Star Online sconvolse quanto e più del predecessore, facendo conoscere alla comunità mondiale il gioco online e aprendo un mare di possibilità infinite che, se oggi sembrano scontate, all’epoca segnarono un nuovo modo di concepire l’intrattenimento videoludico.Phantasy Star Zero tenta di portare su Nintendo DS, una delle poche console non ancora toccate dal brand, l’ebbrezza del gioco online e del level grinding massiccio, che hanno fatto la fortuna della saga negli anni.

Sceneggiatori in vacanzaContrariamente ai primi episodi (gli intrecci del capostipite e dei tre episodi successivi su MegaDrive sono ricordati ancora oggi per la loro bellezza e la loro originalità), il passaggio all’online ha impoverito consistentemente il comparto narrativo della saga che, anche in questa incarnazione per la piccola di casa Nintendo, risulta deludente: il nostro alter ego (creato da noi utenti attraverso un editor invero abbastanza povero) si arruola in una gilda di mercenari interplanetari che hanno come scopo ultimo, oltre a quello di riempirsi le tasche, anche quello di preservare la pace nella galassia. Se si può soprassedere su un personaggio principale muto e monco a livello di personalità e carattere, giustificando in parte la cosa con il fatto che tutti i giochi che propongono un alto livello di personalizzazione del proprio alter ego digitale soffrono poi in questo settore, non possiamo essere altrettanto benevoli con gli NPC: in titoli dove il protagonista manca di spessore per i motivi sopra citati è in genere il party, o comunque i personaggi secondari, a colmare questa lacuna, proponendo magari caratterizzazioni ben realizzate. Così, su due piedi, ci vengono in mente molti titoli della saga Megaten di Atlus, o anche un qualsivoglia capitolo di quella di Dragon Quest di Square Enix, primo tra tutti l’eccellente Sentinelle del Cielo, recensito su queste pagine solo due mesi fa. Quello che ci troveremo di fronte, invece, sarà un misto di dialoghi insulsi, personaggi che colgono a piene mani dai cliché più abusati della storia recente dei giochi di ruolo e una successione degli eventi lineare e scontata, che mai riserverà un colpo di scena degno di questo nome o un inaspettato “deux ex machina”.

Più siamo, meglio èCreato il nostro alter ego, saltati a piè pari un paio di dialoghi del tutto inutili, ci troviamo catapultati nella prima missione, che in teoria, e sottolineiamo in teoria, dovrebbe servire più a prendere confidenza con i rudimenti del sistema di controllo e con le tecniche di combattimento e che invece, nei fatti, si rivela un vero e proprio incubo. Dopo aver scelto per anni, in tutte le varie incarnazioni della serie, il picchiatore all’arma bianca, abile nel corpo a corpo, nella prima fase di test del gioco abbiamo scelto di optare per il mezzuomo armato di pistola, che guadagna in agilità e precisione quello che perde in forza bruta. Se avessimo limitato la nostra prova a questa fase iniziale, il voto sarebbe stato notevolmente più basso: il livello di difficoltà è bilanciato malissimo e scegliere il pistolero o il mago significa andare incontro a frustrazione soprattutto durante le prime 3-4 ore di gioco, perché la crescita di questi personaggi è molto più lenta e faticosa rispetto a quella del combattente standard: il risultato sarà che, sin dalle primissime missioni, ci imbatteremo in nemici davvero ostici, che in tre/quattro colpi ci condurranno alla morte, avvenimento che causerà il ritorno al villaggio con un solo punto ferita.La cosa migliora sensibilmente attorno, come detto, alla quarta ora di gioco, ma dubitiamo che un utente si lasci intrattenere da Phantasy Star Zero così a lungo, se è vero che noi lo abbiamo fatto solo per “dovere” redazionale.Notevoli problemi si riscontrano anche nel sistema di lock automatico dei bersagli, che causerà spesso la spiacevole controindicazione di essere “mazzuolati” per benino mentre si spara alle mosche: questo non dipende dalla scelta della classe del personaggio, ma è un difetto congenito del gioco e causato da un sistema di telecamere irritante che vi porterà a premere il dorsale sinistro, adibito a riportare la telecamera alle spalle del personaggio, molto più spesso del sopportabile.Le ore passate in compagnia del gioco, fortunatamente, hanno anche rivelato lati positivi, che sono più o meno quelli che hanno sempre contraddistinto la serie a partire dagli episodi Dreamcast in poi: una sconfinata disponibilità di armi diverse e di oggetti da raccogliere farà la felicità degli amanti del loot e del collezionismo e il sistema ci combattimento, sempre che abbiate scelto il guerriero, si rivela immediato e divertente, come da tradizione per ogni RPG d’azione che si rispetti.Notevoli anche i combattimenti contro i boss, che richiedono pazienza tattica e una certa intelligenza, rispetto al semplice button mashing richiesto dagli scontro con i nemici comuni. Il comparto multigiocatore online consente a quattro giocatori di collaborare tanto in locale quanto in rete, creando delle “gilde nelle gilde” e ampliando notevolmente il fattore coinvolgimento, a patto che, prima di dedicarsi alle modalità di gioco comunitario, si sia dedicato un sufficiente monte ore al level grinding, pena un inusitato game over. I lati positivi si pongono però come lampi di luce nel buio anche a causa del livello di intelligenza artificiale modesto, di cui risentirà particolarmente il gioco in singolo visto che, anche in questo caso, la modalità multigiocatore verrà in soccorso con l’aggiunta di giocatori umani. Non sarà raro, infatti, vedere i propri partner menare fendenti a vuoto mentre tre o più nemici si accaniscono su di noi, o vederli bloccati tra una roccia ed un ponte, in un circolo vizioso ed infinito di animazioni scadenti.

Ancore di salvezza arrugginitePassando il comparto tecnico sotto la lente d’ingrandimento, la situazione migliorerà ma solo di poco: la palette di colori utilizzata, la grande varietà nel bestiario che ci si porrà di fronte, la discreta modellazione poligonale dei personaggi principali non basteranno a coprire animazioni legnose e innaturali, una clamorosa ridondanza negli ambienti di gioco, peraltro estremamente spogli, degli occasionali rallentamenti (ingiustificati nonostante l’età dell’hardware della console a due schermi di Nintendo). Come per il resto del prodotto, quindi, luci e ombre si alterneranno, rendendo il prodotto né carne né pesce, tanto da far preferire l’affitto all’acquisto, quantomeno per valutare se e quanto si sopportano i problemi congeniti che la saga sembra portarsi dietro soprattutto nelle sue declinazioni portatili. Discreto il sonoro, che non brilla per motivi particolarmente ispirati ma almeno non ripete gli sfracelli del sistema di controllo, e ottima invece la longevità: coloro che decideranno di andare avanti nell’avventura nonostante la trama blanda e le difficoltà che abbiamo raccontato, troveranno certamente pane per i loro denti, perché tra la modalità principale, le sottomissioni (invero ripetitive ma molto numerose), il gioco online e le quest disponibili solo dopo aver completato il gioco, la durata totale si attesta sulla cinquantina di ore scarse, una media invidiabile se tenuto conto degli ultimi prodotti usciti per DS.

– Incredibilmente longevo

– Arsenale e bestiario molto nutriti

– Buon comparto online

– Stupidità artificiale

– Ripetitivo

– Plot estremamente esile

– Problemi nel sistema di controllo

5.9

Rileggendo il corpo della recensione, ci è sorto il dubbio di essere stati troppo severi nel giudizio riservato alle varie componenti di Phantasy Star Zero: l’aspetto grafico non è da buttare, la longevità è alle stelle e la grande varietà di armi disponibili e di mostri da abbattere potrebbe attirare più di un fan di serie come Monster Hunter.

Eppure il sapore che rimane in bocca è amaro, a Ds spento. E questo dipende dalla ripetitività delle missioni, dalla trama virtualmente inesistente, dai problemi che minano il sistema di combattimento, dalla gestione della telecamera, dalla intelligenza (o dovremmo dire stupidità?) artificiale. E anche dal fatto che una saga storica, che ha segnato gli ultimi 25 anni di storia videoludica dal Master System in poi, annaspi nella mediocrità, perché Sega sembra essere l’unica a non essersi accorta che il brand ha urgente bisogno di una riverniciata.

Se ne avete la possibilità, provatelo prima di avventurarvi nell’acquisto.

Voto Recensione di Phantasy Star Zero - Recensione


5.9