Recensione

Brawl Brothers

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a cura di Pey'j

Hack e Slash sono i nomignoli non casuali dei due protagonisti di Rival Turf, piacchiaduro a scorrimento (già presente nel catalogo della Virtual Console) con cui Jaleco dà inizio a una trilogia su SNES – nota col nome di Rushing Beat – completata da Brawl Brothers e Peace Keepers. In Brawl Brothers si aggiungono ad Hack e Slash ben tre nuovi personaggi giocabili che ampliano in modo consistente il ventaglio di virtù e specialità disponibili. L’impianto di gioco è fortemente ispirato a un campione del genere come Final Fight, dalla cui versione per SNES Brawl Brothers prova tuttavia a distinguersi.Il cast: nessun divo, buoni caratteristi e qualche sorprendente cameo. Il setL’accattivante schermata iniziale mostra i 5 combattenti selezionabili. Due omaccioni: Slash (che si direbbe un fan dei Village People) e Lord J. (istruttore di karate dallo stile non proprio ortodosso), due tipi agili: Hack (stradaiolo canonico) e Kazan (acrobatico ninja verde smeraldo) e infine Wendy, una modellata pupetta pochi vezzi e tanto wrestling. Tutti sono assai colorati e, se non mostrano un carisma speciale, appaiono quantomeno gradevoli nella loro misurata eccentricità. Più bizzarri i nemici, alcuni davvero degni di menzione: i Led Hed, ometti che si portano appresso uno scafandro meccanizzato a metà tra la fantascienza e Leonardo da Vinci, e i Phantom, la cui mise mascherata, insieme col nome, ne accerta l’ispirazione al Fantasma dell’Opera. Così come per i protagonisti, ciascuno dotato di personali mosse e mosse speciali, la varietà nelle prerogative degli antagonisti è significativa: agilità, resistenza, prevedibilità, colpi sono tutti distribuiti in modo che a lungo andare non ci si annoi a causa della reiterazione. Nei livelli iniziali ci si scontra con poche, selezionate tipologie nemiche, mentre negli stadi prossimi alla fine si sviluppa un vero e proprio corteo, una sfilata di tutti i caratteri fin lì combattuti. E a quel punto si balla, stretti stretti. L’ambiente è contemporaneo con qualche ammicco futuristico. Si parte dall’immancabile asfalto d’una metropoli popolata da street gangster palestrati (e agghindati) e si passa attraverso una giungla sintetica (area di addestramento militare), una fogna a cielo aperto, zone aeroportuali, cantieri, ring improvvisati (piattaforme semoventi), palestre. E l’ambiente, seppur in misura contenuta, interviene nel gameplay: il suolo – con campi minati, pavimenti elettrificati, voragini – condiziona talvolta gli spostamenti mentre alcuni elementi di scena ostacolano ad arte la visuale.Giocando in singolo bisognerà scegliere due personaggi: il titolare e la riserva. Gli altri tre risulteranno rapiti dai cattivoni – rapimento a scopo di clonazione – e andranno liberati battendo per l’appunto il loro doppio (boss). Apprendiamo la storia leggendo le istruzioni giacché nulla dell’esile pretesto narrativo è rappresentato in video se non in una schermata nella quale, al termine di ciascun livello, il liberato di turno ringrazia e ufficializza l’adesione alla compagnia. Rissosi certamente, i fantastici 5, ma in nome dell’amicizia e della rettitudine.

Labirinti, OA e Altrimenti ci arrabbiamoLo scorrimento avviene a stazioni: liberato il campo si procede. I comandi sono sufficientemente precisi e rapidi, specie nel controllo della profondità, la cui quota è cruciale per schivare, picchiare e soprattutto per lanciare un oggetto e colpire i nemici a distanza. Nel picchiare, risulta stranamente più critico il posizionamento dei lottatori corpulenti: i colpi dei mingherlini hanno un raggio d’azione più esteso e vanno dunque a segno anche se non perfettamente allineati con l’avversario. Diverte il doversi muovere (e al tempo stesso menare) per non lasciarsi accerchiare e anzi  tenere raccolti gli avversari in modo da stenderne più d’uno con una sola serie di colpi. Vederli volare all’unisono e poi infierire con un salto è una gran bella soddisfazione. Sì, perché si può infierire sul nemico che rovina per terra e se non gli si concede il tempo di rialzarsi lo si finisce. Ma può accadere anche il contrario, e colpo su colpo la nostra barra della vita andrà inesorabilmente a zero. Per fortuna le vite disponibili sono numerose e possono regolarsi dal menu delle opzioni fra un minimo di dodici e un massimo di trenta. A causa delle “trappole” si lotta a volte in un fazzoletto di terra. In tali circostanze il corpo a corpo la fa da padrone, i numeri più redditizi – in salto o in corsa – non possono essere realizzati e non è possibile aggirare l’avversario. L’azione sui pulsanti diventa convulsa, l’aspetto tattico viene accantonato e si mena alla cieca, o quasi. Ma ce lo si aspetta da un gioco del genere e tutto sommato giova alla varietà. Fra l’altro, quando si incassa a ripetizione capita che si avvii la modalità “Angry”, un “adesso mi avete rotto sul serio” che rende il nostro personaggio luminescente e invulnerabile per qualche istante. Tale modalità, se l’aiutino vi sembrasse oltremodo disonorevole, può essere disattivata agendo sul ricco menu delle opzioni. In modo inatteso, data la natura del gioco, in un paio di livelli ci si trova ad attraversare dei labirinti. Non si tratta di veri e propri dedali né di intrichi botanici, tuttavia infilando il varco o il piano sbagliato si fa ritorno alle origini (questa l’abbiamo resa blandamente criptica, perché si rischia la rivelazione di particolari che invece è divertente – eh, quanto! – scoprire, ndr). Fatto sta che il gioco si fa beffe di noi. E la sua verve birichina non finisce qui, scaricandosi finanche sugli antagonisti. Alcuni di questi, infatti, sono muniti di armi da fuoco: si mettono in posizione, prendono la mira e – bang! – vi sparano e fanno fuori voi, se non avete schivato per tempo, e tutti i loro disgraziati compagni che si sono trovati lungo la traiettoria del proiettile assassino. Non è raro vedere due di questi svagati cecchini spararsi l’un l’altro: è una scena che fa bene all’umore. Per inciso, le armi di un avversario battuto possono essere raccolte e utilizzate. E non finisce qua: c’è ancora spazio per la OA (ottusità artificiale) tant’è che qualche balordo è capace di tuffarsi nel vuoto senza motivo apparente o di calpestare ripetutamente la stessa porzione di pavimento elettrificato fino al meritato trapasso. Togo. Conclude il quadro semi-demenziale la possibilità di scagliare contro il nemico, esattamente come fossero armi, le provviste vitali raccolte lungo la via: a volare saranno cassette del pronto soccorso, lattine, barrette di cioccolato, cosce di pollo, tocchi di grana padano, che potranno anche recuperarsi successivamente se di un restauro della salute ci sarà bisogno.

In due. Insieme controGli scontri con i boss sono mediamente lunghi e tattici. I ring nei quali si svolgono sono molto profondi e consentono ampi spostamenti in tutte direzioni. I boss sono assai accorti e spesso dotati di armi capaci di colpire a distanza. Per riuscire in una presa (prendere e scaraventare via è l’investimento più redditizio) sono necessari un buon tempismo e il giusto approccio, ed è bene affinare la tecnica perché far fuori un boss a cazzotti porta via un’eternità e possibilmente conduce allo sperpero del patrimonio di salute accantonato. La campagna comprende quattro livelli e si completa in due/tre ore. L’aspetto grafico è piuttosto elementare, con una limitata ricerca del dettaglio e della plasticità. Diversi colpi sono marcati da simpatiche onomatopee fumettistiche che tendono a trasformare – a furia di “crash” e “spak” – il quadro di gioco in vignette dinamiche. Si registra qualche freeze durante le boss-fight e qualche rallentamento nei momenti più affollati, specie se si usa uno dei personaggi grossi. Le musiche sono… musiche. Gli effetti sonori però arricchiscono adeguatamente l’azione. Come sempre in ambito SNES, il controllo è affidato al classic o in alternativa al pad del Gamecube. L’uso dell’analogico è eccellente per gli spostamenti, ma non affidabile quanto il d-pad per la realizzazione di mosse che richiedono una veloce doppia azione. A Brawl Brothers si può giocare in due. Si può affrontare la campagna in modo parzialmente competitivo oppure cooperativo. E si può duellare nelle arene delle boss fight – selezionando la modalità VS, terza e ultima – al meglio dei tre match. La campagna cooperativa è sì divertente (i nemici aumentano in proporzione) ma superata in spasso da quella parzialmente competitiva, la quale assegna finalmente un ruolo ai punteggi, altrimenti sterili giacché non registrati in nessuna classifica. Jaleco puntava fortemente sulla possibilità di giocare in coppia, visto che la versione SNES di Final Fight non la prevedeva. Oggi, sebbene abbia perduto il pregio della novità, il multi può comunque estendere l’interesse verso il titolo, di per sé valido anche e soprattutto in modalità single player.

– Discretamente articolato

– A tratti buffo

– A tratti piacevolmente beffardo

– Multi completo

– Qualche freeze e qualche rallentamento

– Protagonisti non particolarmente carismatici

7.0

Brawl Brothers non eccelle in nessun settore ma risulta per lo meno “onesto” in tutti. È un buon mediano, come Baggio. Dino Baggio. Fatta eccezione per qualche incertezza, il gioco è tutt’oggi godibile e offre una discreta varietà, considerato il genere. Scenette simpatiche e antagonisti ben assortiti vi accompagneranno durante la campagna e vi perderete anche in qualche “labirinto”. Se avete voglia di una rispettabile alternativa ai fuoriclasse della categoria, l’avete trovata. Inoltre, le modalità multigiocatore aggiungono sostanza ad una campagna in singolo che sa dare soddisfazioni.

Voto Recensione di Brawl Brothers - Recensione


7