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Negli anni ’90, il survival horror divenne fondamentale nella storia del media videoludico: dai primi passi mossi da Alone in the Dark nel 1992 fino ad arrivare alla Villa Spencer del primo Resident Evil ed alla spettrale Silent Hill, questo genere rappresentò un decisivo anello di congiunzione tra videoludica e cinematografia. L’utilizzo di fondali prerenderizzati, per l’epoca incredibilmente dettagliati, unitamente al ricorso ad inquadrature fisse, permetteva di rendere più ricchi i modelli poligonali di carismatici personaggi, avvicinando così le produzioni dell’epoca alla visual fidelity che distanziava ancora i prodotti di quegli anni dal realismo visivo contemporaneo. Inoltre, il ricorso alle storie a tinte horror (più o meno splatter) e ad iconiche mostruosità da affrontare permetteva un ulteriore passo verso il successo e la cristallizzazione nell’immaginario collettivo dei titoli, facendone le più ampie fortune. Con il passare degli anni, la tecnologia ha permesso al genere di compiere significativi passi in avanti, non solo dal mero punto di vista tecnico, ma altresì sul versante delle soluzioni ludiche, allontanando inevitabilmente il genere della caratteristiche tecniche di partenza, “figlie” di stratagemmi nati per ovviare alle limitazioni hardware dell’epoca. Tuttavia, ancora oggi un’ampia platea di appassionati guarda con nostalgia all’era della telecamera fissa e dei fondali prerenderizzati, auspicando il ritorno ad una classica esperienza survival horror, ritenuta più pura ed autentica.

E’ proprio dalla strenua passione e dall’amore di due fratelli cileni verso i classici del genere, coadiuvati da una manciata di sviluppatori di supporto, che nasce il piccolo studio indipendente Dual Effect e la loro opera prima, Tormented Souls, pubblicato da PQube.
Le vicende iniziano con il recapito di una lettera, proveniente dal Wildberger Hospital, indirizzata a Caroline Walker: al suo interno, una foto di due piccole gemelle inizierà a tormentare la ragazza con frequenti mal di testa ed incubi ricorrenti. Decisa a far luce su questi eventi apparentemente inspiegabili, Caroline deciderà di recarsi al diroccato Wildberger Hospital per trovare risposte. Qui avrà inizio la discesa della protagonista nell’orrore dell’oscuro passato della struttura e di chi un tempo la abitava. Le vicende narrate in Tormented Souls rispecchiano pienamente il canone del survival horror degli anni ’90 a cui si ispira: un contesto narrativo intrigante arricchito da una moltitudine di documenti che sopperiscono ad una lacunosa gestione delle cutscene e della presentazione dei personaggi, a tratti protagonisti di dialoghi stralunati. Nonostante le pecche di impostazione generale, la storia narrata nella produzione Dual Effect funziona ed intrattiene anche a fronte di alcune soluzioni ludiche narrativamente poco contestualizzate.

Tormented Souls sembra, a tutti gli effetti, un survival horror uscito a poca distanza dalla trilogia originale di Resident Evil: se da un lato la tecnologia odierna permette di sostituire i fondali prerenderizzati con dettagliatissimi fondali poligonali di cui si può fregiare la produzione cilena, dall’altro lato il ricorso ad inquadrature fisse, enigmi ambientali e combattimenti rigidi catapulta il titolo nell’amarcord più religioso. Caroline si muove all’interno di ambientazioni artisticamente evocative e tecnicamente realizzate con finezza, talmente ricche di fascino e dettagli che sembrano sfuggire alla classificazione low budget della produzione grazie anche ad una implementata meccanica legata all’illuminazione: laddove le stanze ed i corridoi in cui ci muoveremo fossero troppo bui per procedere, sarà necessario l’utilizzo di un accendino. Oltre all’ottima resa dell’illuminazione ambientale, scegliere di farsi luce comporterà l’impossibilità di utilizzare contestualmente armi di qualsiasi tipo: pertanto Caroline si troverà temporaneamente indifesa dagli orrori che la attendono dietro ogni angolo, almeno fintantoché non troverà un modo per rendere costantemente luminosa la stanza. In un contesto grafico e tecnico meritevole di plauso, a stridere sono i volti dei personaggi umani, la cui resa è eccessivamente gommosa se non addirittura plastica.

Gli enigmi rappresentano un ulteriore elemento encomiabile. Lungi dal proporre problematiche banali e scontate, Tormented Souls spolvera enigmi intelligenti ed arguti pur rispettando i dettami della tradizione, sempre nel rispetto delle capacità del player e della sua capacità di osservazione. Gli enigmi stessi si mescolano soventemente a due meccaniche ludiche ben specifiche: la possibilità, concessa a Caroline in determinate occasioni, di viaggiare nel passato o di visitare una dimensione alternativa. Sebbene tali scelte aumentino il livello di varietà degli enigmi, dall’altro lato sono proprio queste le soluzioni ludiche narrativamente poco contestualizzate a cui si faceva riferimento: a ben guardare, una sorta di motivazione ci sarebbe ed è ben nascosta tra le righe dei documenti da raccogliere, ma appare eccessivamente sintetica, fumosa e ben poco soddisfacente, avvicinandosi di fatto al tipico MacGuffin cinematografico. Nulla che possa pregiudicare il godimento dell’opera, ma appare evidente la leggerezza in fase di scrittura della sceneggiatura.

I combattimenti rappresentano forse l’aspetto meno riuscito della produzione: sebbene siano funzionali e non ci siano problematiche effettive, Tormented Souls ripropone la stessa struttura vista nei classici del genere senza tuttavia fornire un adeguato feedback alle fasi di shooting. Caroline dovrà ricorrere a mezzi di fortuna per difendersi, improvvisando armi da utensili di varia natura: tuttavia sia il feedback delle armi sia la “risposta” ai colpi dei nemici appaiono poco appaganti e troppo leggeri. A ciò di aggiunge una IA dei nemici sostanzialmente piatta, soprattutto di una particolare creatura, la cui routine comportamentale è così facilmente aggirabile da renderla svuotata da ogni sua potenzialità in termini di ansia e timore. Anche qui è bene specificare che nulla di tutto ciò pregiudica il godimento del titolo, anche se una maggiore attenzione da parte del giovane team di sviluppo avrebbe potuto rendere maggiormente gradevoli le fasi d’azione.

Tormented Souls risplende anche nell’accompagnamento sonoro, con effettistiche puntuali e musiche chiaramente ispirate alla saga Capcom, ma incredibilmente funzionali, ottimamente contestualizzate ed immediatamente riconoscibili.
L’avventura di Caroline può tenere impegnato il player per una decina di ore: la rigiocabilità è incentivata dalla possibilità di pervenire a finali multipli, sebbene manchino sbloccabili quali costumi o armi che avrebbero reso ancor più godibile il ritorno tra i corridoi del tetro Wildberger Hospital.