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Annunciato durante il Nintendo Direct del 17 febbraio dell’anno corrente, Samurai Warrios 5, sviluppato da Omega Force e pubblicato da Koei Tecmo, è bene o male il classico Musou a cui siamo ormai abituati da un ventennio. Esso ripercorre la ben nota ed affascinante epoca storica del Sengoku, in Giappone. Come sarà noto ai più, essa è l’epoca “per eccellenza” del paese del Sol Levante in cui si assistono alle gesta “unificatrici” di eroi come Oda Nobunaga ed altri ben famosi samurai di quel periodo. L’ultima fatica del franchise “Warriors” è considerato però come una sorta di reboot ed effettivamente presenta alcune novità per il genere, seppure senza rivoluzionare nulla.
Il titolo, come preannunciato, ci mette nei panni del leggendario re demone Nobunaga e del suo fedele vassallo Akechi Mitsuhide e farà impersonare all’interno della modalità storia esclusivamente loro due. Questo permette al giocatore di avere una narrativa meno frammentata rispetto ai capitoli passati e dunque in questo senso si può tranquillamente affermare come sia stato fatto un passo in avanti rispetto ai precedenti.

Altra novità, in termini questa volta più tecnici e meramente ludici, si ha grazie alla cosiddetta “Ultimate Skill“, ovvero un’abilità affiancata alle già rodate Musou e Rage, che permette di attivare potenziamenti temporanei del giocatore o attivarne attacchi particolari. Questa è un aggiunta molto apprezzata, in quanto varia un minimo il combat system che per quanto frenetico rimane classico e praticamente invariato rispetto ai predecessori e non fa quindi un reale salto di qualità come invece fece la variante “zeldiana” di casa Nintendo, quell’Hyrule Warriors che è sempre opera dei ragazzi di Omega Force, proponendo il continuo button smashing sul controller senza (o quasi) pausa.
Da un punto di vista grafico ci si trova dinanzi ad un cel shading che rende il tutto troppo cartoonesco e quindi abbassa il livello di epicità di scontri. Altra nota dolente, almeno per il pubblico italiano, è l’assenza dei sottotitoli tradotti. La loro assenza, unitamente alla presenza di diversi dialoghi (voluti per dare anche più enfasi alla narrativa) durante gli scontri rendono sostanzialmente molto complicato seguire la parte narrativa presente sul campo di battaglia e fa limitare esclusivamente a prestare attenzioni ai comandi militari degli alleati.