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Correva l’anno 1999, io andavo verso gli 8 anni ed ero innamorato di Crash e di tutti i platform della prima, mitica, PlayStation. Mio zio e la fidanzata (all’epoca poco più che ventenni) amavano i survival horror. Cosa fece mio zio un pomeriggio? Mi portò Silent Hill e Resident Evil 2, visto che oramai stavo diventando un ometto ed ero attratto da videogiochi più adulti, come Tomb Raider e Tekken. Che incubo. Silent Hill non riuscii proprio a giocarlo: già l’inizio, schermo tutto buio, con quella musica, mi metteva un’ansia e un terrore senza eguali. Resident Evil 2 riuscii a giocarlo, nonostante i mille spaventi, ma non riuscii mai a finirlo. Vi state chiedendo il perché immagino. Perché era difficile? Anche, ma non solo. Principalmente, perché quelle settimane furono un incubo, scoppiavo a piangere la notte nel sonno. Vi lascio immaginare la reazione di mio padre nei confronti del fratello. Ad ogni modo, la mia avventura finì lì e ritornai a giocare a Crash, Croc, Paperino, Pac-Man e compagnia saltante.
Perché questo lungo aneddoto? Per dire che da più grandicello gli horror non mi sono mai più interessati, sia perché il mio gusto ludico si è smussato verso generi più movimentati (e i platform non mi hanno mai abbandonato per questo motivo), sia perché quell’esperienza mi ha talmente segnato che ad oggi non riesco a spaventarmi con nessun prodotto di quel filone, che sia un videogioco o un film, e per questo il genere non mi è mai interessato più di tanto, e infatti a parte qualche titolo dalle tinte più cupe, ma non horror, e Dead Space, negli ultimi anni non ho toccato nulla di simile. Fino a che non ho voluto dare una chance alla serie Resident Evil, tornata fortemente in auge negli ultimi anni con il VII e i due remake, per le sue componenti esplorative e di risoluzione di enigmi. E da quale titolo iniziare se non dal remaster del remake del capostipite?
Bene, fatta questa lunga introduzione iniziamo a parlare del gioco vero e proprio, e fatemelo dire subito: non fa paura, ma è un dannato capolavoro. Game design e level design sono allo stato dell’arte e riescono ad innalzare la produzione ad altissimi livelli, nonostante i tanti piccoli problemucci sia ludici, sia tecnici, sia narrativi, anche se alcuni di questi sono ancoraggio del passato.

Pad alla mano è un piacere dall’inizio alla fine, grazie alla varietà proposta, al ritmo di gioco e soprattutto al level design. La villa e i suoi dintorni sono i veri protagonisti del gioco e aiutano a creare un’alchimia ludico narrativa con tutto il resto oserei dire perfetta. Anche i nemici sono posizionati in modo impeccabile, e anche per questo motivo il backtracking non pesa minimamente, anzi, è addirittura stimolante. Il sistema di shooting è orribile, senza girarci intorno, ma Resident Evil non è uno shooter, è un adventure la cui progressione è scandita da enigmi. Forse l’unica cosa che avrebbero potuto studiare meglio è la gestione dell’inventario. Capisco gli slot limitati, ma fare occupare uno slot ad una chiave e uno slot al fucile lo trovo un po’ ridicolo, avrebbero potuto approfittare del remake e limare qualcosina, tipo inserire un porta-chiavi per tutte le chiavi, in modo che queste occupassero sempre solo uno slot. Non credo che l’esperienza sarebbe cambiata più di tanto, e si risparmiava qualche viaggio a vuoto ai bauli, l’unico posto in cui si possono conservare gli item che non ci servono.
Narrativamente è figlio del suo tempo. Non aspettatevi nulla di che. Le storie di Chris e Jill sono simili ma non identiche, e a seconda delle scelte che farete assisterete a diverse porzioni di storia. La cosa buffa è che il finale canonico non è ottenibile, perché è un mix di alcuni finali di Chris e di Jill. Anche la recitazione virtuale e il doppiaggio (in inglese) sono figli di un’altra epoca. Tutto ciò crea un quadro narrativo passabile, ma per nulla avvincente e accattivante.
Artisticamente è sublime. Gli scenari sono bellissimi, anche le mostruosità varie, solo il design di Chris è sottotono. Piccola nota che riguarda la remaster: la prima parte di gioco è rimasterizzata benissimo, gli scenari della seconda parte invece sono molto spesso sgranati. Musiche e effetti ambientali spettacolari, che riescono a creare una grande atmosfera.
Longevità ottima. La prima run, totalmente blind, vi può durare dalle 10 alle 15 ore, le successive la metà, o addirittura dopo la terza o quarta run potreste finire il gioco in meno di 3 ore con diversi malus. Per platinarlo ho impiegato 40 ore e la bellezza di 7 run diverse (4 con Chris e 3 con Jill).