Itagaki scatenato in un'intervista su Devil's Third e la critica videoludica

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a cura di Stefania Sperandio

Editor-in-chief

Tomonobu Itagaki è un personaggio davvero unico dell’industria dei videogiochi, sia per il piglio dei suoi giochi, sia per la sua personalità davvero riconoscibile. Intervistato dai colleghi statuntiensi di Polygon
, quindi, il celebre autore videoludico ha dato spazio ad un bel po’ di pensieri relativi sia a Devil’s Third che all’industria, passando per la critica e per il supporto che Nintendo non avrebbe pienamente fornito alla sua più recente opera. In merito alle recensioni non proprio positive avute da Devil’s Third
, Itagaki ha detto la sua in modo decisamente chiaro: “lasciatemi spiegare questa cosa in diversi punti. Primo punto, il motivo per cui le recensioni sono state così negative. Ho analizzato le motivazioni. Questo gioco era stato pensato come shooter di massa, quindi per essere divertente dovevano esserci almeno un migliaio di persone a giocarci. Ma Nintendo non preparò i match online per i recensori. Quindi, non c’era modo, per loro, di provare l’esperienza online così come era stato pensata, motivo per cui nelle recensioni si sono basati soprattutto sulla campagna. Se fosse stata Microsoft, a pubblicare il gioco, sono sicuro che avrebbero trovato 500 giocatori da mettere sotto NDA per consentire ai recensori di provare la modalità online. Ma Nintendo of America non lo ha fatto” ha spiegato Itagaki.“Quindi, non me la prendo con i recensori per aver sottostimato l’esperienza della modalità online. Non c’è valore alcuno nella recensione di qualcuno, se valuta un prodotto con i paraocchi. Ecco spiegato il 95% delle critiche avute dal gioco. Il rimanente 5% proviene da persone che volevano darsi un tono di credibilità criticando il gioco. Questa è la mia opinione, ma una persona ha scritto una recensione negativa, Nintendo of America non ha fatto niente per fermare la cosa o cambiare la recensione, quindi gli altri hanno seguito a ruota. Non credo che le recensioni siano state credibili. Anche se non le ho lette tutte, quelle che ho visto non erano oggettive, ma emotive.” Di fronte al collega di Polygon che gli ha fatto notare che “almeno qui in Occidente”, è importante per la critica videoludica mantenere la propria integrità—motivo per cui Nintendo non avrebbe potuto fare nulla per far cambiare le recensioni di Devil’s ThirdItagaki ha rincarato la dose: “è solo quello che io penso sia successo. Una volta che il gioco è arrivato, le recensioni erano pessime, ma la risposta dei fan è stata ottima, no? Io non creo giochi per i media, li creo per i fan. Le vendite non sono state grandiose, ma i fan hanno gradito il gioco ed è questo che a me interessa. Ecco perché continueremo con la versione PC. Il fatto che possiamo fare una versione PC è grazie a Nintendo, che ha fatto uscire il gioco originale. Se i recensori avessero avuto ragione, allora non saremmo mai riusciti a trovare dei publisher per l’edizione PC in Giappone, Russia, Stati Uniti, Cina, tutto il mondo. Le persone sanno che è un bel gioco. E oltretutto i fan non si fidano veramente delle recensioni, in questi tempi. Si affidano più a quelle dei giocatori come loro.”Il collega ha fatto notare che i giocatori stanno molto attenti al voto, soprattutto dei loro titoli preferiti: ha fatto l’esempio di The Last Guardian, che se ricevesse 9,5/10 sarebbe seguito da tanti “lo sapevo!” dei fan, mentre se avesse 6/10 la testata finirebbe con l’essere criticata da chi sostiene il gioco. Itagaki ha quindi approfondito ulteriormente la questione dei rapporti con la critica: “penso che tu lo sappia, ma ho probabilmente parlato con più recensori di qualsiasi altro sviluppatore dell’industria. Capisco bene i media e capisco le differenze tra i diversi Paesi. C’era il giornalista di un giornale, davvero molto appassionato, ed ho corrisposto con lunghe risposte, pensando che avrebbe scritto un sacco di belle cose. Beh, il suo articolo era lungo ‘così, giusto qualche riga. Di che Paese pensi che stia parlando? Era italiano. Nessun problema, comunque, gli voglio bene.“Comunque, potrebbe sembrare che io voglia evitare la domanda, ma non me ne frega più un bel niente delle recensioni. Sono in questo business da 25, 26 anni, ormai. Quando uscì Dead or Alive, l’industria giapponese dapprima lo chiamò “Dead or Dead”. Eppure, come sai, è diventato un successo. Il nome in codice di Ninja Gaiden durante lo sviluppo era “Kunai” (riferimento all’arma ninja, ndr), ma la critica lo soprannominò “Yarita-kunai”, che in inglese si traduce come ‘non voglio giocarci.'”. Itagaki ha anche dichiarato di non sapere se e quando ci sarà un Devil’s Third 2, ma ha voluto mandare un messaggio a Mark Zuckerberg: “se Mark Zuckerberg sta leggendo questo articolo, voglio che rimuova il limite di 5.000 amici su Facebook. Non posso più aggiungere nessuno al mio account Facebook e i miei fan sono molto infastiditi da questa cosa.”Fate riferimento al link in calce per la lunghissima intervista completa.Intanto, come vi sembrano queste dichiarazioni di Itagaki? La vostra esperienza con Devil’s Third com’è stata?