Recensione

FAR: Lone Sails, recensione di un'avventura solitaria in un mondo post-nucleare

Avatar

a cura di Domenico Musicò

Deputy Editor

Ciò che tenta di fare FAR: Lone Sails non è in fondo molto diverso da tutti i “Limbo-like” usciti nel mercato dopo la direzione indicata con decisione da Playdead. Da allora, in molti hanno tentato di seguire questa strada, con alterne fortune o introducendo degli elementi che potessero variare un po’ la formula o arricchirla. È il caso del titolo sviluppato da Okomotive, che non tradisce il genere e anzi utilizza i soliti canoni e schemi per allestire l’ossatura di gioco; riesce però a cambiare le carte in tavole grazie all’idea di farvi spostare attraverso una sorta di vascello munito di ruote, che diventerà ben presto il vostro più fido compagno di viaggio.
Il mondo di ieri
Non ci sono linee di dialogo, voci fuori campo né alcune forma di narrazione esplicita, in FAR: Lone Sails. Siete abbandonati a voi stessi, in un mondo post-apocalittico dove siete l’unica forma di vita rimasta, dove nulla più fiorisce, in una vallata di grigia di disperazione sovrastata da cieli plumbei, adornata da una natura caduca, annientata da quella che sembra il peggiore dei flagelli. 
Quando siete in procinto di partire per il vostro breve viaggio di circa tre o quattro ore, lo strano protagonista di rosso bardato si allontana da un albero alle cui radici è appoggiata una raffazzonata pietra tombale che raffigura qualcuno che non conosceremo mai ma che è appartenuto al passato di quella terra brulla. Si volta e s’incammina verso il nulla che è rimasto, deciso a prendersi cura dell’unico mezzo di trasporto che può rimetterlo sulle tracce di una civiltà decaduta. È un trabiccolo mezzo sgangherato, una fantasiosa via di mezzo tra un piccolo treno e un vascello, che incorpora in sé elementi di entrambi: delle grandi vele da spiegare e un sistema interno di macchinari utili alla locomozione. 
Attivare tutto allo stesso tempo sarebbe la condizione ideale per spostarsi a grandi velocità e arrivare lì, alla fine del mondo, dove si cela l’ultima delle verità o il luogo migliore per abbandonarsi alla pace; eppure gli ostacoli sono molti, insidiosi, talvolta apparentemente insormontabili. Non sono nemici, non sono mostri; sono vecchie strutture abbandonate, malmesse e dismesse, ecomostri che interrompono in continuazione il vostro cammino. Starà a voi scendere dal vostro vascello su ruote, trovare il modo di liberare la strada e proseguire verso una metà che rimarrà segreta fino alla fine, lasciando in sospeso il giocatore. Certo, non si può di certo dire che FAR: Lone Sails regali momenti di gioia o colpi di scena inaspettati, perché ad onor del vero, nonostante la narrazione ambientale sia sibillina e ridotta all’osso, risulta essere in fin dei conti piuttosto carente. Anche al di là delle speculazioni che ciascuno vorrà fare. Eppure il gioco cattura, rapisce e in ultima battuta riesce a titillare la curiosità degli utenti.
Orizzonti di sconforto
Considerando la grande desolazione dell’ambiente di gioco, è logico che in FAR: Lone Sails non esistano combattimenti né nulla che vada al di là del semplice camminare o saltare. Ciò non significa che nel gioco non ci sia nulla da fare o che tutto si riduca a un semplice veleggiare verso l’ignoto. Il vostro vascello, per spostarsi, ha continuamente bisogno delle vostre cure; inoltre, diversi imprevisti possono compromettere tanto l’integrità, quanto le funzionalità del veicolo. Per muovervi dovrete infatti recuperare continuamente oggetti che vengano convertiti in carburante, prestare attenzione ai sovraccarichi energetici da far sfogare attraverso sbuffi di vapore, spingere i gradi interruttori per il movimento o per issare le vele: il tutto (per lo meno nella prima fase) dovendo scendere continuamente dal vascello a ruote. 
Progredendo nell’avventura riuscirete a installare una sorta di pompa aspiratrice che fa il lavoro sporco al vostro posto, ma se il meteo dovesse fare le bizze (e le farà. Oh, se le farà!) o doveste incagliarvi da qualche parte o doveste cozzare contro qualcosa di più grande del mezzo, sarete obbligati a intervenire per un po’ di manutenzione straordinaria. All’interno del veicolo dovrete infatti spegnere dei principi d’incendio o usare un saldatore quando il sistema elettrico subisce dei danni. E spesso dovrete fare tutto in sequenza senza che il veicolo perda l’abbrivio iniziale. Spostarsi significa quindi dar vita a una sorta di mini-fasi gestionali, da alternare alla risoluzione di alcuni puzzle ambientali piuttosto intuitivi e semplici da risolvere. 
FAR: Lone Sails è davvero tutto qui, senza altri particolari pregi o difetti da riportare. Tecnicamente il titolo è modesto ma senza problemi, e d’altra parte non servivano grandi evoluzioni tecniche per gli scopi che si prefiggeva sin dall’inizio. Ottime invece le musiche, che sottolineano i momenti di maggiore enfasi con grande precisione e sensibilità.

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

Personaggi sorprendentemente realistici

Sceneggiatura diabolica

Artisticamente ispirato…

Colonna sonora di ottima qualità

Alcuni passaggi sanno di già visto

…ma tecnicamente povero

7.5

Come i due capitoli che lo hanno preceduto, Danganronpa V3 Killing Harmony ha qualcosa di magnetico, e solletica come pochissimi altri titoli la curiosità e il lato sadico che c’è in ogni videogiocatore.

Il macabro gioco messo in piedi da Monokuma e compagnia si lascia giocare anche stavolta, tra personaggi di grande spessore, dialoghi irriverenti e colpi di scena imprevedibili, grazie anche all’accresciuta varietà di minigiochi, al consueto, magnifico character design e ad una colonna sonora sempre sul pezzo.

A mancare, piuttosto, è il fattore novità, ma a risentire di questa stanchezza potrebbero essere solamente gli appassionati di vecchia data: per tutti gli altri, la visual novel di Spike Chunsoft rimane un acquisto molto più che consigliato, a patto di non aver paura di leggere tanto e di possedere una padronanza almeno buona della lingua inglese.

Voto Recensione di FAR: Lone Sails, recensione di un'avventura solitaria in un mondo post-nucleare - Recensione


7.5