Assassin’s Creed, cappucci bianchi nella storia #4 | L'era moderna

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a cura di Adriano Di Medio

Redattore

Bentornati a Cappucci Bianchi nella storia, la retrospettiva “atipica” su Assassin’s Creed. È stato un lungo viaggio, dagli esordi in Terrasanta passando per il Rinascimento, arrivando infine alla trilogia nell’America coloniale che ha concluso la settima generazione di console. Con Assassin’s Creed Odyssey ormai sul mercato e anche recensito, in quest’ultima parte ripercorriamo il periodo contemporaneo della saga. Una storia fatta di nuove ambizioni tecnologiche, epoche a noi vicine e, ancora una volta, l’inseguimento di un cambiamento mai del tutto attuato.

Mon chéres Assassins, où est nôtre jour de glorie?

Nonostante le controversie Ubisoft aveva ben compreso che Assassin’s Creed era diventato una delle potenze economiche del mondo videoludico, e in quanto tale non sarebbe potuto cadere nel nulla. Dopo un primo esperimento a fine 2013 con il porting di Black Flag su PS4 e One bisognava ancora una volta ripartire da zero, con un nuovo motore grafico che ricreasse le città non più in scala 1:4 o 1:3 come in precedenza, ma che si avvicinasse il più possibile all’1:1. Di nuovo reso pubblico pochi mesi dopo il predecessore e nuovamente destinato alla pubblicazione nell’arco di un anno, Assassin’s Creed Unity arrivò nei negozi nell’autunno 2014 con il suo carico di tentata innovazione. L’ambientazione stavolta era la Parigi in piena Rivoluzione Francese, dall’assemblea degli Stati Generali del 1789 alla morte di Robespierre del 1794. In questo contesto si sarebbe mosso l’Assassino Arno Dorian, alla ricerca di vendetta e all’inseguimento della Templare Élise, suo amore perduto. Una trama se vogliamo coraggiosa, in quanto portava avanti il concetto del “grigio” già iniziato con Rogue e tentava di impostare un punto di incontro tra due nemici atavici come Templari e Assassini. Il tutto in una Parigi ricreata in una maniera veramente magistrale, piena di folle urlanti e con una ricostruzione dei monumenti così precisa e vera da poter essere direttamente confrontabile con la realtà. Ma malgrado tutti gli sforzi e l’indicibile quantità di lavoro fattavi sopra, Assassin’s Creed Unity si rivela essere un videogioco tanto, troppo grezzo. Una sceneggiatura poco comprensibile, un presente velleitario e il fatto che Élise sia scritta molto meglio del povero Arno sono il minimo in confronto ai grandi problemi tecnici di cui Unity ha costantemente sofferto. Il mondo di gioco era infatti troppo grande e vittima di una quantità infinita di bug, glitch e confusione, tanto da essere rimasta proverbiale negli ultimi anni. Tutto ciò obbligò a continue patch correttive a volte veramente notevoli, culminate col fatto che Ubisoft decise di rendere gratuito il DLC Dead Kings, ambientato qualche tempo dopo il triste epilogo della vicenda principale.
Ma a parte le beghe tecniche, forse il maggior difetto di Unity stava nel suo cercare di accontentare troppe richieste tutte insieme. Ricreazione della città, missioni secondarie, maggior attenzione all’Ordine, nuove meccaniche per combattimento e furtività, modalità cooperativa, folle urlanti erano tutte presenti ma finivano per ostacolarsi a vicenda. Ubisoft inevitabilmente accusò il colpo, e nonostante il gioco (appaiato con Rogue) arrivò comunque alle dieci milioni di copie, il brand doveva prepararsi a una doccia fredda.

I fratelli “sindacalisti” londinesi

Con Unity Ubisoft perse moltissima credibilità, tanto da portare a scuse pubbliche e a un notevole perdita sui mercati finanziari. Per quanto l’azienda avesse già capito che il suo pubblico non avrebbe dimenticato facilmente la debacle di Unity, un altro capitolo di Assassin’s Creed era già in lavorazione ed era ormai troppo tardi per fermarsi. Ancora una volta venne rivelato tramite una fuga di notizie il nome di Assassin’s Creed Victory, cambiato dopo pochi mesi in Assassin’s Creed Syndacate; ancora una volta sarebbe arrivato l’anno successivo, il 2015. Abbandonato definitivamente il multigiocatore, il contesto è quello della Londra vittoriana del 1868 e la storia è quella dei fratelli Jacob ed Evie Frye. I due decideranno di partire per la capitale inglese in piena depressione industriale per cercare i Frutti dell’Eden, imbattendosi in un grande complotto che coinvolgerà un numero notevole di personalità storiche e non. Missione collaterale sarà quella di liberare Londra dal giogo templare, con Jacob che si improvviserà capo della banda di strada Rooks. Differenziato per i due personaggi complementari (lei furtiva, lui più “picchiatore”) Syndacate dava un senso alla tecnologia sfuggita di mano l’anno precedente, impostando una Londra meno affollata e più organica. Per la prima volta la ricostruzione filologica utilizzò anche fotografie, cosa permessa dal fatto che si tratta dell’Assassin’s Creed più vicino all’età contemporanea mai fatto. Questo genera anche uno strano paradosso: molte personalità storiche che vi compaiono (Dickens, Darwin, Arthur Conan Doyle, Karl Marx, Alexander Graham Bell e altri) hanno un ruolo molto più defilato rispetto al passato. Ciò è dovuto al fatto che, essendo il gioco ambientato a meno di due secoli da oggi, molti discendenti di queste personalità sono ancora rintracciabili e Ubisoft temeva controversie da parte loro qualora avessero ricoperto ruoli negativi.
Ancora una volta, il destino opera in maniera cinica e il gioco riceve un trattamento praticamente opposto a quello del predecessore. La critica è più entusiasta, evidenziando come Syndacate sia un videogioco oggettivamente migliore di Unity, più stabile e assennato, ma presso il pubblico Jacob ed Evie non sfondano. I fan hanno ancora aperta la ferita subita nel 2014 e si dice non sia arrivato neanche al milione di copie. Di nuovo gioca a suo sfavore anche la situazione storica, in quanto nello stesso anno escono anche Bloodborne e The Order 1886, a loro volta ambientati in contesti vittoriani (o pseudo tali).

Fassbender che parla con Colombo

Preso lo tsunami di Syndacate, Ubisoft si trova costretta a furor di popolo a fare qualcosa pur di evitare che il suo brand di punta affoghi del tutto. Così nel 2016 accadono due cose: viene annunciato che non verrà pubblicato un nuovo videogioco della serie e viene finalmente rivelata l’intenzione del brand di tentare concretamente la via del cinema. L’idea di un film era già venuta fuori dopo il successo di Altaïr, ma il progetto era poi stato vittima a partire dal 2011 di una lunga navette tra Ubisoft e la sua ricerca di appoggi nei grandi gruppi cinematografici (tra cui c’è da riportare un accordo mancato addirittura con la Sony). Scelto Justin Kurzel alla regia e Michael Fassbender come protagonista (entrambi avevano già lavorato insieme nel teatrale MacBeth del 2015), il film arriva nelle sale nell’autunno 2016. Vede la storia ambientarsi nella Spagna sia moderna che tardo-quattrocentesca, con Fassbender che interpreta il carcerato Callum Lynch costretto a sua volta a esplorare i ricordi del suo antenato Aguilar. Vengono recuperati dai videogiochi personaggi ai tempi comparsi di rado come Alan Rikkin (amministratore delegato dell’Abstergo), ma il film è abbastanza difficile da collocare nella cronologia ufficiale della saga in quanto il suo far comparire Cristoforo Colombo parrebbe andare un po’ in contraddizione con Assassin’s Creed Discovery, il gioco con protagonista Ezio pubblicato nel 2009 su Nintendo DS.
A livello finanziario il film incassa due volte il budget, ma i giudizi da parte della critica sono abbastanza freddi. A parte le già citate ambiguità sull’inserimento nel canone della saga, il film di Assassin’s Creed forse compie quello che è uno degli errori più comuni nella cinematografia tratta da videogiochi: intestardirsi a condensare (e reinventare) dieci anni di universo narrativo in due ore di pellicola. Ancora adesso le informazioni riguardo un sequel sono scarse, limitate al fatto che potrebbe trattarsi comunque di una trilogia.

Le Origini e la scuola del Lupo Bianco

Arriviamo quindi al 2017: i due anni di pausa da Syndacate sono serviti, almeno sulla carta, a cercare di riavviare il marchio, rimettendo in discussione le basi stesse del sistema di gioco. Ancora una volta il riserbo di Ubisoft fa acqua, e l’ambientazione di quello che oggi conosciamo come Assassin’s Creed Origins viene fuori un bel po’ di mesi prima dell’annuncio ufficiale: l’Antico Egitto. Di nuovo venne deciso l’autunno come finestra del lancio: Assassin’s Creed Origins è storia più che recente. Cercando di ascoltare il più possibile l’utenza e prendendo spunto da molti altri action-open world pubblicati negli anni (Horizon e The Witcher, ma non solo loro) Ubiosft ha praticamente riscritto da zero il brand, a partire proprio dall’iconico sistema di controllo. Svaniti alto e basso profilo, il brand ha optato per movimenti più “naturali” con l’ausilio della sola levetta, che richiede la pressione del grilletto solo durante le arrampicate. Allo stesso modo è stata rivista anche la struttura generale, con la mappa dell’Egitto rifatta per assomigliare a un mondo aperto con equipaggiamenti, livelli e crescita del personaggio che ormai inseguono il gioco di ruolo. Allo stesso modo si respira un’aria stranamente didattica, con l’introduzione del Discovery Tour dove esplorare liberamente le ambientazioni con l’ausilio di una voce guida che ne illustra il carattere storico e culturale. Anche a livello di marketing il gioco è particolare: in una maniera non dissimile ad Altaïr, il gioco viene pubblicizzato come ambientato nell’Antico Egitto ma in realtà la sua epoca storica è quella tardo-ellenistica, ai tempi del tormentato triangolo politico-amoroso tra Cesare, Cleopatra e Marco Antonio.
I cambiamenti rispetto alla tradizione del brand sono quindi sensibili, e la recensione su queste pagine lo testimonia. Rimane il fatto che, nonostante l’evidente innalzamento dei giudizi e del successo, c’è ancora il timore che i fan storici della saga potrebbero non aver apprezzato un simile cambio di rotta, anche in funzione del fatto che Ubisoft stessa voglia insistere su questa strada con Assassin’s Creed Odyssey, che invece sarà ambientato nella Guerra del Peloponneso. Fin dall’ultimo E3 Ubisoft aveva annunciato che il gioco da la possibilità di scegliere un personaggio da interpretare tra due (Alexios e Kassandra, di cui solo però quest’ultima sarà canonica) e di aver introdotto dialoghi a scelta multipla e un maggiore peso a livello di trama delle scelte del giocatore. Già dai quei mesi era palese come l’ispirazione provenisse dal recente “gigante” The Witcher 3. Ma se il giudizio su questo nuovo corso è già qui, non possiamo che renderci conto che il brand alla fine ha dato un colpo di reni e ha afferrato il cambiamento di cui andava a caccia fin da Unity. Forse non sapendolo raggiungere ha deciso semplicemente di agguantarlo, correndo il rischio che non tutti potranno appoggiarlo.

Siamo arrivati alla fine di questa retrospettiva su Assassin’s Creed. Un brand partito con una sceneggiatura potente e ambizioni brucianti, che nonostante le rigidezze si è scavato un posto nella mente di ogni videogiocatore, divenendo una potenza morale ancor prima che economica. Nessun videogioco prima di lui era stato in grado di rievocare e insegnare la storia in una maniera così accessibile e popolare, incrociandola con una componente fantastica e fantascientifica che ne ha coperto ben oltre il lecito i difetti. Ma mentre la serie inventava un personaggio memorabile solo per poi tristemente inseguirne l’ombra per tanto, troppo tempo, si è anche trovata a lottare contro un’innovazione e un reinventarsi mai completamente riusciti. Perché forse, alla fine di tutto, la lezione che possiamo ricavare da questa storia ancora in corso è che la vera sfida potrebbe non essere quella di raccontare tutto a tutti i costi, ma semplicemente capire quando è il momento di fermarsi.