Aspettando Shadow of the Tomb Raider - Seconda Parte

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a cura di Marcello Paolillo

Senior Staff Writer

Vi abbiamo da poco raccontato l’evoluzione di Lara Croft nei primi due capitoli di Tomb Raider, in vista dell’uscita del prossimo e atteso Shadow of the Tomb Raider. Un’evoluzione forte, costante, che ha portato la giovane archeologa ad avvicinarsi alla sua forma finale, che con molta probabilità vedremo nella sua interezza non appena il cerchio si sarà chiuso del tutto, con l’epilogo del terzo capitolo. In attesa che ciò diventi realtà, abbiamo deciso di ripercorrere anche la curva evolutiva prettamente ludica della nuova serie di Tomb Raider (ovvero il reboot del 2013 e relativo sequel, apparso nel 2015), intesa proprio come meccaniche di gioco legate alla sopravvivenza e a tutto ciò che ne consegue. Poiché se Lara si avvicina giorno dopo giorno a diventare una leggenda, è proprio grazie alla nostra dimestichezza con il pad. La strada per la sopravvivenza è in ogni caso piuttosto lunga e impervia.

Sin dal capitolo datato 2013, ovvero l’avventura che ha ridefinito la serie di Tomb Raider attraverso le peripezie di Lara sull’isola di Yamatai, il gioco ha seriamente preso le distanze dalla saga madre nata sul finire degli anni ’90. Niente più leve da tirare o casse da spostare: la nostra giovane Croft è ora un’eroina al passo coi tempi, non più invulnerabile e armata fino ai denti, bensì un essere umano fragile e inesperto, cosa questa che si ripercuoteva necessariamente sul gameplay del gioco targato Crystal Dynamics. L’avventura comincia con una Lara comprensibilmente sprovvista di armi e viveri, visto che sarà compito del giocatore riuscire a sopravvivere in quel luogo ostile, trovando elementi in grado di creare oggetti di primo soccorso o cacciando animali a cui attingere cibo e risorse (nonché cercando riparo per la notte, visto che la giungla è un luogo decisamente inospitale). Dimenticate pure la celebre doppia coppia di pistole: questa volta era il turno di arco e frecce, un fucile a pompa, una pistola e un fucile da caccia. Oltre alla piccozza, si intende. Ogni arma poteva essere potenziata nei limiti del consentito (vedi frecce infuocate, utili a fare esplodere i barili di carburante nei pressi del nemico), sebbene la cronica mancanza di munizioni da recuperare sul campo e la scarsa attitudine di Lara ad usare armi da fuoco, erano il chiaro segno che il reboot di Tomb Raider era tutto fuorché un titolo d’azione alla vecchia maniera, nonostante abbracciasse la tipica inquadratura da dietro le spalle della protagonista, facendolo rassomigliare a un qualsiasi capitolo della saga di Uncharted.
E se la questione da titolo survival era sotto gli occhi di tutti, anche gli enigmi (da sempre croce e delizia della serie classica) erano presenti piuttosto differente rispetto al passato. Usare l’istinto di sopravvivenza, ovvero un “potere” dato in dotazione a Lara che aiutava il giocatore a identificare elementi interattivi dello scenario, era ciò che serviva a tutti coloro che non amavano particolarmente perdere ore e ore all’interno di una catacomba. Oltre al fatto che nessun enigma richiedeva una particolare abilità acrobatica, visto e considerato che i rompicapo presenti erano quasi tutti incentrati sull’interazione ambientale e la fisica degli oggetti presenti a schermo.
Due anni dopo, con Rise of the Tomb Raider, gli sviluppatori di Crystal Dynamics decisero di non cambiare troppo le carte in tavola, bensì di espandere quanto fatto in precedenza. Ciò che ci trovammo tra le mani fu un’avventura maggiormente vasta, grazie a un concetto free roaming che ben si sposava con le mire esplorative messe in piedi dal team californiano. Le meccaniche di gioco di Rise sono sostanzialmente simili a quelle del predecessore, soprattutto per quanto concerne la struttura di base. Troveremo ancora una volta Lara inquadrata in terza persona, dove fasi esplorative, stealth e sparacchine si alternavano a intervalli regolari. Innanzitutto, la mappa superava considerevolmente le dimensioni di quella vista nel primo episodio, smorzando così una linearità che nel primo capitolo si faceva fin troppo marcata. Affrontare le varie battute di caccia per raccogliere cibo e risorse, oppure semplicemente mettersi alla ricerca di collezionabili, aveva ora un gusto decisamente più corposo e deciso. Così come le meccaniche survival, incentrate nuovamente nella costruzione di attrezzatura utile al nostro peregrinare, andava di pari passo con la raccolta di materiali presi dallo scenario. In Rise trovavamo nuovamente anche gli accampamenti di fortuna e i falò, grazie ai quali potevamo potenziare le varie caratteristiche della nostra Lara, dall’abilità con le armi da fuoco passando per la nostra resistenza al dolore.
La componente esplorativa si confermava ancora una volta uno dei punti di forza dell’intero pacchetto, con un maggior numero di puzzle ambientali più o meno complessi, non relegati questa volta solo alle tombe opzionali come nell’episodio del 2013 bensì una presenza costante e anche piuttosto frequente all’interno dell’avventura principale. Insomma, lo spirito del Tomb Raider originale era stato amplificato e rafforzato, non solo nell’estetica ma anche e soprattutto nell’ossatura ludica. Con il prossimo Shadow of the Tomb Raider, il team Eidos Montréal avrà un duplice compito: restare fedele alla tradizione inaugurata ormai ben cinque anni fa, ampliandone le prospettive ed evitando così un pericoloso effetto déjà vu. Solo a settembre, più in particolare il 14 del mese, sapremo se la trilogia di Lara Croft giungerà alla migliore conclusione possibile.

Sin dal primo Tomb Raider, Crystal Dynamics ha preso la filosofia dietro la saga storica nata alla fine degli anni novanta, contestualizzandola all’ottica fresca e moderna degli action adventure del nuovo millennio. Il risultato sono due titoli assolutamente fuori scala, che ben sposano esplorazione, enigmistica e azione nell’ottica di un perfetto bilanciamento. Cosa che, si spera, verrà confermata anche nel terzo e conclusivo capitolo della saga, ossia l’atteso Shadow of the Tomb Raider in uscita a settembre e che vedrà Lara diventare la leggenda che tutti conosciamo.