Recensione

Xblaze: Code Embryo

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a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

Nel tentativo di percorrere strade diverse da quelle solite, infarcite di picchiaduro di ottima qualità, Arc System Works, complice la passione dei giapponesi per le visual novel, porta su Playstation 3 e PSVita Xblaze Code Embryo, prequel agli eventi che hanno luogo durante la serie di BlazBlue, una delle più amate dai fan della software house nipponica.Oltre a creare sistemi di combattimento sopraffini, questo talentuoso team di sviluppo sarà stato in grado di scrivere una storia avvincente?Scopriamolo insieme.

Dura la vita dello studenteImmaginate di essere uno studente modello, nella vostra uniforme scolastica pulita e rammendata, che si dirige a scuola per un giorno di lezioni e vita sociale come tutti gli altri, e di udire, all’improvviso, uno scampanellio sospetto: molti di noi lascerebbero correre, ma Touya Kagari, il protagonista di Xblaze Code Embryo, cede alla curiosità, solo per imbattersi in uno sconosciuto dalla pessima cera, che, dopo avergli intimato di andarsene, lo attacca senza pensarci due volte, peraltro con poteri sovrannaturali.Quando il destino del nostro sembra segnato, un’avvenente combattente spunta fuori dal nulla, tramortisce l’ignoto attaccante e trae d’impaccio il nostro: Es, questo il suo nome, non è umana, ma, come avremo modo di scoprire nel corso delle sette – otto ore necessarie a giungere ad uno degli epiloghi, si rivela il personaggio più credibile e meglio caratterizzato dell’intera produzione.E qui cominciano (già) i problemi legati al comparto narrativo dell’ultima fatica Arc System Works: in una visual novel, dove l’interazione è limitata al minimo sindacale (siamo perfino sotto agli standard fissati da TellTale con le sue ultime produzioni), l’intreccio e i personaggi assumono il ruolo di protagonisti assoluti, diversamente da quanto accade in un qualsiasi picchiaduro.Gli sceneggiatori del team nipponico, che avevano meritato le lodi per le modalità Storia dei beat’em’up pubblicati nel corso degli anni, non sembrano a loro agio nel tratteggiare una storia organica, e il risultato è che, oltre che confusionaria e con evidenti buchi di trama, la vicenda narrata in Xblaze Code Embryo fatica a tenere alto l’interesse del giocatore fino ai titoli di coda.Questo accade perché, con un paio di eccezioni (tra cui Es, l’androide già citata), i personaggi risultano bidimensionali, troppo vicini agli stereotipi classici di questo tipo di produzioni per destare curiosità ed empatia nel giocatore, e, in questo senso, poco possono anche i finali multipli, visto che questi spaziano dal deludente al colpo di scena telefonato.Ci sono battute riuscite, botta e risposta assai buffi, un paio di scene tutte dedicate al pubblico maschile e al suo testosterone, ma manca la coesione, e, considerando l’importanza della narrazione in un prodotto simile, questa è una pecca non da poco.

Giocattoli rottiQuel poco di gameplay che è nascosto tra le pieghe di Xblaze Code Embryo è affidato al ToI system (dove ToI sta per Technology of Interest), ovvero un aggregatore di articoli interessanti che, sulla falsariga dei social network attuali, seleziona e propone al giocatore dei pezzi da leggere: scegliendo su quali soffermarsi e quali invece ignorare, si attivano o meno determinate ramificazioni narrative, influenzando la visualizzazioni di intere scene, dialoghi aggiuntivi e perfino di un finale invece che di un altro.Se, sulla carta, la cosa potrebbe anche funzionare, nei fatti, complici un tutorial inefficace e una reale mancanza di chiarezza riguardo agli effetti che le nostre azioni potrebbero avere, si finisce con l’affidare al caso la scelta dinanzi ad un bivio narrativo, tanto che il finale visualizzato risulterà più figlio del fato che non delle reali scelte dell’utente.Tralasciare un articolo sull’apertura di un nuovo negozio nella città futuristica dove sono ambientate le vicende, ad esempio, potrebbe bloccare un intero ramo narrativo secondario, così come leggere indiscriminatamente tutto ciò che ci viene sottoposto equivale, di fatto a non scegliere, lasciando che sia il corso delle vicende a guidarci verso il sospirato “The End”.Se l’intenzione a monte appare chiara, ovvero quella di stimolare la rigiocabilità e di spingere il giocatore ad andare a cercarsi tutti i contenuti di cui il gioco si fa latore, dall’altro appare davvero strano che una software house tanto esperta (sebbene non nel campo delle visual novel) abbia affidato la chiave di volta del proprio prodotto ad un sistema tanto inefficiente.Certo, se amate la serie madre e non vi secca ricominciare daccapo e provare ad ignorare gli articoli precedentemente letti, i soldi investiti in quest’ultima fatica di Arc System Works rappresenteranno un investimento più fruttuoso, ma è innegabile che vi siano congeneri di gran lunga superiori in quanto a trama, sviluppo dei personaggi e libertà di scelta.

Anime e regiaCome speravo dopo aver apprezzato il character design di quasi tutti i prodotti a firma Arc System Works, il lavoro svolto, sebbene troppo fedele ad una serie di topoi abusati, si distingue per pulizia del tratto e vivacità della palette di colori, e, grazie anche ad una regia dinamica, che alterna campi e controcampi e prova ad evadere dalla solita bidimensionalità che caratterizza gli scambi di battute nelle visual novel, soddisfa a pieno, quantomeno su PS3, dov’è avvenuta la mia prova.A proposito di versione provata, spiace constatare come, ancora una volta, molti prodotti provenienti dal Sol Levante (esclusi quelli first party) siano sprovvisti dell’opzione cross buy, che costringe ad acquistare separatamente la versione da salotto e quella portatile: soprattutto considerando il pensionamento di Playstation 3 e le condizioni in cui versa Vita, mi sembra una scelta davvero insensata.Chiosa finale per il doppiaggio e la colonna sonora: se il primo, in giapponese con sottotitoli in inglese, riflette un lavoro professionale, che aggiunge spessore e drammaticità a determinate scene, la seconda, pur senza infamia, non riesce a distinguersi, accontentandosi di accompagnare quanto visto a schermo senza mai davvero solleticare le orecchie del giocatore.

– Bene dal punto di vista artistico e tecnico

– Stuzzicherà il palato dei fan di BlazBlue…

– Storia e personaggi rivedibili

– …ma probabilmente solo il loro

– ToI system dannoso nell’economia di gioco

– Dov’é il cross buy?

5.0

Verrebbe da dire “provaci ancora, Arc System Works”, perché, a dispetto del pedigree della software house nipponica e di una realizzazione tecnico/artistica convincente, Xblaze Code Embryo si rivela una visual novel debole, con un cast di personaggi a cui si fa fatica ad affezionarsi, troppa carne gettata al fuoco senza un’adeguata preparazione e un sistema di scelte quantomeno questionabile.

La mancanza dell’opzione cross buy e il fatto che il titolo non sia disponibile per PS4, console ormai principe per i mercato europeo, sono solo due ulteriori chiodi sulla bara di un prodotto consigliabile, in extrema ratio, ai soli fan più accaniti di BlazBlue.

Voto Recensione di Xblaze: Code Embryo - Recensione


5