Recensione

Worlds of Magic

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a cura di Mascalzone

I più ricordano la saga di Master of Orion, ma nel 1994 Simtex diede alla luce anche Master of Magic, titolo che riscosse minore successo di pubblico del suo cugino fantascientifico, tanto da non vantarne i sequel, ma ebbe il merito di introdurre per primo negli strategici a turni molte delle feature che poi sarebbero andate per la maggiore.
Successore spirituale
La prima di queste fu l’implementazione di eroi iconici con abilità e armi uniche, nonché tratti personalizzabili: figure in grado di caratterizzare notevolmente le partite, tanto che vi è stata basata un’intera saga oggi di grande successo quale indubbiamente è Heroes of Might & Magic. La seconda fu poi senz’altro la presenza di due mondi arcani tra loro collegati attraverso portali, feature anch’essa ripresa in Heroes e altri, come Age of Wonders: da un lato il mondo di Arcanus, del tutto simile al nostro pianeta sia dal punto di vista climatico che da quello morfologico con fiumi, foreste e praterie, dall’altro quello di Myrror molto più fortemente influenzato dalle arti magiche, non solo nella flora ma anche nella fauna. In sostanza un gameplay del tutto peculiare, finalizzato a conferire al gioco una profondità duplice inedita sino a quel momento. Ce n’era insomma sicuramente abbastanza per sperare in un sequel che potesse sfruttare appieno l’evoluzione videoludica occorsa in questi vent’anni e al solito, dove non sono arrivati i publisher tradizionali, sono arrivati indie e crowdfunding. La campagna Kickstarter di Worlds of Magic lanciata due anni fa è stata infatti un successo, con i donatori che, per di più, hanno potuto attivamente contribuire allo sviluppo aperto, portato avanti in contemporanea da Wasteland Interactive e Lucid Dreams durante l’alpha e la beta, per esempio potendo scegliere direttamente le otto razze implementate. In sintesi un vero e proprio successore dell’originale, che ne riprende i concetti di base cercando di evolverli e introducendone di del tutto nuovi, rinnovando peraltro il comparto tecnico e portandolo ai giorni nostri grazie al passaggio dalla grafica d’annata in due dimensioni a un moderno e dettagliato 2,5D.
Un piano per ghermirli e nel buio incatenarli
Come in ogni strategico che si rispetti il gioco inizia con le impostazioni che vanno a caratterizzare la partita. La prima scelta che siamo chiamati a fare è quella relativa al mondo: le caratteristiche della mappa sono infatti pesantemente influenzate dai piani che la contraddistinguono. Se il Prime Material Plane è quello più vario e comprende molte delle caratteristiche degli altri, le scelte alternative sono invece più peculiari: scegliendo per esempio il Plane of Air abbiamo un mondo costituito da isole fluttuanti che richiede l’intenso sviluppo di unità volanti, mentre il Plane of Water fa lo stesso con quelle adite alla navigazione. Non mancano anche scelte diametralmente opposte come il Paradise Plane e lo Shadow Plane: il primo è un specie di valle dell’Eden, ideale per essere colonizzata, mentre il secondo presenta tutti i malus possibili per una facile crescita dell’impero. In totale le scelte disponibili sono sette, pensate per offrire ambientazioni molto diverse e quindi una longevità quanto più estesa possibile. Detto che non mancano diverse scelte di carattere secondario, come il numero di continenti e la densità di risorse, la cosa più interessante riguarda il fatto che questi piani si potranno combinare a piacimento su di un’unica mappa, scegliendone solo due o anche tutti e sette e stabilendo quanta parte del mondo copriranno. Questo è un chiaro esempio di quanto dicevo prima parlando dell’evoluzione dei concetti di base del gioco originale. Scelta altrettanto fondamentale è poi quella della razza che andremo a guidare: queste come già detto sono otto e comprendono tutte le principali icone del fantasy: umani, nani, orchi, nonmorti, elfi grigi e della notte, e pure scelte più particolari come i draconiani e gli insettoidi Myrodant. Ognuna naturalmente è contraddistinta da diversi punti di forza e di debolezza: i Myrodant appena citati si riproducono molto più velocemente, ma sono più lenti nella costruzione di edifici, mentre i nonmorti dispongono delle unità più forti del gioco ma devono anche saperle utilizzare, dato che saranno perennemente in guerra con tutti gli altri popoli senza possibilità di tregua alcuna. Terza e non meno importante scelta è quella relativa al Sorcerer Lord. L’eroe, il leader, che siamo chiamati a impersonare. Sono 13 quelli predefiniti, ognuno con specializzazioni più affini all’una o all’altra razza a seconda del loro grado di conoscenza delle 10 scuole di magia disponibili, ma è anche possibile realizzare il proprio personalizzandolo a piacere. Dalle specializzazioni derivano infine gli incantesimi che si avranno a disposizione all’inizio, divisi secondo tre tier di potenza, che vanno da skill specifiche per le unità a perenni bonus per la civiltà intera.
Non è tutto oro quel che luccica
Quest’abbondanza di scelte iniziali fa sì che Worlds of Magic riesce sì a variare l’esperienza di gioco, ma questa in ogni caso resta decisamente in linea con i canoni del genere: il fulcro della progressione è infatti l’espansione attraverso le città, con le quali è possibile sfruttare le risorse a disposizione per costruire edifici che garantiscono importanti bonus oppure reclutare nuove unità. Riguardo alle costruzioni come al solito si dovrà procedere per stadi, realizzando prima gli edifici basilari e poi quelli maggiormente specializzati, mentre in termini di truppe il gioco offre una notevole varietà, sia in termini di statistiche e abilità sia di differenziazione, con per esempio gli elfi che faranno affidamento su arcieri e druidi mentre i nani potranno contare su alabardieri e persino Golem. Ognuna naturalmente sarà efficace o inoffensiva a seconda del tipo di unità nemiche, seguendo l’usuale bilanciamento affine alla morra cinese che porta a dovere accuratamente muovere le nostre pedine sulla scacchiera che costituisce il campo di battaglia. Contando il fatto che si possono sovrapporre sino a 16 unità su di un’unica casella della mappa spesso gli scontri richiederanno ben più di cinque minuti per concludersi, anche se è presente l’opzione autoresolve per farla spiccia nelle situazioni più ovvie. 
Le fondamenta del gioco sono perciò oltremodo tradizionali: ci si espande e si costruiscono quante più città possibile bilanciando la loro crescita con la realizzazione di un potente esercito. Non mancano però alcuni spunti originali. Tutta la forza del proprio impero si basa infatti sull’accurata gestione dei quattro elementi fondamentali in cui si divide il proprio ammontare di potere: oro, mana, spellcrafting e ricerca. Per il primo non occorrono particolari spiegazioni: è generato dalle città e viene speso per il mantenimento dell’esercito; il secondo invece serve per castare incantesimi, utilizzare incantamenti e forgiare speciali armi per l’eroe il cui ammontare è determinato dal terzo. Il quarto altro non è che il quantitativo di punti spesi per ricercare nuovi incantesimi nel vasto spellbook a disposizione di ogni Sorcerer Lord. Ed è appunto il loro sfruttamento ciò che fa realmente la differenza nel gioco, risultando decisivo non solo nell’esito delle battaglie ma nell’insieme: gli eroi dispongono di abilità molteplici, in altri titoli spesso rappresentati da diversi tipi di unità potendo causare piaghe, distruggere importanti edifici o semplicemente scagliare devastanti palle di fuoco in grado di incenerire all’istante interi plotoni. Purtroppo è proprio nelle battaglie che il gioco mostra i suoi maggiori difetti: il terreno di scontro è riprodotto in maniera molto povera, senza dislivelli e con giusto qualche ostacolo generato casualmente, con animazioni delle unità molto approssimate, mancanza di concatenamenti tattici tra gli incantesimi e un’interfaccia che ne rende poco intuitivo l’utilizzo. Contando che lo scontro tra maghi dovrebbe essere proprio la feature distintiva di WoM si fa insomma parecchia fatica a capire perché non sia stato fatto praticamente nulla per rendere le cose più avvincenti. C’è poi da ammettere che un po’ dappertutto si nota una certa approssimazione, a livello grafico con texture decisamente poco curate e a livello di programmazione con fastidiosi bug e sbilanciamenti. Seppur le patch correttive non stiano mancando queste altro non stanno riuscendo a sistemare del tutto un prodotto dunque afflitto da difetti piuttosto macroscopici che, oltre a pervaderne l’impianto estetico in definitiva influiscono anche su quello ludico.

HARDWARE

HardwareRequisiti minimi/consigliati:OS: Windows 7 64 bitProcessore: Intel o AMD dual core/Intel o AMD quad coreRAM: 4 GB/8 GBScheda grafica: Intel HD 4000/Nvidia GeForce 460 o AMD Radeon HD 6850Spazio su HD: 4 GB

MULTIPLAYER

Presente

– Mondo di gioco vario e personalizzabile

– Tutto l’universo fantasy in otto razze

– Dieci differenti scuole di magia

– Tante variabili, ma l’essenza non colpisce

– Caratterizzazione delle battaglie insufficiente

– Bug, glitch e sbilanciamenti ancora da sistemare

6.0

Worlds of Magic è senz’altro uno strategico a turni al passo coi tempi, con un fascino discreto più che un discreto fascino. Voglio dire che ha un gameplay che riesce a renderlo appetibile più a uno stuolo di fervidi fan dell’originale piuttosto che all’intera massa di appassionati di strategici a turni. La cosa più grave è che in ciò che più dovrebbe caratterizzare il prodotto, ovvero le epiche battaglie tra potenti arcimaghi di diverse scuole contestualizzate in un ricco 4X, non è stata posta l’attenzione che sarebbe stato lecito attendersi. L’impressione è che gli sviluppatori, nel voler offrire un prodotto completo e vario, abbiano totalmente mancato di focalizzarsi su quello che davvero poteva elevare questo titolo.

Voto Recensione di Worlds of Magic - Recensione


6