WoT: intervista a Mohammed Fadl

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a cura di Doctor.Oz

Il concetto che sta alla base di esports è molto semplice quanto rivoluzionario: abbattere qualunque barriera e sorpassare le antiche concezioni di discriminazione basate sul sesso, l’età o il colore della pelle”. E’ così, in due frasi, che Mohammed Fadl ha spiegato il proprio concetto di esports, lo sport del futuro. Tutto ciò in barba a chi pensava che i videogiochi fossero solo un passatempo per bambini, un ultimo rifugio per disadattati e asociali, troppo timidi o troppo “diversi” per poter socializzare con persone della propria età. Lo schermo del PC non è più uno strumento di isolamento in sé stesso, anzi, in questo caso ne assume la connotazione opposta. E’ il mezzo che permette a tutti di interfacciarsi verso chiunque, soprassedendo a tutto ciò che concerne l’etnia, la razza o la religione. Il futuro videoludico è tinto dei colori degli esports, tanti quanti sono i generi messi a disposizioni dei videogiocatori. Una disciplina che fino a qualche anno fa non era neanche lontanamente concepibile ed ora è qui, pronta a fare il proprio debutto sulle televisioni dell’intero pianeta. E’ l’evento delle finali di World of Tanks di Varsavia ne è stata la prova per tutti.
Carri armati, carri armati dappertutto
E’ nella base operativa principale europea che siamo stati accolti noi di Spaziogames dai ragazzi di Wargaming.net. In un quartiere di periferia di Parigi, proprio vicino al parco di Boulogne, dove nuovissimi quartieri residenziali ipertecnologici si spartiscono il panorama con giganteschi edifici di quarant’anni più vecchi, imponenti monoliti grigi, un tempo destinati ai reduci della Seconda Guerra Mondiale. Un panorama perfetto per installare il proprio QG, in una Parigi moderna ma che butta un occhio alla Parigi del Dopoguerra, straziata ed invasa dai nazisti. 
Presa confidenza con il quartiere, siamo stati invitati al quinto piano di questo enorme edificio moderno, sede degli uffici di marketing e sviluppo per World of Tanks e World of Tanks Blitz. Ad accoglierci, un enorme, intero piano diviso in diverse sezioni, ognuna per ogni divisione operativa. Lungo i corridoi non siamo riusciti a non apprezzare le distese di scatole di legno di munizioni e sacchi di sabbia da barricata che facevano da arredamento. E poi i carri armati. Carri armati, letteralmente, dappertutto. Da modellini in scale più o meno grandi, fino ad arrivare a due carri armati in scala 1:50 (e cioè enormi) perfettamente funzionanti e radiocomandati. Come ci ha spiegato Steven Favret, responsabile del reparto Public Relations con la stampa, oltre ad essere utilizzati dallo staff durante le pause di lavoro, essi vengono utilizzati per eventi e spot pubblicitari. Chi di noi non desidererebbe averne uno dentro casa? 
La visita degli uffici è continuata lungo sezioni e sezioni di corridoi arredati con corredi militari di tutti i tipi. Da intere ghillie suits da cecchino, passando per poltrone da riposo rivestite di fodere mimetiche, abbiamo fatto un lungo giro per gli uffici e di tutti i memorabilia in esso collezionati. Dopo un lungo caffè francese fatto passare per un ristretto, e due chiacchiere sul torneo di FIFA 15 in atto negli uffici in quei giorni, siamo passati nella sala conferenza dove il sottoscritto ha avuto modo, ed il piacere, di una lunga chiacchierata con Mohammed Fadl, Responsabile Eventi esports per Wargaming.net. 
Marco : Partiamo dalle basi, Mohammed. Cosa significa per voi esports?
Mohammed. : Esports significa molte cose, la più importante di tutti è di certo il futuro. E’ il futuro dell’entertainment, dei videogiochi come mezzo di comunicazione, è una nuova forma di cultura.
Ma. : Quindi stai dicendo che gli esports potrebbero sostituire la concezione attuale di sport in TV?
Mo. : Certo! Adesso, chiunque dopo una giornata di lavoro ama tornare a casa, stendersi sul divano e guardare un qualche evento sportivo in TV. Lo si fa per passione, per passare il tempo e, perché no, per godersi del sano agonismo. Quello a cui puntiamo noi è la stessa cosa: far diventare gli esports degli eventi mediatici che raggiungano il maggior numero possibile di utenti. Una partita di un qualunque videogioco, se resa agonistica, può essere trasmessa senza problemi. C’è tensione, c’è agonismo, si tifa, si esulta per chi vince e ci si dispera per chi perde. Non cambia nulla. L’unica cosa è quella di renderla disponibile a più persone possibile. E secondo noi le piattaforme online come YouTube o Twitch si prestano perfettamente a questa nostra idea. Talmente bene che l’evento delle Finali di Varsavia sono state seguite da milioni di utenti in diretta streaming. 
Ma. : Le Finali di Varsavia, è vero. Un evento che ha puntato l’asticella un pochino più in alto rispetto a ciò che eravamo abituati noi del Vecchio Continente. Sappiamo che negli USA è diverso, e mai prima d’ora era stato organizzato un evento del genere in Europa. Come ci siete riusciti?
Mo. : Il percorso che ci ha portato ad organizzare un tale evento, non ti nego, è stato lungo e difficile. Sia per i costi organizzati (stimati attorno a diversi milioni di euro) sia per la loro fattibilità sul campo. Abbiamo scelto Varsavia perché nell’immaginario collettivo è stato un teatro storico molto importante. Meno difficile, invece, è stato organizzare l’arrivo e la gestione di giornalisti e TV. Essendo stati i primi ad organizzare un evento del genere, la curiosità è stata grande ed in molti vi volevano partecipare. E’ stato un successo completamente inaspettato. Pensa solo al fatto che durante le fasi finali avevamo in sala circa un centinaio di giornalisti e diverse televisioni collegate.
Ma. : Dunque avete avuto dei grandi ritorni economici, credo.
Mo. : No invece, ti sbagli. E’ stato tutto il contrario. La nostra società ha deciso di investire in questo evento, senza pensare ai ritorni economici per un semplice motivo: vogliamo creare un nuovo standard di intrattenimento mai visto prima. Il mondo degli esports è in continua evoluzione e noi non vogliamo accodarci a nessuno. Nel momento in cui abbiamo capito che WoT poteva diventare un esports, abbiamo deciso di dettare noi le regole, partendo dal basso e ascoltando con molta attenzione quello che avevano da dire i videogiocatori. Se noi siamo qui è soprattutto grazie a loro. Siamo noi che vogliamo dettare il passo, non seguire le idee di qualcun altro. 
Ma. : Bene, dunque da dove è che nasce precisamente l’idea di WoT come esports, allora?
Mo. : L’idea di WoT come esports nasce dai giocatori stessi. Una volta che il gioco era rodato e in multiplayer funzionava bene, sempre più giocatori ci hanno cominciato a chiedere se fossero previsti in futuro eventi importanti per testare le capacità di ogni singolo clan. Inizialmente abbiamo pensato a dei tornei dedicati online, poi, quando abbiamo visto che il consenso aumentava, abbiamo capito che il terreno per proporre un evento continentale c’era e abbiamo voluto sfruttarlo. 
Ma. : Come siete giunti a capire quali sarebbero state le modalità da poter proporre in un torneo agonistico?
Mo. : Come ti ho già detto, all’inizio noi di Wargaming.net non ne sapevamo nulla. Per questo ci siamo appoggiati su alcuni team di giocatori che conoscevamo bene. Pensa che noi qui (nel territorio distrettuale parigino, ndr) abbiamo 22 clan con cui collaboriamo a stretto contatto. Con loro, e attraverso di loro, siamo riusciti a capire quali fossero le modalità e le regole da poter proporre in un evento dedicato
Ma. : Dunque mi stai dicendo che all’inizio non c’era nulla di scritto o di pensato?
Mo. : Proprio così! Siamo riusciti a raggiungere quelle regole cosiddette da torneo solo dopo tantissimi mesi di test. All’inizio avevamo notato che i giocatori tendevano sempre a camperare, prolungando le partite verso scenari noiosi. E questo noi non lo volevamo. Se un esports deve essere anche intrattenimento, allora deve essere veloce e spettacolare. Così abbiamo ridotto le squadre a sette elementi, messo due basi e posto un tempo limite di sette minuti. Le regole sono semplici: o uccidi tutti gli avversari o conquisti loro la base. In ogni caso hai solo sette minuti dunque ti devi sbrigare! Ponendo queste regole, abbiamo visto che la durata media di ogni partita si attestava intorno ai 4-5 minuti e abbiamo capito che era quella la strada giusta.
Ma. : Quindi pensate che sia questa la modalità definitiva che verrà sempre utilizzata
Mo. : Non credo, sai. WoT è un gioco in continua evoluzione e tutto ciò ci serve per migliorarlo ed espanderlo ancora di più. Sappiamo che è una grande realtà e vogliamo farla diventare ancora più grande.
Ma. : Va bene. Avete reso WoT un esports in tutto e per tutto, ora ti faccio una domanda difficile. Cosa differenzia un esports da tanti altri sport che già esistono? 
Mo. :  Il concetto che sta alla base di esports è molto semplice quanto rivoluzionario: abbattere qualunque barriera e sorpassare le antiche concezioni di discriminazione basate sul sesso, l’età o il colore della pelle. Un signore di cinquant’anni potrebbe giocare spalla a spalla con un ragazzo di quindici, un musulmano vicino ad un cristiano, due ragazzi dalla pelle diversa potrebbe tra loro divertirsi senza perdere tempo a chiedersi “Da dove vieni?”. L’esports, come disciplina giocata online, ci rende tutti uguali, è un principio unico di uguaglianza. E per questo è una cosa meravigliosa
Ma. : Facci un regalo, Mohammed. Anticipaci qualcosa sulle prossime finali.
Mo. : (ride) Quello che posso dirti sono due cose solamente: la prima è che un progetto top secret, e la seconda che sarà ancora più grande di quello che avete visto a Varsavia.
Ma. : Bene, allora. Grazie di tutto e spero di ritornare a parlare di nuovo con te. La tua simpatia è contagiosa.
Mo. : Lo spero anche io! Grazie e alla prossima.
Ma. : Shukran!
Mo. : Salam aleikum! Ma quindi parli arabo?
Ma. : Conosco qualche parola, giusto quelle che servono per abbattere tutte le differenze esistenti.
Mo. : (ride). A presto!

Quella degli esports è una realtà più che assodata. Tramite i nuovi mezzi di comunicazione esistenti, essi si stanno ritagliando sempre di più un posto importante nel panorama moderno, in particolare nell’immaginario videoludico. Poter competere a livelli altissimi su scala internazionale è una realtà che fino a qualche anno fa poteva sembrare utopia. Ed invece no, ora è possibile. Terreno in continua evoluzione, quello degli esports è un universo da non sottovalutare affatto, da seguire e da osservare attentamente. Magari, forse pure a breve, anche in televisione.