Anteprima

Watch Dogs 2

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a cura di Matteo Bussani

Abbiamo avuto l’opportunità di volare a Parigi e fare un salto sulla Senna non solo per assaporare quell’aria romantica che accompagna le zone note della capitale francese, ma, più che altro, per provare il titolo su cui Ubisoft punta maggiormente per questa sessione di uscite autunnali. Ovviamente stiamo parlando di Watch Dogs 2, secondo capitolo di quell’IP che, per un’innumerevole serie di motivi, fece così tanto scalpore dal suo annuncio all’E3 fino all’arrivo sul mercato, in occasione del predecessore. Non è la prima volta che siamo chiamati a mettere le mani su questo titolo per cui, per voi lettori, non ci dilungheremo in troppi preamboli ed entreremo rapidamente nelle atmosfere giovani e ribelli della San Francisco di Watch Dogs 2 con l’analisi di quello che abbiamo visto nelle 3 ore e mezza di gioco che ci sono state concesse. 
Rito di iniziazione per la DedSec
Dopo esserci stato detto che il gioco era in procinto di entrare in fase gold, ci è stato anche comunicato che la build presente era della settimana precedente e con la stanghetta del contagiri ferma al 90%. Nella pratica i contenuti erano grossomodo quelli finali, a cui mancava la classica tirata a lucido e poche altre inezie. La sessione è stata così divisa in tre momenti, il primo che ci ha visto prendere confidenza con i controlli tramite il tutorial – che troverete anche voi nel gioco -, il secondo che ci ha fatto portare a termine le prime missioni del single Player e mettere alla prova l’integrazione del multi nella mappa di gioco, e infine il terzo in cui abbiamo affrontato una sezione più avanzata durante la quale è stato possibile testare un po’ di abilità sbloccabili solo dopo alcune ore di gioco.
Come nella migliore delle confraternite, saremo inseriti nel Dedsec attraverso una prova, che andrà a verificare la bontà delle nostre capacità sia di hacker che di criminali. “criminali” termine che ci teniamo a utilizzare con le pinze, perché da queste considerazioni va aprirsi uno dei temi principali della narrazione del gioco. Lottare con mezzi violenti per la propria libertà contro un sistema marcio, è comunque da considerarsi criminalità? A voi le considerazioni.
Tante cose da fare per un ribelle
Tornando invece alle nostre vicende, una volta dentro la confraternita, saremo guidati attraverso i due tipi di progressione del gioco: da una parte, quello classico della campagna di tipo narrativo, dall’altro quello di crescita del personaggio basato sulla conquista di un numero sempre maggiore di follower. Le due grandi armi a nostro favore sono infatti le capacità tecnologiche fuori scala del protagonista e la visibilità che tramite la giusta congiunzione astrale di eventi e un bel po’ di stile si può ottenere. Ci troveremo dunque con il passare dei livelli a sbloccare nuove armi, applicazioni, nonché nuovi punti abilità da spendere nell’albero dedicato. Anche le attività online (come bounty hunter, per esempio) saranno utili alla causa e ci permetteranno di ottenere un’ottima ricompensa, forse troppo abbondante considerati i requisiti per scalare i primi livelli di gioco. La cosa interessante è che oltre a combattere con il sistema, saremo costretti, per esempio nella missione “Power of the Sheeples” a combattere anche contro altre organizzazioni di hacker mercenarie, al servizio di politici, aziende e altro. Va così a delinearsi tutta una trama etica ben più articolata di quella che ci si poteva immaginare alla prima presentazione del progetto e che potrà di certo impreziosire la narrativa del gioco: la sensazione è che comunque ciò non vada ad appesantire la freschezza dei personaggi giovani, un po’ nerd, un po’ americani.
Oltre alle missioni principali, saremo sempre accompagnati da almeno un paio di attività secondarie, per non parlare di tutte quelle che popolano San Francisco e quelle online che non sono da considerarsi a parte. La città è dunque davvero ricca di vita, ma soprattutto è ben riprodotta: per chi ci è stato sarà facile “ambientarsi” (ovviamente la scala non è 1:1). Potremo anche ritrovare le zone limitrofe come Marin o Silicon Valley, quest’ultima immancabile dato che è la grande patria dei microprocessori. La mappa risulta inequivocabilmente vasta, anche se ammettiamo di non avere ancora ben chiari dei valori precisi, visto che sarà necessaria percorrerla più volte per avere un’approssimazione più corretta, anche in termine di paragoni con gli altri open-world. Per fortuna, non sarà necessario tutte le volte fare delle traversate atlantiche per andare da punto a punto, perché in occasione di alcuni negozi o altri punti di riferimento, sarà possibile coprire tale distanza con un viaggio rapido.
Come muoversi a San Francisco
Per quanto migliorato rispetto al primo capitolo, il sistema di guida risulta forse uno degli elementi più deboli della catena, all’inizio abbastanza noioso, visto che non avremo nessun’altra attività parallela da svolgere. Nelle altre prove infatti le distanze da percorrere, così come la presenza del nitro e dell’hacking avanzato già sbloccato ci avevano un po’ mascherato questa problematica. Tra l’altro la situazione si è ribaltata completamente nella terza parte della prova, dove un numero corposo di gadget disponibili non ci ha permesso di apprezzare a dovere tutte le sfaccettature dell’hacking alla guida, dato il poco tempo a disposizione, finendo inevitabilmente con l’utilizzare lo smashing di L1, tasto designato alla sua versione più rapida. Sarà anche possibile, sempre alla guida, utilizzare delle armi da fuoco a mano singola, ma la già frenesia del resto, difficilmente lascerà spazio a questa attività. Le armi del gioco saranno poi reperibili da quelle lasciate dai nemici caduti oppure sarà possibile crearle direttamente nel makerbot nel quartiere generale, e più soldi avremo più sarà possibile costruire armi interessanti.
Le armi ci serviranno non poco, qualora volessimo risolvere gli scontri con la forza. Solitamente la cosa più naturale durante le diverse missioni è stata iniziare la prima fase in maniera stealth, facendo uso dei due droni, fino a che una determinata situazione troppo affollata ci ha fatto preferire una risoluzione violenta. Per fortuna entrambi gli approcci ci sono sembrati ugualmente perseguibili. Il primo però ha messo in mostra dei pattern troppo prevedibili e dei piccoli bachi dell’intelligenza artificiale nemica, facilmente arginabile. L’altro ha invece mostrato quanto, qualora i nemici dovessero circondarci, sia arduo scampare all’attacco da più fronti, con i colpi che non ci risparmierebbero notevoli quantità di danno. 
Un follower alla volta
Va da sé poi che vi è un abisso tra le possibilità di hacking offerte dalle due diverse sezioni affrontate. All’inizio del gioco, le poche abilità sfruttabili, una su quattro nel menù dell’hacking avanzato, saranno poco più che sufficienti a passare inosservati tra i nemici, poi permetteranno di rendere inerme un intero esercito di guardie. A seconda del bersaglio scelto, ci saranno diverse possibilità contestuali alla situazione, così da rendere sempre variegato il ventaglio di azioni disponibili. Quello che emerge a fronte della prova, è che stavolta l’hacking è davvero centrale e integrato nel gameplay, ben di più di quanto succedeva nel predecessore. Ottimamente gestita è la separazione dei tasti di azioni e hacking: in questa maniera non ci sarà più il problema di sbagliare selezionando l’uno piuttosto che l’altro. Per azioni si intendono quelle fisiche, che prevedono un’interazione diretta con l’oggetto in questione, eseguibili anche dal nostro jumper, mentre saranno precluse al quadricottero. Il menù in-game è rappresentato da uno smartphone in tutto per tutto identico alla controparte reale, con tanto di shop per le app. Ogni app ha delle funzioni particolari, che andranno a completare l’esperienza di gioco, da quella che fornisce una macchina a richiesta, a quella invece che permette di seguire l’avanzamento delle missioni e dei gruppi online, soddisfacendo sia le esigenze accessorie sia quelle primarie.
Tecnicamente su PS4, a fronte dell’unione del comparto single player e multi, si è notato più di un problema, tra bug e rallentamenti, tanto che in alcune situazioni si era al limite del giocabile. Per fortuna, questi non li abbiamo riscontrati nelle altre prove, dedicate rispettivamente alle diverse componenti. Presumiamo dunque che il lavoro di ottimizzazione possa, in queste settimane, aver permesso il raggiungimento di un miglioramento tangibile.

– L’hacking al centro di tutto

– Attività a non finire

– Interessante interazione tra modalità offline e online

Watch Dogs 2 è pronto all’uscita, fissata il 15 novembre di quest’anno. Il titolo, per questa iterazione, riprende l’hacking del primo capitolo e lo inserisce con forza in ogni meccanica di gioco. Non mancheranno in ogni momento delle attività da fare, visto che tra missioni primarie, secondarie, online e attività sparse per la mappa, ne avremo davvero per tutti i gusti. Qualcosa ancora non convince ancora, soprattutto sul versante tecnico, ma come al solito speriamo di essere smentiti al day 1.