Recensione

Warriors: Legends of Troy

Avatar

a cura di Fabfab

L’antica Grecia, con i suoi eroi ed i suoi miti, ha goduto di un certo rilancio nell’immaginario collettivo mondiale, grazie a pellicole più o meno riuscite come 300, Troy e Clash of the Titans: naturale che anche il mondo dei videogiochi decida di sfruttare l’affascinante ambientazione. Alla ricerca di un setting storico che non sia la solita Cina dei Tre Regni o il Giappone dell’era Sengoku, ma qualcosa di più familiare ai giocatori occidentali, dopo aver fallito con la Guerra dei Cento Anni (Bladestorm, chi lo ricorda più?) alla Koei sperano che le vicende narrate da Omero facciano breccia nel cuore e nel portafoglio dei giocatori occidentali. 

Cantami o Diva… 
Ovviamente l’Iliade funge solo da lontana ispirazione al titolo sviluppato dai ragazzi di Koei Canada, la cui produzione appare molto più vicina al film di Petersen del 2004 piuttosto che all’immortale capolavoro della mitologia greca. Si comincia con lo “sbarco in Normandia” delle navi greche e si prosegue con AchilleBrad Pitt ed EttoreEric Bana: scene, movenze e costumi richiamano apertamente il film, a volte viene quasi il dubbio di trovarsi di fronte ad un tie in. Ben presto però il gioco prende una strada sua, denotando differenze (decisamente Paride non assomiglia a Orlando Bloom!) e seguendo una trama via via più fantasiosa, in cui ad esempio il ciclope verrà affrontato non da Ulisse sulla strada di casa, ma da Ettore… 
Un mitologico cast di all-star 
I ragazzi di Koei Canada hanno lavorato su un gameplay che, pur presentando molti punti in comune con i titoli della saga Warriors sviluppata da Omega Force, si differenzia in alcuni elementi fondamentali che andremo ad analizzare in seguito. Il titolo è ovviamente un picchiaduro di massa come da tradizione, in cui l’eroe interpretato dal giocatore affronta decine di avversari contemporaneamente, potendo contare solo su di un compagno al suo fianco e al massimo qualche soldato di supporto. La prima significativa differenza rispetto ai canoni della serie la troviamo nel risicato numero di protagonisti: solo otto, quattro per fazione (per Troia abbiamo Ettore, Paride, Enea e l’amazzone Pentesilea, per i greci Achille, Ulisse, Aiace e Patroclo). Inoltre il gioco non offre una storia differente per ognuno di loro, ma le accomuna tutte nell’unica modalità principale disponibile. Il titolo infatti narra della guerra di Troia presentandola divisa in svariati capitoli, in ognuno dei quali si impersona un eroe differente, facendo vivere in prima persona al giocatore le alterne vicende di entrambe le fazioni in guerra. Ovviamente ogni personaggio presenta caratteristiche differenti: così se Ettore ed Achille sono guerrieri provetti, Ulisse e Paride prediligono approcci più discreti ai combattimenti, mentre Aiace e Pentesilea sono guerrieri possenti, ma lenti. A favore della scelta di introdurre pochi personaggi, annoveriamo anche il fatto che questo ha permesso agli sviluppatori di caratterizzare ognuno di loro con movenze uniche, evitando il riciclo delle animazioni che in genere affligge gli altri Warriors
Eroi senza paura 
Il gameplay ripropone fedelmente quello già collaudato della saga, ma anche qui registriamo qualche differenza.Ogni personaggio dispone di un attacco rapido e di uno potente, oltre che di un colpo speciale e particolarmente devastante, disponibile solo dopo aver riempito un’apposita barra. A queste opzioni offensive si aggiunge l’attacco con lo scudo, che va ad occupare il tasto normalmente riservato al salto e che permette di fare breccia nelle difese dell’avversario, sbilanciandolo. Ovviamente combinare i vari tasti permette di dare l’avvio a sequenze di colpi davvero letali, con i quali avere ragione dei nemici che ci circondano. 
A queste azioni si aggiunge la possibilità di raccogliere le armi lasciate cadere dagli avversari uccisi, per usarle in combattimento o scagliarle contro nemici lontani, pratica che, se attuata con le giuste tempistiche, consente di abbattere in un colpo solo anche i guerrieri più ostici. Lo stesso discorso vale per le fatality del gioco: sbilanciando il nemico o cogliendolo alle spalle, è infatti possibile ucciderlo con un unico, cruento colpo che ha anche l’effetto di spaventare i suoi compagni nelle immediate vicinanze, rendendoli a loro volta vulnerabili alla stessa tecnica. 
Completano il set di azioni esperibili la possibilità di eseguire una capriola, utile per sottrarsi ad una situazione troppo affollata o per prendere alle spalle un nemico, e di agganciare la telecamera ad un avversario, opzione essenziale durante i duelli per non perderlo mai di vista anche eseguendo rapide manovre evasive. 
I personaggi non aumentano di livello, ma possono essere potenziati mediante oggetti da inserire nell’equipaggiamento. Non si parla qui di armi o armature, ma piuttosto di amuleti di vario tipo (anelli, monete, bracciali…) ognuno dei quali conferisce bonus di diverso tipo (nuove mosse o potenziamenti per attacco o difesa) che possono venire acquistati con i soldi accumulati solo dopo averli sbloccati. Curiosa la gestione dell’inventario: lo spazio a disposizione è rappresentato da una griglia, ed ogni oggetto per venire equipaggiati richiede un certo numero di quadretti. Non sarà possibile quindi equipaggiare tutti gli oggetti in inventario, ma occorrerà sempre eseguire delle scelte in base al personaggio usato ed alla situazione in atto. 
Terre desolate 
Come detto, la storia principale si dipana attraverso una serie di missioni ambientate nelle desolate terre dell’Ellesponto, con qualche rara incursione in Grecia. I livelli non si distinguono certo per complessità e l’occupazione principale rimane quella di sterminare le orde di nemici sul nostro cammino. I soldati si distinguono per il tipo di arma utilizzata (spade, lance, archi), ma non certo per una particolare intelligenza. Come nella serie classica Koei, esistono anche ufficiali di diverso tipo, che offrono sfide maggiori rispetto ai soldati semplici e che una volta abbattuti provocano scoramento nei loro sottoposti. Inoltre si segnala la periodica presenza di vere e proprie boss fight, che potremmo suddividere in due tipi. La prima ricorre quando un eroe avversario sfida il nostro personaggio: in tale circostanza i guerrieri formeranno un cerchio di scudi entro il quale avviene il duello, secondo le stesse modalità del combattimento in mischia. Il secondo caso è invece associato all’intervento di una qualche divinità: in questi casi ci si ritrova a fronteggiare esseri mitologici dalle dimensioni imponenti (il già citato Ciclope, una statua animata di Apollo, un grifone e via dicendo) che occorre sfiancare prima di poterle abbattere tramite un banale Quick Time Event. Purtroppo in questo secondo caso non si può parlare di un’aggiunta particolarmente riuscita, perché questi scontri, oltre al fatto di assomigliarsi tutti (cambia l’avversario, non le cose da fare per abbatterlo), non riescono minimamente a rivaleggiare con le spettacolari sequenze di un qualsiasi God of War. Le missioni si caratterizzano per la presenza di un obiettivo primario, la cui realizzazione è indispensabile per proseguire, ed alcuni secondari, indicati come opzionali, ma il cui completamento sblocca nuovi oggetti per l’inventario: in questo secondo caso si parla talvolta di esplorare minuziosamente la mappa alla ricerca della missione celata. 
Il fascino della storia
Il comparto tecnico in generale risulta di buon livello. La scelta di ispirarsi ad una pellicola come Troy, candidata all’Oscar per i costumi, ha il merito di offrire al giocatore una credibile riproduzione estetica dei protagonisti di quell’epoca mitologica. Inoltre gli sviluppatori hanno volutamente adottato uno stile più austero nell’abbigliamento, che differisce a seconda della fazione, ma presenta comunque tonalità realistiche e rende meno elementare distinguere greci e troiani nel corso di una furiosa mischia, come è logico che sia (non creando comunque alcun problema alla giocabilità, perché non è possibile colpire gli alleati). Stesso discorso per gli eroi, modellati con fattezze e movenze credibili. L’aspetto che ci ha più colpito in positivo è la consistenza degli avversari nel corso degli scontri. In un qualsiasi Dynasty Warriors i nemici si spazzano via con facilità imbarazzante; in Warriors: Legends of Troy invece, pur interpretando un superuomo in grado di prevalere da solo contro innumerevoli avversari, non viene comunque data la possibilità di farli volare via come fuscelli. Anzi, le tecniche e le uccisioni implementate nel titolo sono improntate ad una certa crudeltà ed efferatezza, laddove nella serie classica si propendeva per l’assenza di situazioni davvero cruente. I livelli, per nulla interattivi (non si possono rompere nemmeno i barili), non risultano mai troppo estesi, il che li rende sempre godibili nonostante una certa ripetitività degli elementi, specie quando ci si trova in ambienti naturali. Più ispirate ed affascinanti, invece, le ambientazioni cittadine. 
Pollice in su per quanto riguarda il comparto audio: il doppiaggio in inglese risulta di ottimo livello, così come la colonna sonora, epica e coinvolgente al punto giusto. 
Resta da parlare della longevità. Come detto, il gioco si compone di una sola modalità principale, abbastanza lunga e che anche una volta conclusa richiederà di riaffrontare alcune missioni per completare gli obiettivi secondari rimasti incompiuti, o per rivivere le sfide ad un grado di difficoltà maggiore. Oltre a questo si segnala la presenza di alcune modalità Sfida, in cui affrontare i nemici lottando contro il tempo che scorre o la vita che va inesorabilmente a calare: si tratta per lo più di riempitivi di poco spessore, con l’unica utilità di sbloccare oggetti in caso di completamento.

– Alcune novità interessanti

– Ambientazione affascinante

– Comparto tecnico discreto

– E’ pur sempre un Warriors di Koei

– Gameplay ed ambientazione alla lunga ripetitivi

7.0

Warriors: Legends of Troy, pur collocandosi nel filone dei vari Dynasty e Samurai, se ne differenzia a sufficienza da rappresentare una valida alternativa, consigliata sia ai cultori del genere che abbiano voglia di provare qualcosa di diverso, sia ai detrattori che potrebbero apprezzarne le meccaniche parzialmente riviste. Nel complesso è un buon titolo, divertente e più difficile del solito, grazie all’introduzione delle boss fight: inoltre l’ambientazione è di indubbio fascino e la realizzazione tecnica riesce a valorizzarla. Certo, rimane il solito limite dei prodotti di questo tipo, ovvero la ripetitività. Per tutto il gioco non si fa altro che combattere e le mosse a disposizione rimangono più o meno le stesse dall’inizio alla fine, mentre i livelli alla fine ripropongono sempre gli stessi elementi, diversamente assemblati.

Voto Recensione di Warriors: Legends of Troy - Recensione


7