Recensione

War, The Game

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a cura di Mascalzone

Dopo l’uscita del primo, l’ormai mitico Dune II di Westwood Studios del 1992, di strategici in tempo reale ne abbiamo visti di ogni tipo e ambientazione, su computer e non solo. Sono tantissimi quelli che hanno fatto la storia, da Warcraft e Stacraft di Blizzard sino ai vari Command & Conquer e Total War, tanto che sono in molti quelli che ritengono che il genere abbia da tempo dato il meglio di sé. War, The Game è stato appositamente progettato per sconfiggere questa convinzione.

Strategia su scala globaleTra ibridi di varia natura e l’infinità dei teatri di guerra più o meno realistici riproducibili in un videogioco la domanda per gli RTS non è mai venuta meno e, se il sottoscritto in particolare negli anni ha imparato ad apprezzare vastità e complessità dei titoli sfornati senza soluzione di continuità da Paradox Interactive (Europa Universalis e i suoi derivati, da Hearts of Iron a Crusader Kings), ormai ne abbiamo visti di ogni sorta, dai medievali ai moderni sino ai fantasy e ai fantascientifici. Non stupisce perciò che il fenomeno indie si stia prodigando nel fornire numerosi nuovi spunti, votati più a offrire qualcosa di diverso piuttosto che l’ennesima variante sul tema.Uno di questi è partito da Obbe Vermeij, sviluppatore olandese con ampi trascorsi in Rockstar tanto da essere uno di coloro che già ci lavoravano quando ancora era una piccola realtà e si chiamava DMA Design, ovvero ben prima che Grand Theft Auto diventasse quel campione d’incassi capace di far inferocire interi eserciti di ipocriti che oggi conosciamo.Fatta una barca un di soldi con la madre di tutte le saghe di videogiochi dunque costui ha deciso di abbandonare il suo ruolo per dedicarsi al gioco che ha sempre desiderato, stimolato da un’idea che non ha mai visto realizzare: un wargame dalle basi estremamente semplici ma che al contempo fornisca un campo di battaglia grande quanto l’intero pianeta Terra, essendo quindi in grado di simulare interi conflitti mondiali senza però diventare un mattone di microgestione e soprattutto scombini lo status quo in termini di gameplay, da sempre basato sulla morra cinese con decine quando non centinaia di unità che seguono tutte un rapporto di forze attuato secondo il principio pietra-carta-forbice, risultando imbattibili contro alcune e inoffensive contro altre.

Non vado nemmeno di corpo senza un buon pianoPer fare questo Vermeij ha innanzitutto ridotto ai minimi termini il numero di unità, portandolo a sole sette tipologie: fanteria, carri armati, caccia, bombardieri, fregate, portaerei e navi da trasporto, otto se consideriamo le spesso controproducenti bombe atomiche. Queste infatti offrono un grado di simulazione sufficientemente fedele per un videogioco che voglia riprodurre tutte le possibili situazioni della guerra moderna pur mantenendo la maggiore semplicità possibile. Altro elemento di stacco riguarda poi il bilanciamento: non è assolutamente scontato che un’unità di carri armati ne faccia a pezzi una di fanteria, specie se questa sta difendendo una città entro la quale riceve un bonus del doppio della difesa, rendendo gli assedi estremamente dispendiosi sia in termini di uomini che di risorse, esattamente come la storia ci ha insegnato.Quello che invece conta è il numero di unità che si confrontano in battaglia, tanto che durante il loro svolgersi compare un grafico a torta che mostra i rapporti di forze in campo rendendo estremamente chiaro chi vincerà a meno che non sia in una situazione di stallo che porterà le unità ad annientarsi a vicenda a meno di non fare arrivare rinforzi entro tempo utile, cioè prima che lo faccia il nemico. L’assoluta trasparenza è infatti il concetto cardine con il quale il gameplay è stato sviluppato, rendendo ogni azione e reazione unicamente dipendente dalle capacità tattiche del giocatore che, se verrà sconfitto, oltre a potersela prendere solo con se stesso, potrà sempre capire dove ha sbagliato e quindi ricominciare dall’ultimo salvataggio cercando di correggere i propri errori.Queste insomma le idee alla base di War, The Game: per metterle in pratica altro non serve che una mappa. Come detto questa riproduce l’intero pianeta, suddiviso in stati dai confini definiti ognuno con le proprie città principali, da Baghdad sino a San Francisco. La caratteristica più peculiare di questa mappa, come del resto vedete dalle immagini, non è certo il dettaglio grafico ma essere un planisfero estremamente preciso così che le distanze tra i suoi punti siano riprodotte quanto più precisamente possibile. Oltre alla tridimensionalità altra caratteristica della mappa è quella di non celare nulla e di non prevedere alcuna suddivisione in caselle. Tutte le unità in gioco vengono dunque visualizzate (il punto non è vederle, ma capire qual è il loro obiettivo) e possono muoversi liberamente su di essa, seguendo percorsi trigonometrici a velocità differenti. È proprio questo l’aspetto cardine dell’intero gioco: considerare i tempi di trasferimento delle proprie truppe è essenziale perché queste non vengano sopraffatte in battaglia, come detto essenzialmente decise dal numero di unità coinvoltevi: se per esempio vogliamo attaccare una città nemica è essenziale coordinare i movimenti di unità differenti in modo che arrivino ad attaccare congiuntamente, perché iniziare in palese inferiorità numerica potrebbe portare all’irrimediabile sconfitta. Il fatto che non sia prevista alcun sistema di pianificazione per programmare la tempistica degli attacchi (come avviene nei citati titoli Paradox, per esempio) rende le cose estremamente semplici ma anche dannatamente difficili, e se da un lato è vero che è possibile unire unità di tipo differente in plotoni è anche vero che questo costringerà i mezzi corazzati a muoversi lentamente vanificando il loro principale punto di forza, ossia appunto potersi spostare molto più velocemente della fanteria.

L’Arte della guerraQuesto porta a una sorta di paradosso, perché nonostante gli esiti degli scontri dipendano totalmente dal numero di unità il gioco è in fatto in modo che sia decisamente più determinante l’abilità di utilizzo delle truppe piuttosto che il loro accumulo, come invece avviene nella maggior parte degli altri strategici. Questo rende possibile trionfare pur trovandosi in evidente inferiorità, e proprio su questo sono infatti basate le fasi più avanzate della lunga campagna che, partendo da una nuova guerra del golfo porterà sino al terzo conflitto mondiale, con Russia e Cina da una parte ed Europa e America dall’altra. In altre parole il sapiente schieramento nonché l’ideazione di imboscate, diversivi e contrattacchi conta molto di più che avere un esercito più ampio di quello avversario, perché occorre sempre mantenere la superiorità nelle singole battaglie piuttosto che nell’intero scacchiere. Queste oltretutto una volta iniziate non possono più essere interrotte (solo gli aerei possono essere ritirati, ma hanno un raggio d’azione limitato) è perciò bisogna anche fare molta attenzione su come e quando attaccare in ogni frangente, rendendo questo titolo quanto di meglio si possa chiedere sotto quest’aspetto tanto da ridicolizzare titoli decisamente più blasonati.War, The Game insomma è come il più diabolico stratega: a prima vista inganna nascondendo la propria sagacia con un comparto tecnico disarmante per poi mettere a segno il colpo decisivo, ossia quando, dopo aver preso un po’ di confidenza, si comincia a comprendere la genialità che sta alla base della sua struttura in cui non manca nemmeno un modello economico, seppur attualmente molto semplice: ogni città produce denaro che può essere investito in nuove truppe e quindi anche il loro possesso risulta determinante.

HARDWARE

Requisiti consigliati:OS: Windows 7Processore: Intel o AMD dual coreRAM: 200 MBScheda grafica: qualsiasiSpazio su HD: 1 GBDirectX: 10

– Gameplay assolutamente geniale

– Estremamente profondo pur non risultano complesso

– Forse lo strategico più difficile che ci sia in circolazone

– Parlare di grafica è un eufemismo

– Modello economico poco approfondito

– Forse lo strategico più difficile che ci sia in circolazone

7.0

Il punto di forza di War, The Game non è assolutamente la grafica, assolutamente basilare. Non è la varietà di quanto si muove su schermo e tantomeno lo è l’accessibilità, seppure non manchi un esaustivo tutorial e sistema di controlli e interfaccia siano tanto semplici da risultare minimalisti. Nossignore. Questo è un vero e proprio simulatore di strategia militare, in cui la differenza la fa tutta l’intelligenza e l’esperienza del giocatore, sia per combattere l’acutissima intelligenza artificiale nella lunga campagna che costituisce il cuore del titolo sia per confrontarsi contro altri giocatori in multiplayer. Una perla di rara bellezza, sempre che siate disposti ad apprezzarla passando ore intere a capire perché diamine continuiate a buscarle sonoramente.

Voto Recensione di War, The Game - Recensione


7