Recensione

The Longest 5 Minutes

Avatar

a cura di Nicolò Bicego

Redattore

La nostalgia paga, si sa: ormai non è più un mistero per nessuno, neanche per gli sviluppatori videoludici che, nel corso degli ultimi anni, hanno imparato che strizzare l’occhio ai tempi che furono si rivela spesso una buona idea. Abbiamo così visto proliferare titoli che si ispirano alle gloriose epoche a 8-bit e 16-bit; serie in cui oggi andiamo ad inserire anche The Longest 5 Minutes, in arrivo su Switch, PC e PS Vita (console su cui aveva visto la luce più di un anno fa in Giappone), un JRPG che ricalca fortemente le orme di quelli che furono i precursori del genere sui sistemi ad 8-bit. La riscoperta del passato si rivelerà anche in questo caso una scommessa vinta?

Quasi ai titoli di coda

Prendiamo una situazione che, probabilmente, è successa a molti giocatori: arrivare di fronte al boss finale di un gioco e vedere i propri salvataggi misteriosamente cancellati. In un certo senso, è questo che succede al nostro eroe Flash: quando ne prendiamo il controllo, Flash sta affrontando il Re Demone, l’antagonista principale della sua longeva quest. Se non fosse che qualcosa gli ha completamente cancellato la memoria: fatta eccezione per il suo nome, Flash non si ricorda chi sia o cosa stia facendo in quel posto. Lo spunto narrativo di The Longest 5 Minutes è proprio questo: dovremo aiutare Flash a recuperare la sua memoria, rivivendo numerosi ricordi grazie anche all’aiuto dei suoi compagni di viaggio, Regent, Yuzu e Clover. I ricordi non sempre saranno disposti in ordine cronologico, ciò nonostante l’intreccio non sarà mai difficile da seguire, a patto di avere dimestichezza con l’inglese, visto che il gioco non è stato localizzato in italiano. Detto ciò, The Longest 5 Minutes riserva una storia che, pur partendo da uno spunto piuttosto originale, finisce per ricalcare, forse volutamente, gli stilemi delle avventure più classiche del genere, senza però riuscire a spiccare davvero sul comparto narrativo. Nonostante i personaggi siano piacevoli, grazie anche alle venature comiche dei dialoghi, difficilmente le loro gesta vi rimarranno impresse nella memoria: e questo può essere un problema in un gioco che è pesantemente basato sulla storia.

Un tuffo nel passato

Tecnicamente, The Longest 5 Minutes ripropone lo stile a 8-bit che abbiamo visto, ad esempio, nei primi Final Fantasy o nei primi Dragon Quest, pur avvalendosi, ovviamente, della migliore definizione garantita dall’hardware su cui il gioco è stato sviluppato. Quello che manca, però, alla direzione artistica è una scintilla creativa degna di questo nome: The Longest 5 Minutes ripropone pedissequamente ambientazioni e situazioni già viste in altri titoli del genere, di ispirazione high fantasy, senza riuscire a stupire in nessun frangente. Il richiamo al passato, in questo caso, finisce per diventare un difetto più che un pregio: si ha l’impressione di trovarsi di fronte ad una cronica mancanza di idee che ha portato l’omaggio a diventare un vero e proprio calco di quelle che sono state le glorie del passato. Una nota di merito va invece al comparto audio: pur essendo anch’esse ispirato ai tempi che furono, le tracce musicali sono ben riuscite e sono piacevoli da ascoltare anche al di fuori del contesto avventuroso.

Ricostruire i propri ricordi

Come abbiamo detto, lo scopo del gioco, prima ancora di sconfiggere l’antagonista, è ricostruire i ricordi di Flash. Essenzialmente, il gioco viene così diviso in capitoli: ogni capitolo corrisponde a un blocco di memoria, in cui dovremo portare a termine un obiettivo principale, che ci consentirà di avanzare al ricordo successivo, e degli obiettivi opzionali, che concorreranno invece all’assegnazione di punti esperienza extra. La divisione in capitoli, dalla durata tutto sommato breve, unita alla possibilità di salvare ovunque, rende The Longest 5 Minutes un titolo estremamente adatto alla portabilità e alle partite mordi e fuggi (non a caso, il gioco è originariamente uscito su PS Vita). Questa suddivisione, però, comporta anche dei problemi. Gli sviluppatori hanno infatti preso una decisione peculiare, soprattutto considerando il genere di appartenenza del gioco. Una volta terminato il capitolo, l’equipaggiamento trovato nei bottini o comprato nei negozi, così come l’esperienza accumulata e le mosse imparate, non verranno trasportati al capitolo successivo. In poche parole, il gioco ad ogni capitolo assegnerà in automatico un certo equipaggiamento, dei certi oggetti ed un certo livello ai nostri personaggi, senza tenere conto di quello che abbiamo fatto in precedenza. Questo va a ledere enormemente al senso di progressione del gioco, rendendo quindi inutili le personalizzazioni della propria squadra. A questa regola fanno eccezione alcune statistiche il cui miglioramento permane grazie ai punti esperienza accumulati a fine capitolo, di cui abbiamo parlato poco fa. Ciò non basta, però, a restituire un senso di progresso degno di questo nome. Questo anche perché i combattimenti sono estremamente facili: l’equipaggiamento fornito ad inizio capitolo è più che sufficiente per abbattere ogni nemico che si para di fronte a noi, senza particolare bisogno di strategia. A questo proposito, i combattimenti si svolgono in un classico sistema a turni, che pesca a piene mani dalla struttura dei Dragon Quest: sullo schermo verranno visualizzati gli sprite dei nemici, e noi potremo ricorrere alle classiche mosse di attacco, difesa, magia, etc. Un battle system estremamente semplicistico, purtroppo, anche a causa delle discutibili scelte di cui abbiamo sinora parlato.
A fronte di questi difetti, The Longest 5 Minutes presente anche qualche spunto interessante: le fasi nel passato, infatti, si alternano a fasi nel presente in cui i nostri eroi devono combattere contro il Re Demone. L’effettiva riuscita di queste fasi di combattimento dipenderà anche da alcune scelte fatte durante i ricordi di Flash: una prospettiva piuttosto originale che, purtroppo, naufraga in una produzione che trova nella mancanza di originalità uno dei suoi problemi principali.

– Buona colonna sonora

– Qualche spunto interessante…

– … che naufraga in una cronica mancanza di originalità

– Mancanza di un senso di progressione

– Gameplay semplicistico

5.5

The Longest 5 Minutes sembra voler omaggiare gli albori del genere JRPG ma, al netto di qualche spunto interessante, si incarta nella sua stessa premessa, mostrando il fianco a una cronica mancanza di spunti originali unita a delle scelte discutibili che, di fatto, rendono il gioco difficilmente fruibile persino da coloro i quali si definiscono veri appassionati del genere. Un peccato perché, appunto, qualche buona idea c’era, ma non possiamo dire che valga la pena giocare il titolo per vederla.

Voto Recensione di The Longest 5 Minutes - Recensione


5.5