Recensione

The Chronicles of Riddick

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a cura di pWi

Per una volta un tie-in soddisfacente? Ormai è un vero e proprio stereotipo quello dei tie-in poco curati, deludenti e per nulla fedeli alle qualità del film da cui muovono i passi. Solitamente si tratta di progetti arruffati, un po’ per far contenti i produttori cinematografici, un po’ per far comparire il nome del filmone che sta per uscire al cinema anche nei negozi di videogiochi. Però è un peccato, perché l’industria dei videogiochi potrebbe dare una grossa mano, in questo senso, a quella cinematografica in termini di pubblicizzazione. Un gioco bello porta più gente a comprarlo, quindi più pubblicità: è talmente ovvio che non dovrebbe nemmeno essere detto. Allora perché quasi tutti, per non dire tutti, i tie-in sono realizzati così male? Beh, la spiegazione è quella che abbiamo praticamente già dato: spesso si devono rispettare ferree disposizioni dall’alto per quanto riguarda i tempi di sviluppo, i quali devono ovviamente essere compatibili con le date di divulgazione del film. Insomma, per realizzare un film, tra la sceneggiatura, le riprese vere e proprie e la fase di post-produzione, non si impiega, nel peggiore dei casi, più di un anno; purtroppo, invece, per fare un videogioco, e lo sappiamo bene, ci vuole molto molto più tempo. Comunque, venendo a noi, tutto questo era per dire che finalmente The Chronicles of Riddick: Escape from Butcher Bay è stato, probabilmente, il primo tie-in di sempre a riscuotere un lusinghiero, insperato successo. Il gioco è, infatti, già stato rilasciato nella versione X-Box nel corso della passata estate, riscuotendo tantissimo consensi per vendite e, soprattutto, per critica. Adesso giunge anche in versione PC con, nel titolo, una postilla in più: Developer’s Cut. Ovviamente, si spera che con questo ci siano delle novità importanti per la versione del gioco che stiamo per recensire. In effetti qualcosa c’è. Per cui procediamo con calma e cerchiamo, come sempre, di sviscerare tutte le molecole di questo progetto della giovane software house Starbreeze.

Un eroe senza scrupoli: Richard B. Riddick Prima di analizzare la struttura di gioco vera e propria diamo uno sguardo alla trama del gioco di Starbreeze, considerando che non solo si tratta del tie-in dell’omonimo film, ma anche che il film in questione aveva un predecessore. Insomma, il tutto è abbastanza ingarbugliato, quindi cerchiamo di spiegare la cosa con calma. Nel 2000 esce negli Stati Uniti un film chiamato Pitch Black. Si tratta di un survival horror ambientato in uno sconosciuto pianeta dove un gruppo di eterogenei avventurieri si trovava a dover sopravvivere ad un attacco di strane creature aliene. In questo gruppo capitano anche un carceriere, Johns, e il suo detenuto, Riddick. Dopo tante traversie si salvano solo Riddick e qualche altro, i quali riescono ad abbandonare il pianeta. E’ un’altra storia quella che riguarda l’insuccesso del film, la mancata trasposizione nei cinema italiani e la riscoperta, sia negli Stati Uniti che in Italia, della pellicola solo quando esce in home video. A quel film segue ovviamente un sequel, il quale è stato rilasciato nel corso della scorsa estate, The Chronicles of Riddick. Il gioco di cui stiamo facendo la recensione è il tie-in di questo film ma, state attenti, non ripercorre la trama del film. Mentre le vicende di quest’ultimo sono collocate dopo Pitch Black, le vicende di Escape from Butcher Bay hanno collocazione prima di Pitch Black. Si tratta quindi di un prequel assoluto, di entrambi i film.Cosi Escape from Butcher Bay narra di come Riddick sia riuscito a scappare da Butcher Bay, la prigione col più elevato livello di sicurezza nell’intero universo. Ora, chi conosce a sufficienza il personaggio, già avrà capito cosa sarà capace di combinare piuttosto di scappare, infischiandosene di tutto e tutti, il suo unico obiettivo è la libertà. Tutto questo fa della trama di Escape from Butcher Bay una trama quasi cinematografica, raggiungendo livelli, per un videogioco, di tutto rispetto. Ma quello che colpisce di più è sicuramente l’atmosfera del carcere. Questa è ricostruita molto bene, grazie alle mura incrostate, ai volti scassati dei detenuti, alle grida di disperazione, all’affanno di detenuti e guardie, alla violenza dovuta dalla voglia di libertà che contraddistingue tutti all’interno della prigione. In tutto questo spicca ovviamente la figura di Riddick, protagonista come non mai. Deciso, duro, implacabile, senza alcuno scrupolo, ricalca tutte le caratteristiche che hanno reso noto il suo personaggio già nei film appena citati. Ovviamente, un ruolo da leone lo ricopre anche il motore grafico del quale, per adesso, vi dico solamente che è, a dir poco, strepitoso. Ma è troppo presto per parlare di grafica…

Un miscuglio di tanti generi Se, da una parte, l’elemento principale di The Chronicles of Riddick: Escape from Butcher Bay è quello legato, come abbiamo detto, all’atmosfera; d’altra parte, stavolta in termini di struttura di gioco vera e propria, quello che colpisce è l’estrema varietà di approcci diversi che il gioco di Strabreeze riesce ad offrire. Non solo parti di gioco sono diverse dalle altre per ambientazione, personaggi, armi, ma anche proprio in termini di gameplay. Questo fa di The Chronicles of Riddick un gioco estremamente variegato (forse il gioco più variegato di sempre consideratane anche la brevità), che è difficile catalogare in un genere ben definito. E’ vero che una parte leggermente più cospicua è quella da shooter 3D, ma le altre si intercalano a questa con grande naturalezza.Lasciando per un attimo in sospeso l’analisi delle varie componenti del gioco, vediamo quali sono i tratti generali che, comunque, contraddistinguono The Chronicles of Riddick in ogni suo momento. Per primo quello che dobbiamo sottolineare è proprio l’aspetto della fuga. In ogni istante, infatti, si respirerà questa sensazione. La sensazione di non stare bene, di voler essere liberi, di lasciare l’oppressione delle mura di Butcher Bay. Questo si ripercuote sul gameplay vero e proprio in maniera consistente: infatti, in qualsiasi momento sarà possibile aggirare i nemici di turno, cercando una via di uscita per fuggire o per passare inosservati. Diciamo che si tratta di un leit-motiv che si ripresenta per quasi tutto il corso del gioco, per ognuna delle impostazioni che a livello di gameplay ci vengono proposte nelle varie fasi di gioco. Un elemento in comune per tutte le fasi è, ovviamente, anche quello legato all’interfaccia. Da questo punto di vista, la cosa importante è legata al menu che ci presenta i vari aspetti della situazione che stiamo vivendo: quale missione dovremo portare a termine, quali oggetti abbiamo, la mappa del luogo dove ci troviamo. Il menu in questione si propone con animazioni ed effetti grafici di grandissimo livello ma, questa, come vedremo, è una costante di tutto il gioco. Le informazioni che ci fornisce sono molto utili, soprattutto quelle legate alle missioni da svolgere. Il gioco, infatti, nella versione italiana non è stato localizzato nel nostro idioma: è interamente in inglese. Per cui, chi non conosce a dovere la lingua, potrebbe non capire i tantissimi dialoghi che si svolgeranno nel corso del gioco e trovare rifugio negli schematici ordini che appaiono nel menu di cui stiamo parlando. Un discorso meritano anche i vari oggetti che troveremo nel corso del gioco. Molti di questi saranno fondamentali per andare avanti: ci riferiamo a chiavi di ogni tipo, arnesi per aprire tombini, oggetti che ci vengono richiesti per adempiere particolari commissioni. Mi è capitato due volte nel corso del gioco di non poter andare più avanti per la mancanza di un determinato oggetto. Purtroppo si tratta di un brutto errore, il quale potrebbe invalidare appunto tutta una partita. Restando nel discorso degli oggetti comuni a tutto il gioco, una frase la meritano anche i vari nanomed. Questi sono sparsi per tutta Butcher Bay e ci consentono di ripristinare il nostro livello di salute. Allorché adoperiamo uno di questi arnesi una nuova straordinaria animazione ci mostrerà quello che sta succedendo. Un discorso a parte merita anche il sistema EyeShine, un potere che consente a Riddick di vedere nel buio. Questo era mostrato anche nei due film, ma mai era stato spiegato come Riddick potesse averlo. Ebbene, sarà proprio Escape from Butcher Bay a svelarcelo e si tratterà di un qualcosa più di mistico che di tecnologico. Ad ogni modo l’EyeShine ci consentirà di muoverci anche al buio, il quale è molto frequente per quasi tutte le sezioni del gioco. Questo sistema si avvantaggia degli stupendi effetti di illuminazione che il motore grafico fornisce, soprattutto per quello che riguarda l’high dinamic range (HDR). Infatti, se una volta attivato l’EyeShine, sposteremo il nostro sguardo su una fonte di luce, resteremo abbagliati, proprio come succede allo stesso Riddick nei soliti due film.

Veniamo finalmente alle più volte citate varie sezioni del gioco. Sostanzialmente sono quattro: picchiaduro, stealth, azione con i mech, sparatutto. Queste si alternano in maniera casuale, senza un ordine ben preciso. Come abbiamo detto alcune sono più consistenti di altre, in particolare quella da sparatutto ci sarà proposta con maggiore frequenza. Cominciamo con le fasi da picchiaduro. In un gioco multi-genere come The Chronicles of Riddick di solito succede che alcune sezioni sono meno curate di altre. Potremmo dire che in questo discorso rientra la sezione da picchiaduro. Infatti, potremo solo scegliere tra quattro tipi di attacco e uno di difesa. Tutto si svolge con i pugni o, al limite, con qualche arnese contundente come cacciaviti, lime, mazze da baseball. Tuttavia, i vari scontri, se da una parte danno carisma al gioco per la loro violenza e crudezza, d’altra parte si rivelano abbastanza ripetitivi. Insomma, la fase picchiaduro è quella che abbiamo gradito di meno, in quanto indubbiamente porta ad un calo di ritmo, rispetto alla frenesia delle altre sezioni.

La sezione stealth è molto consistente all’interno del gioco. In alcune fasi, infatti, ci troveremo ad affrontare diversi nemici senza alcuna arma, avendo solo una soluzione: la fuga. In questi frangenti ripararsi nel buio diventa quindi di fondamentale importanza. Il nostro Riddick avrà comunque delle importantissime tecnologie che lo aiuteranno in queste fasi. Innanzitutto potremo entrare nella modalità stealth. Riddick si abbasserà e procederà carponi. In questa modalità il nostro sguardo cambierà colore: più si avvicinerà al blu e più saremo al riparo dallo sguardo delle guardie. Si tratta, insomma, di una bella innovazione, che non avevamo visto neanche nei grandi capolavori di questo genere. Nelle fasi stealth è molto importante anche la possibilità di ascoltare il battito cardiaco delle varie guardie, cosa che Riddick può fare avvicinandosi ad esse. In tutto questo è utile, forse anche troppo, la “tranquilizer gun”. Si tratta di una pistola che emette una scarica elettrica in grado di immobilizzare per qualche secondo gli avversari. Una volta a terra potremo, inoltre, assestare loro un poderoso calcio e ucciderli definitivamente. Dicevo che è anche troppo utile perché spesso è molto più conveniente utilizzarla piuttosto che cercare di imbastire complicate strategie di aggiramento dei nemici. Tra la pistola in questione e la possibilità di fuggire, sono rese praticamente invalide tutte le altre possibili strategie. Detto questo, bisogna anche dire che la fase stealth è probabilmente la più noiosa perché, proprio come per quella da picchiaduro, rovina un po’ il freneticissimo ritmo che comunque contraddistingue il resto del gioco. Detto questo un monito va fatto anche nei riguardi dell’intelligenza artificiale dei nemici, la quale è veramente deludente. Insomma, spesso non sapranno farci fuori anche quando diventa troppo facile per loro farlo o si bloccheranno perché noi stiamo eseguendo un’operazione non prevista da loro (ad esempio quando ricarichiamo la nostra salute). Insomma, si tratta di elementi che contrastano con la perfezione che caratterizza il resto del gioco, togliendo in parte l’estremo realismo che permea gli altri elementi.

Veniamo finalmente alle parti più frenetiche le quali, in virtù dell’impostazione di tutto il gioco, ci sono sembrate le meglio realizzate e, sicuramente, le più divertenti. In alcuni frangenti dovremo affrontare delle sezioni a bordo di enormi mech o, se volete, robot. Questi sono estremamente lenti, ma incredibilmente potenti e, soprattutto, dotati di una forza di fuoco impressionante. Insomma, percorrendo alcuni corridoi potrà capitare di vedere saltare il pavimento a causa dei nostri enormi piedoni o rompersi i vetri per i boati che causeremo. Inoltre, è veramente appagante poter far fuori decine di nemici in men che non si dica grazie agli enormi cannoni montati a bordo dei veicoli in questione. Il tutto diventa, probabilmente, ancora più sfizioso perché si tratta di robot che dovremo far fuori nel corso del gioco con le nostre mani, e quindi può risultare divertente, per una volta, tramutarsi da prede in cacciatori.

I romani dicevano “dulcis in fundo” e, volendo, è l’impostazione che abbiamo scelto per questa recensione. La parte più cospicua del gioco, la meglio realizzata e sicuramente la più divertente, è senz’altro quella legata alla canonica impostazione da shooter 3D. In questi frangenti il tutto è molto divertente ed estremamente frenetico. Le armi che avremo a disposizione sono poche, ma ottimamente realizzate. Si tratta della pistola, della mitraglietta, dello shotgun e del minigun. La mitraglietta e lo shotgun sono quelle che utilizzeremo maggiormente. La prima è veramente molto ben realizzata, ricordando da vicino quella già vista in Halo. E’ molto veloce ma poco precisa, cosa che ci costringerà ad utilizzarla con grande attenzione quando vorremo effettuare attacchi dalla distanza. Lo shotgun, come sempre, è più utile per gli attacchi ravvicinati, soprattutto con mostri non di natura umana. Il minigun è veramente spettacolare. Lo si raccoglie dai vari robot che abbattiamo e ricorda molto da vicino quello visto nei Terminator o negli Unreal. Si tratta certamente dell’arma più potente del gioco: è indispensabile per abbattere i robot quando dovremo affrontarli senza l’ausilio di altri mech. Riepilogando, si tratta di momenti di gioco ad alto contenuto adrenalinico, difficili da spiegare a parole ma veramente appaganti. Sparare contro tutto quello che si muove, cercare di far fuori i nemici con il minor numero di colpi possibili, vedere reagire ai nostri spari tutti gli oggetti che ci circondano, sono veramente elementi molto appaganti, che riescono a dare a The Chronicles of Riddick una personalità tutta sua.

Ve lo aspettavate un motore grafico così? Sinceramente, io no. La grafica di The Chronicles of Riddick è talmente stupefacente che non possiamo non metterla sullo stesso piano dei vari Far Cry, DooM 3, Half-Life 2. L’aspetto che colpisce di più è il fotorealismo che questa grafica riesce ad offrire. Soprattutto i modelli poligonali dei vari personaggi sono straordinari, sicuramente i migliori di sempre nella storia del videoludo. Essi sono ricoperti di effetti quali normal mapping che li rendono veramente realistici, sembra quasi di poterli toccare con mano. Dunque, il normal mapping è veramente eccezionale, anche se a volte dà la sensazione di eccessiva plasticosità. Ma si tratta, credetemi, di un pelo nell’uovo, in quanto il gioco spesso è praticamente fotorealistico. Tutto questo è corroborato anche da stupende illuminazioni, quasi ai livelli del campione per eccellenza in questo campo, DooM 3. Le illuminazioni danno quella sensazione di realismo che rende la grafica spettacolare, producendo ombre anch’esse di primissimo livello. Queste sono realizzate con il sistema stencil shadow, anche questo già visto in DooM 3. Quello che non si era visto nel capolavoro di John Carmack sono invece le soft stencil shadow. Si tratta di ombre più sfumate nei contorni, insomma ancora più attinenti a quello che succede nella realtà dove, ovviamente, le ombre non sono delle mere sagome nere. Le soft stencil shadow, però, come ci dice lo stesso gioco, sono attivabili solo con hardware GeForce 6 di nVidia, l’unico che ha in architettura il supporto allo shader model 3.0 al momento. Tuttavia, se da una parte The Chronicles of Riddick è il primo gioco ad avere un impatto visivo diverso tra schede nVidia e ATi, bisogna dire dall’altra che l’attivazione delle soft stencil shadow comporta un notevole abbattimento delle prestazioni con qualsiasi scheda nVidia. Insomma, è praticamente impossibile giocarci se non a patto di accettare un frame rate veramente basso e, ovviamente, disabilitando i filtri. Insomma, per concludere il discorso, il motore grafico realizzato da Starbreeze è veramente impressionante, per alcuni aspetti il migliore in assoluto. C’è qualche difetto legato a qualche imprecisione nel sistema di ombre e in alcune animazioni, che a volte sono troppo ripetitive e a volte danno la sensazione di essere incollate fra di loro in maniera forzata. Detto questo, e considerato che comunque ci vuole un hardware di ultima generazione o quasi per muovere tutto questo ben di dio, l’aspetto grafico è sicuramente ai vertici di quanto si possa raggiungere oggi con la tecnologia a nostra disposizione.Per quanto riguarda l’audio, anche qui siamo su ottimi livelli. Eccezionali gli effetti sonori, il parlato che vanta le voci, tra gli altri, di Vin Diesel, Cole Hauser e Ron Pearlman, le musiche. Queste ultime sono veramente d’atmosfera, ricreando e la claustrofobia dell’ambientazione del gioco e la frenesia da film di azione dal quale prende le mosse ovviamente il prodotto di Starbreeze. Ricordiamo, infine, che The Chronicles of Riddick è commercializzato in Italia solo nella versione originale parlata in inglese e non è prevista una localizzazione nel nostro idioma.

HARDWARE

Requisiti minimi: Processore da 1,8 Ghz o equivalente, 256 MB RAM, scheda video compatibile DirectX 9 con 64 MB, 3,7 GB su disco fisso.

Requisiti consigliati: Processore da 2,6 Ghz o equivalente, 512 MB RAM, ATi Radeon 9700 o nVidia GeForce FX 5900.

MULTIPLAYER

Assente.

– Atmosfera perfettamente ricostruita

– Estremamente variegato

– Grafica impressionante

– Molto divertente in diverse sezioni

– Le parti dove non si spara risultano meno riuscite del resto del gioco

– Intelligenza artificiale scadente

– Breve

8.5

The Chronicles of Riddick: Escape from Butcher Bay è certamente un validissimo prodotto, capace di regalare grandi sensazioni per la sua angosciosa atmosfera, per la sua grafica da primato, per il divertimento che riesce ad offrire, per l’elevatissima varietà di ambientazioni e approcci di gioco. Insomma, si tratta di una di quelle sorprese a ciel sereno, di quei giochi che non aspetti per anni e che comunque riescono a darti le stesse sensazioni di tanti capolavori annunciati. Certo, c’è qualche difetto. Non abbiamo apprezzato le variazioni in termini di ritmo e di qualità tra alcune sezioni ed altre. In particolare, quelle da picchiaduro e da steatlth ci sono parse più approssimative se paragonate a quelle dove si deve sparare a tutto ciò che si muove, che insomma sono il vero motore del gioco. Per il resto va criticato anche il sistema di intelligenza artificiale, veramente scadente, e l’eccessiva brevità del tutto: sarà veramente difficile che l’esperienza a The Chronicles of Riddick duri più di un week-end. Per il resto, come detto, si tratta di un gioco certamente da comprare per diversi aspetti e per una qualità generale, certamente, ben al di sopra della media.

Voto Recensione di The Chronicles of Riddick - Recensione


8.5