Recensione

Syndrome

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a cura di Francesco Ursino

Lo studio Camel 101 propone il suo ultimo progetto, chiamato Syndrome, che promette di trasportare il giocatore “in un vero e proprio inferno all’interno di un’astronave maledetta”. Se la premessa stuzzica il vostro lato più masochista, fareste bene a continuare la lettura di questa recensione, che svelerà tutti segreti di questo survival horror.

Un lungo sonno ristoratore…o forse noAbbiamo approcciato Syndrome con un certo interesse, considerati anche i parziali riconoscimenti già attribuiti al titolo, protagonista di alcuni award dedicati anche alla scena indipendente. Appena avviato l’eseguibile, allora, ci siamo ritrovati all’interno di un’atmosfera da survival horror estremamente familiare. Nel gioco, infatti, impersoneremo tale Galen, risvegliatosi dopo un lungo sonno criogenico a bordo della Valkenburg, una nave spaziale dotata delle migliori tecnologie, e facente parte della flotta Novacore. Ovviamente, una volta riaperti gli occhi scopriremo che la situazione della nave è completamente andata a rotoli; i rumori sinistri e gli inquietanti ambienti vuoti suggeriranno fin da subito che i nostri compagni di viaggio sono dispersi (o peggio), e che qualcosa si è impossessato della struttura stessa. Il ritmo narrativo di Syndrome è volutamente compassato, specie all’inizio del gioco, ma un elemento ha provveduto a ravvivare lo sciogliersi nell’intreccio; fin dai primi minuti, infatti, siamo stati raggiunti dalle trasmissioni radio provenienti dai membri superstiti dell’equipaggio, che però ci hanno fornito informazioni contraddittorie. Un po’ impensieriti, abbiamo così preso a girovagare per la Valkenburg, in preda all’oscurità ed a rumori veramente sinistri. Come se non bastasse, dopo poco abbiamo iniziato ad assistere a degli strani momenti di trance, in cui il nostro povero protagonista ha cominciato a sentire delle voci non definite suggerenti parole sfuggenti. Sapevamo fin dal principio che avremmo dovuto affrontare dei mostri sulla nave, ma l’incipit volutamente lento del gioco dà modo di chiedersi cosa mai possa essere successo ai membri dell’equipaggio; non vogliamo spoilerare alcunché, ma è pur giusto dire che i nostri ex colleghi saranno ancora presenti sulla Valkenburg, sebbene in forme leggermente più aggressive del normale. I nostri obiettivi, dunque, saranno tre: riuscire a rimettere in funzione la nave, salvare i nostri compagni ancora in vita, e cercare di non venire maciullati dai mostri.

Confusioni spazialiPasseggiando per i tetri corridoi della Valkenburg ci siamo scoperti a fischiettare con insistenza le note degli accordi di Brain Damage dei Pink Floyd, soprattutto nella parte che recita: “There’s something in my head, but it’s not me”. Questo perché Syndrome in qualche modo parla proprio di un nemico strisciante che, volente o nolente, ha probabilmente occupato la mente degli ex colleghi di Galen, e forse anche la sua. La narrativa, dunque, si mantiene su livelli sufficienti, nonostante le premesse narrative veramente comuni, per non dire banali, su cui poggia la produzione Camel 101. Che dire, però, del gampelay? In questo ambito l’analisi si fa più complicata. Di base, il gioco è un survival horror in prima persona dalla struttura tradizionale, e con un livello di difficoltà che non deve essere preso alla leggera. Dovremo esser bravi, perciò, a sgattaiolare furtivi dalle grinfie dei nemici, ad orientarci negli ambienti claustrofobici della nave, ma anche a capire come agire per arrivare agli obiettivi posti di volta in volta. Fin da subito, è possibile notare una certa tendenza all’uso di quello che non è definibile un vero e proprio backtracking, quanto uno sfruttamento piuttosto beffardo degli spazi. Molto spesso, infatti, verrà indicato al giocatore di recarsi in un determinato luogo all’interno di uno degli otto ponti della nave, per poi tornare indietro, prendere l’ascensore, e spostarsi su un altro livello. Dopo aver fatto ciò, in sostanza, ci è stato spesso richiesto poi di effettuare il viaggio all’inverso, ma per raggiungere stanze differenti. Va detto che per orientarci avremo a disposizione solo la mappa di gioco, e nessun’altra indicazione di sorta: il tutto, quindi, presenta una certa difficoltà, specie durante le prime fasi di adattamento. La sensazione, in questo ambito, è che si sia allungato il brodo in maniera un po’ fastidiosa, e la cosa diventa ancora più evidente nel momento in cui arriveremo a contatto con i mostri. Il primo incontro avviene dopo circa un’ora, e gioca molto su alcuni degli espedienti che verranno riproposti anche nel prosieguo del titolo. Tra questi troviamo la mancanza improvvisa (così come l’arrivo) dell’illuminazione, l’utilizzo di rumori sinistri anche nelle aree tutto sommato vuote e sicure, l’utilizzo accorto della velocità, così come della lentezza delle minacce. Le tipologie di nemici che si incontreranno saranno abbastanza varie, e tutte con determinati punti deboli. Ovviamente non è nostro obiettivo fare luce completamente sulla sfida posta, ma è pur vero che la diversità di avversari è uno dei punti cardine del gameplay di Syndrome. Accanto a mostri lenti e capaci di sentire i nostri passi solo da breve distanza, trovano posto obbrobri con gli occhi di un rosso luccicante, molto veloci e tenaci. Esistono poi varianti ibride, per una metà organiche e per l’altra robotiche, che pur essendo prive di vista posseggono un udito superiore, ed anche un grado di pericolosità decisamente maggiore. Ma non basta: abbiamo anche androidi e robot, per un quadro complessivo che restituisce una varietà apprezzabile, ed una longevità che si attesta tranquillamente tra le dieci e le quindici ore.

Le pistole non servono a risolvere i problemiIn generale, l’unica strategia vincente contro i mostri è quella di scappare, o di nascondersi nei vari armadietti presenti. Lo sfruttamento delle ombre, infatti, non ci ha sempre convinto; molte volte, ad esempio, siamo stati scoperti anche se rintanati negli anfratti bui, in special modo dopo che eravamo riusciti ad eludere già una prima volta i mostri. Le stesse deformità, da parte loro, sembrano comunque poco propense ad allontanarsi molto dai punti strategici in cui sono posti di volta in volta, risultando almeno all’inizio abbastanza facili da superare. Il discorso cambia quando ci si imbatte in ambienti popolati da minacce di diverso tipo, e dunque con diversi metodi di attacco. Dobbiamo dire che il titolo, dopo circa due ore, dà al giocatore la possibilità di ottenere una prima arma da fuoco. Le munizioni, però, saranno sempre molto scarse, ed avranno un effetto limitato. La tipologia base di nemico – se così possiamo chiamarla – richiede circa cinque colpi di pistola prima di andare al tappeto, pari ad una quantità abbastanza spropositata se si pensa al numero di munizioni che è possibile racimolare. Vero è che il gioco dà anche la possibilità di distrarre i nemici lanciando oggetti in direzione opposta alla nostra, ma questa scelta si rivela veramente scomoda in molte occasioni. Questo perché nel momento in cui si tiene in mano un oggetto, scompare misteriosamente la possibilità di richiamare la mappa di gioco, elemento indispensabile e che andrà consultato continuamente per evitare di perdersi. Non appare molto ispirata, inoltre, la scelta di dover tenere premuto il tasto apposito per far accucciare il personaggio, di modo da far meno rumore e da sfruttare i passaggi costituiti dalle prese d’aria. Sono questi e altri piccoli particolari, legati anche al modo in cui i nemici prendono coscienza della nostra presenza, o all’impossibilità di mappare i comandi via tastiera e pad, che ci spingono a dire che il gameplay di Syndrome è tutto sommato “grezzo”, dotato di idee piacevoli, ma forse eseguite in maniera a volte poco precisa. Anche il sistema di salvataggi, basato sull’utilizzo di terminali sparsi per la nave, presta il fianco a qualche critica, relativa soprattutto alla sistemazione degli stessi elementi per gli ambienti della Valkenburg. A volte, infatti, il consiglio è quello di deviare dal percorso principale identificato per arrivare al proprio obiettivo, proprio per scovare il checkpoint più vicino. Vale la pena spendere qualche parola, poi, sull’interfaccia di gioco, che si presenta funzionale ed assai minimalista; trovano posto una barra per la salute, una per lo scatto, nonché l’indicatore dei proiettili a nostra disposizione, e altri segnalatori relativi agli oggetti da noi impugnati (come torce, strumenti per l’hacking, e via dicendo).

Ombre che vanno, ombre che vengonoLa presenza di chiari trigger all’intero dell’azione di gioco è evidente: dopo aver compiuto una determinata azione, spesso coincidente con il raggiungimento dell’obiettivo richiesto, il titolo proporrà l’arrivo di nemici e mostruosità varie, da cui è bene difendersi. In questo senso Syndrome è un gioco semplice da interpretare, e che però ha saputo ben impressionare sul piano estetico. La grafica tridimensionale del gioco, infatti, riesce a proporre ambienti definiti e texture soddisfacenti, tranne nel caso forse di certe tipologie di nemici. Buono l’uso degli effetti di illuminazione, con cui gli sviluppatori hanno giocato per ottenere scene piene di suspense. Dobbiamo segnalare però che in alcuni casi la realizzazione delle ombre non è proprio ai massimi livelli (specie dove vi sono fiamme), ma in generale il titolo si difende discretamente sotto questo aspetto. Lo stesso si può dire dell’audio: i versi dei mostri fanno il loro sporco lavoro, così come il sottofondo audio. C’è da dire, a questo proposito, che forse sarebbe stato meglio fare un po’ più attenzione ai rumori inseriti nei loop che è possibile ascoltare, e che includono passi di mostri che, spesso e volentieri, non sono presenti nelle vicinanze. Non sempre ispirate, invece, le animazioni. Nel momento in cui i nostri nemici erano ignari della nostra presenza, in alcune occasioni, abbiamo potuto scorgere la loro figura completamente ferma ed immobile; l’unico segnale di vita – se così si può chiamare – era solo il loro spietato grugnito. Esistono dei chiari problemi tecnici poi che, purtroppo, dobbiamo riscontrare. Il gioco sconta alcune inesattezze di programmazione che hanno portato, in casi comunque isolati, a crash abbastanza brutali, ma anche a cali drastici di frame rate, che da 60 fps scendeva in maniera brusca sotto la soglia dei 30 per poi tornare ai livelli abituali. Non è mancato lo stuttering, e qualche incertezza nei casi di riduzione a icona (che in un episodio ci ha costretto – non senza qualche improperio – a ricaricare un salvataggio effettuato molti minuti prima).

HARDWARE

Requisiti minimi:Sistema operativo: Windows Vista 64-bit Processore: Core i3 / AMD A6 2.4Ghz Memoria: 4 GB di RAM Scheda video: NVIDIA GeForce GTX 260 / AMD Radeon HD 5750. OpenGL 3.3 Memoria: 9 GB di spazio disponibile

Requisiti consigliati:Sistema operativo: Windows 7 64-bit Processore: Core i5 / AMD FX 2.4Ghz Memoria: 8 GB di RAM Scheda video: NVIDIA GeForce GTX 480 / AMD Radeon HD 5970. OpenGL 3.3 Memoria: 9 GB di spazio disponibile Nota: il solo pad supportato è quello Xbox One

– La varietà di nemici può costringere a diverse tattiche

– Buoni i comparti audio e video

– Livello di sfida piacevole

– Obiettivi spesso ripetitivi e che costringono a tornare spesso sui propri passi

– Alcune scelte di gameplay non ci hanno convinto molto

– Nette imprecisioni sul comparto tecnico

6.0

Syndrome è un survival horror che mostra in maniera abbastanza netta i suoi punti di forza e le sue debolezze. Accanto ad una varietà di nemici tutto sommato elevata, e ad un livello di difficoltà piacevole, trovano posto alcune inesattezze tecniche e di gameplay che fanno trasparire il carattere tutto sommato indipendente della produzione. Le dinamiche survival, infatti, si scontrano con una certa ripetitività degli obiettivi, e con alcune dinamiche di gioco che non aiutano a rendere più piacevole l’esperienza. Anche il comparto tecnico, che può fregiarsi di buone performance estetiche e sonore, presenta una certa dose di problematiche che si spera verranno risolte con patch aggiuntive. Nel complesso, siamo davanti ad un survival horror che propone discrete dosi di tensione e diverse buone idee, sviluppate però a volte in maniera un po’ imprecisa. Se amate il genere, pur con le dovute cautele, potreste prendere in considerazione l’acquisto.

Voto Recensione di Syndrome - Recensione


6