Recensione

Suikoden IV

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a cura di Fabfab

Curiosamente, nonostante sia assai meno famosa del solito Final Fantasy, la saga di Suikoden è una delle poche serie storiche di giochi di ruolo giapponesi ad aver raggiunto il suolo europeo: i primi due capitoli arrivarono da noi ai tempi della PSOne (il secondo venne addirittura tradotto in italiano), mentre per le console di nuova generazione dopo aver saltato (ahinoi) il bel terzo capitolo, ecco arrivare il quarto, con la sua sfolgorante ambientazione marinara che tanto ricorda One Piece e con i sottotitoli interamente localizzati in italiano!

Il gameplayLa saga di Suikoden é sempre stata ritenuta un’ottima serie di jrpg, che mai ha deluso le aspettative degli appassionati: niente di strano, dunque, che molti attendessero con ansia questo quarto capitolo.La trama è ambientata un centinaio di anni prima degli altri capitoli, quindi il gioco può essere tranquillamente fruito anche da chi si approcci per la prima volta alla serie; nei panni del solito protagonista dal passato misterioso ci troveremo quindi ad affrontare intrighi, misteri e rivalità fra nazioni. A differenza che nei giochi di ruolo tradizionali, in Suikoden è possibile arruolare fino a 108 compagni diversi, ognuno caratterizzato da diverso aspetto, motivazioni e capacità; alcuni di loro fungono da mero supporto, mentre altri potranno fiancheggiarvi durante gli scontri. Proprio l’arruolamento appare come una delle cose più interessanti ed impegnative del gioco, perché se alcuni dei personaggi si uniranno a noi semplicemente col procedere della trama, molti altri andranno “conquistati” risolvendo apposite quest. Inoltre i vari compagni interagiscono tra loro ed inserire due personaggi affini in combattimento può dare vita ad attacchi combinati.Il sistema di gioco è piuttosto tradizionale, ci sono fasi di esplorazione, combattimenti casuali, dialoghi senza possibilità di interazione (salvo pochissime, trascurabili eccezioni), una trama principale e numerose sub-quest. Purtroppo una delle prime cose che si notano dopo poche ore di gioco è l’assoluto anonimato del protagonista (che non ha nemmeno un nome suo di default, visto che spetta al giocatore “battezzarlo”), quasi privo di una personalità propria in grado di coinvolgere il giocatore, difetto maggiormente evidenziato dalla discutibile scelta di non farlo parlare mai direttamente: mentre tutti gli altri personaggi sono doppiati e si perdono spesso in lunghe discussioni, l’eroe se ne sta quasi sempre zitto, senza una propria voce ed esprimendosi quasi sempre solo con brevi frasi.In compenso la trama é davvero interessante e piacevole da seguire, nonostante la linearità tipica dei gdr giapponesi: paradossalmente i peggiori sono proprio i primi istanti di gioco, che potrebbero scoraggiare chi si aspettava un prodotto innovativo, ma per fortuna le cose si fanno man mano più interessanti col procedere del gioco. Il mondo di Suikoden IV è diviso in un’infinità di isolette liberamente esplorabili dal giocatore una volta scoperte: in qualsiasi momento è possibile abbandonare per il tempo che si desidera la storyline principale e dedicarsi alle missioni secondarie, o ad uno dei moltissimi giochini sparsi qua e là (lotterie, giochi di carte, mah-jong, dai, ecc.).

I combattimentiPer quanto riguarda i combattimenti, questi appaiono a dir poco obsoleti! Innanzitutto sono casuali, una formula introdotta tre generazioni fa per console sulle quali era impossibile visualizzare molti sprite contemporaneamente su schermo, ma che ancora oggi molti programmatori si ostinano a riproporre nonostante la formula sia ormai detestata dalla maggior parte dei giocatori: inoltre la frequenza con cui questi avvengono è a dir poco irritante, visto che di solito tra uno e l’altro non passano che pochi secondi, ostacolando seriamente l’esplorazione. In secondo luogo, i combattimenti sono a turni e statici, nel senso che i contendenti se ne stanno fermi uno di fronte all’altro fino a quando non è il momento di portare il proprio attacco; le opzioni a disposizione sono davvero poche (attacco, attacco combinato, difesa, magia, oggetto o fuga) e di solito non c’è molto da fare se non scegliere di attaccare con un’arma piuttosto che con la magia.Gli incantesimi sono collegati alle rune possedute dai vari personaggi, ognuno dei quali non può portarne più di tre; la loro natura è elementale (acqua, fuoco, terra, fulmine…), quindi possono risultare più o meno efficaci a seconda dell’affinità con gli elementi posseduti dai bersagli.Dopo ogni battaglia si ricevono parecchi punti esperienza: in effetti passare di livello è piuttosto semplice e bastano davvero pochi scontri, una scelta probabilmente dettata dalla necessità di rendere agevole il livellamento di 108 personaggi e l’interscambio tra gli stessi all’interno del party del giocatore, ma che finisce per danneggiare la godibilità del prodotto. Che senso ha, infatti, inserire combattimenti casuali tanto frequenti se poi basta sconfiggere un mostro superiore per avanzare di molti livelli alla volta? Si finisce con l’affrontare per lo più avversari troppo deboli, che non danno alcuna soddisfazione.L’unica variante a questa formula (che però incontrerete pochissime volte nel gioco) è il duello 1 contro 1, che si svolge secondo le regole della morra cinese e nei quali contano sostanzialmente solo intuito e fortuna.

Solcare i mariEssendo il gioco ambientato in un mondo costellato di tante piccole isole, la navigazione rappresenta un elemento essenziale dello stesso.Innanzitutto spostarsi da una città all’altra richiede necessariamente l’utilizzo di una nave; la navigazione avviene in tempo reale, come in “Zelda: The Wind Waker” per GameCube, e non c’è modo di velocizzare il trasferimento, durante il quale verremo rallentati dai continui combattimenti casuali (che avvengono nelle stesse identiche modalità di quelli a terra).Il sistema di controllo della nave è inoltre estremamente (ed insensatamente) macchinoso: il timone è troppo sensibile ed è facile “far sbandare” la nave solo perchè si eccede leggermente con la pressione dell’analogico mentre si decide la rotta. Inoltre ogni isola è circondata da misteriose barriere invisibili che hanno la capacità di respingere le imbarcazioni come un muro di gomma, a volte mettendole del tutto fuori rotta: per attraccare è necessario trovare l’unico varco sgombro da ostacoli, generalmente posizionato davanti alla città, obbligando il giocatore e lunghe e noiose circumnavigazioni…In alcune situazioni predeterminate, inoltre, il giocatore viene chiamato ad affrontare vere e proprie battaglie navali. In questo caso la visuale dalla terza persona si sposta in alto, a volo d’uccello, mentre il campo di battaglia viene suddiviso in una griglia sulla quale spostare i nostri vascelli ed ordinare loro di cannoneggiare i nemici. Sebbene vagamente simili a quelli di “Final Fantasy Tactics”, in realtà gli scontri navali sono estremamente semplici da gestire e, soprattutto, da vincere: l’unica accortezza che si richiede è, prima di una battaglia, di verificare l’elemento runico dei cannoni avversari, quindi scegliere un nostro cannoniere con l’elemento opposto e confliggente. In questo modo noi faremo il massimo danno mentre i nemici non riusciranno quasi a toccarci! Insomma, l’idea poteva essere carina, ma le battaglie presenti nel gioco sono poche e troppo facili per poter influire significativamente sulla giocabilità.

TecnicaPer quanto riguarda la ci troviamo davanti ad alti e bassi. I personaggi, realizzati con uno stile che richiama i cartoni animati giapponesi (anime), sono molto belli, dettagliati nei volti e nell’abbigliamento e realistici nei movimenti; le tipologie proposte variano dai normali umani ad elfi, sirene, gatti antropomorfi e così via. Al contrario mostri e personaggi secondari difficilmente rimangono nella memoria, ma quel che più sconcerta è la bassa qualità delle textures utilizzate per le ambientazioni, alcune originali, altre meno, ma tutte ugualmente spoglie, tristi da vedere e troppo statiche: le città hanno pochissime locazioni interattive (in genere locanda e negozi) e finiscono per dare una sensazione di “finto”, di scenografia allestita per il giocatore piuttosto che di luogo pulsante di vita. Lo stesso problema riguarda anche le navi, pezzi di legno galleggianti tutti uguali tra loro con bandiere che garriscono al vento e vele assolutamente immobili.Senza incertezze, invece, il comparto audio: la colonna sonora è per lo più apprezzabile, il doppiaggio inglese apprezzabile (pur se non molto coinvolto), i suoni d’ambiente assai efficaci e i sottotitoli italiani ben fatti e affidabili nella traduzione.La longevità varia di molto a seconda degli obiettivi che ci si pone: portare a termine il gioco senza perdere tempo con gli obiettivi secondari richiede meno di trenta ore, un tempo tutto sommato insoddisfacente per un gdr. Ma se decidete di arruolare tutte le 108 stelle e di affrontare i vari giochi di abilità e fortuna sparsi in giro per il mondo allora il tempo di completamento si riporta su livelli discreti…

– Bella storia

– Ben 108 personaggi

– Localizzato in italiano

– Troppi combattimenti casuali

– Protagonista anonimo

– Sistema di navigazione macchinoso

– Nessuna reale innovazione

7.0

Suikoden IV si rivela, alla prova dei fatti, un gioco di ruolo assai tradizionale e, paradossalmente, meno innovativo del terzo episodio della saga: le poche novità sono per lo più trascurabili e implementate in maniera non del tutto convincente (gli spostamenti per mare, le battaglie tra navi), mentre alcuni scelte di gameplay risultano davvero poco felici o obsolete (l’anonimo e muto protagonista, i combattimenti casuali, la facilità degli stessi). A parziale contropartita segnaliamo un trama più che discreta e ben 108 compagni da trovare e arruolare.

In definitiva il titolo Konami non è un brutto gioco, anzi, ma non possiede nemmeno un punto di vera forza, che lo aiuti a distinguersi dalla concorrenza e a non passare inosservato: visto che é anche localizzato in italiano potrebbe rivelarsi un buon acquisto per gli appassionati, purché consapevoli dei limiti del prodotto.

Voto Recensione di Suikoden IV - Recensione


7