Star Wars: Gli Ultimi Jedi - o del perché non è tutto da buttare

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a cura di Marcello Paolillo

Senior Staff Writer

Pochi giorni fa, la nostra recensione di Star Wars: Gli Ultimi Jedi – senza spoiler – ha fatto il punto della questione circa la validità di un film nel quale molte cose andavano corrette o evitate, capace sì di stupire, ma anche di deludere profondamente l’appasionato storico della saga (leggasi, il nostalgico incallito). Ora, questa nuova analisi con spoiler (o controrecensione, in base a come volete inquadrarla voi lettori) è scritta per bilanciare la questione, per far pendere l’ago della bilancia dalla parte opposta, il “Lato Oscuro” di chi il film l’ha percepito in maniera differente, giustificandone le scelte narrative e la direzione artistica. Questo perché, non smetterò mai di ripeterlo a costo di sembrare ripetitivo, Gli Ultimi Jedi saranno i primi.

Ovviamente, la lettura di questo articolo implica non solo che voi abbiate visto il film, ma anche che siate pronti a leggerne il “tessuto” narrativo, andando oltre il giudizio freddo e imparziale di un fan fondamentalista, cosa che chi scrive non pensa di essere. Tutt’altro. Ma andiamo per gradi, perché Star Wars: Gli Ultimi Jedi è innanzitutto un film sul concetto di morte: per tutta la durata della pellicola assistiamo a una vera e propria decimazione di personaggi più o meno importanti. Si va dal Leader Supremo Snoke, dilaniato dalla spada laser per mano di Kylo Ren, passando per Captain Phasma, uno dei villain esteticamente più belli di sempre (ed è un peccato averlo visto per così poco tempo sul grande schermo) passando per lo stesso Luke Skywaler e il suo “sacrificio finale”, come Ben Kenobi prima di lui. Insomma, la morte in Episodio VIII appare quasi a intervalli regolari, come a volerci ricordare che nulla è eterno e tutto svanisce. O forse no, perché Star Wars: Gli Ultimi Jedi è anche un film sulla vita e sul senso dell’amore: il fondamento secondo il quale un “sacrificio” non è necessariamente un atto da compiere a cuor leggero (la sequenza finale di Finn, intenzionato a distruggere l’arma laser della Morte Nera), è un grido che per tutta la durata della pellicola Rian Johnson sembra sottolineare a più battute. La morte di Han Solo ne Il Risveglio della Forza è stata infatti un monito per tutti i personaggi de Gli Ultimi Jedi, desiderosi di sopravvivere quasi quanto di vedere il Primo Ordine fatto a pezzi una volta per tutte. A quanto pare, la strada per il raggiungimento dell’obiettivo dovrà aspettare un ulteriore capitolo. Nella migliore delle ipotesi. Poiché Star Wars: Gli Ultimi Jedi è un film sul nuovo che avanza: il discorso di Yoda a Luke, timoroso nel voler distruggere la “tradizione dei Jedi” con le fiamme della sua torcia, prende la basi del cambiamento e lo innesta all’interno della nuova trilogia. La morte di Snoke, cattivo apparentemente invulnerabile ma allo stesso tempo palesemente malato e sofferente, è un segnale del fatto che un “Imperatore” la galassia lo ha già avuto e sconfitto una volta, e non vi è quindi alcun bisogno che la storia si ripeta. Così come Kylo Ren, nell’atto di distruggere la sua maschera, comprende che Darth Vader è unico e nessuno potrà mai eguagliarlo. Siete delusi dalla rivelazione dei genitori di Rey? Sappiate che non ce la raccontano giusta, poiché Kylo Ren potrebe fare riferimento ai “genitori adottivi” e non a quel qualcuno, di cui ancora ignoriamo l’identità, che la giovane sembra non voler abbandonare nel flashback de Il Risveglio della Forza. Ma è un qualcosa che scopriremo poi.

Il concetto di “nuovo” lo troviamo però anche e soprattutto anche nelle sequenze legate ai bambini, schiavi di un sistema corrotto e impotente ma desiderosi di credere nella “Forza”, intesa non come religione coi suoi limiti e blande illusioni, bensì come stimolo interiore capace di scatenare la vera “ribellione” verso un sistema che, se sovvertito, porterà finalmente equilibrio nella galassia. Non si tratta di “prescelti” destinati poi a cambiare le sorti di ogni cosa, bensì di una nuova generazione di Jedi lontani dal rigore quasi monastico della Vecchia Repubblica. E in questo, la scena finale del bambino che imbraccia una semplice scopa di legno come fosse un’arma, è emblematica circa il futuro di Star Wars.Al di fuori di queste modalità di lettura, comprese dal sottoscritto dopo una semplice prima visione del film, va rimarcato infine che Star Wars: Gli Ultimi Jedi è innanzitutto un film d’avventura cappa e spada. Molti tendono infatti a fraintendere la saga di Guerre Stellari come fantascienza in senso stretto. Niente di più sbagliato: sin dall’incipit iniziale (“Tanto tempo fa”, quasi come fosse un racconto fantasy medievale) si percepisce che la storia raccontata avrà toni e sviluppi surreali, allontanandosi dal realismo storico di uno Star Trek qualsiasi. Chi critica Gli Ultimi Jedi come “incoerente” deve solamente capire che la coerenza non è mai stata di casa nell’universo creato da George Lucas nel lontano 1977. Androidi parlanti, vermi giganteschi, ributtanti alieni sovrappeso, animaletti pelosi che tirano pietre. E Jar Jar Binks. Tutto in Star Wars ha sempre avuto quel retrogusto vagamente kitsch, lontano dalla solennità di opere sci-fi di ben altra caratura. Ragion per cui: perché La Minaccia Fantasma sì e Gli Ultimi Jedi no? Lucas ha sempre e solo creato delle “divertenti avventure fantasy” incentrate sulla famiglia degli Skywalker, senza mai scomodare i grandi classici della fantascienza, cosa che puntualmente si percepisce anche in quest’ultimo film. Senza considerare che la pellicola di Rian Johnson si apre con uno dei combattimenti spaziali più belli dai tempi de La Vendetta dei Sith (dopotutto, parliamo pur sempre di “Guerre Stellari”, no?). Insomma, Star Wars: Gli Ultimi Jedi paga il dazio di essere un capitolo di transizione, e come tale il più complesso e difficile da gestire. Ma non per questo, il più brutto e inutile della saga. Nota a margine: i Porg sono un errore tanto quanto lo erano gli Ewok. Non fate finta di non ricordarli.

Lungo, a tratti spigoloso e difficile da digerire. Star Wars: Gli Ultimi Jedi tenta però di spezzare le catene con il passato proponendo di fatto un’avventura coraggiosa, divertente (sì, si ride e tanto) e ambiziosa nel voler cambiare le carte in tavola di una saga che ormai soffre particolarmente il peso del tempo e sente più che mai la necessità di cambiare. E il cambiamento è proprio lo snodo cruciale su cui si fonderà la saga creata da George Lucas da ora in avanti. Che vi piaccia oppure no.