Recensione

Star Wars: Galaxy of Heroes

Avatar

a cura di ParyKon

L’era di LucasArts è ormai conclusa da tempo. Con la dipartita di George Lucas dalla saga di Star Wars e l’acquisizione da parte di Disney, dopotutto, era inevitabile che prima o dopo anche i diritti videoludici passassero di mano. Il dolore per la morte della casa di sviluppo di Lucas è tuttavia più giustificato dai tempi d’oro della compagnia che dall’ultimo decennio: certo, qualche perla recente c’è stata, ma pare abbastanza palese quanto le produzioni anni 90 (con qualche eccezione, come i giochi basati sul motore grafico di Quake 3 e sull’Odyssey Engine) risultino le migliori nonché più iconiche del publisher. Viste le disponibilità economiche di Disney, i fans sperarono ardentemente che la saga venisse affidata (in termini videoludici) ad una software house a cui stesse a cuore il brand, più interessata alla creazione di prodotti di qualità che al mero riscontro economico. Purtroppo però, Star Wars passò sotto il controllo di Electronic Arts
Con il nuovo film di prossima uscita e la rinascita in pompa magna della serie, Disney tentò il tutto e per tutto per massimizzare i profitti. Una campagna pubblicitaria colossale venne affiancata alla produzione massiccia di merchandise, fumetti, serie animate e prodotti secondari; in un simile ambiente, era impossibile non aspettarsi uno sfruttamento del brand anche in termini di videogiochi. Oltre alla release di Battlefront (ad opera di DICE) come tripla A su console, dunque, perché non proporre qualcosa per colmare il vuoto su mobile? Quel qualcosa porta il nome di Star Wars: Galaxy of Heroes, titolo rilasciato in esclusiva (per fortuna) su iPhone e Android.
Caratteristiche principali
L’app si presenta sugli store come free to play; dopo mezzo minuto di caricamento ingiustificato (almeno quanto la necessità costante di una connessione durante il gioco), Galaxy of Heroes ci introduce le meccaniche di cui vanta per mezzo di un tutorial estremamente guidato ed esplicativo. Non che fosse poi strettamente necessario: se inizialmente il titolo può apparire complesso e denso di contenuti, in realtà basta qualche minuto per prendere confidenza con i menù e le meccaniche.
L’impatto grafico non è dei migliori: salvo i menù, ci si ritrova costantemente a fissare modelli poligonali da far invidia (a volte) alla PS2, inseriti in ambienti che a tratti sfigurano rispetto ai giochi di Star Wars di inizio 2000.
Fin da subito viene chiarito come uno degli scopi principali dell’esperienza risulti essere “Collezionare eroi e malvagi da tutta la galassia“.
Galaxy of Heroes infatti include una lunga serie di personaggi tratti direttamente dalle due trilogie (aggiornamenti futuri includeranno indubbiamente i protagonisti del nuovo film), ottenibili nel corso del gioco attraverso svariati sistemi. Sarà dunque necessario comandarli in battaglia, upgradarli e vincere partite “fino ad arrivare al top”.
L’aspetto fondamentale del gioco, insomma, riguarda essenzialmente le battaglie.
All’inizio il gioco ci regala due “data cards”: ognuna corrisponde ad un personaggio (in genere, un Jedi generico ed un clone) con cui affrontare il primo duello.
Il gameplay riprende lo scheletro del genere RPG a turni. Sì, “scheletro”, perché privato quasi interamente del grosso della componente RPG, lasciando spazio solo alle battaglie a turni che si ripetono incessantemente senza alcun legame di sorta, trama o altro. Un po’ come un vecchio Final Fantasy in cui si combatte e basta, solo, con molte meno opzioni, attacchi, strategia e sfida. Inizialmente, infatti, ogni personaggio potrà giusto utilizzare un attacco standard ed uno secondario (che si tratti di un attacco multiplo o di un’abilità speciale, come la rigenerazione dell’energia). Le sezioni riguardanti le battaglie, per quanto fulcro dell’esperienza, risultano nel giro di qualche ora piuttosto tediose; l’attenzione si sposta dunque in fretta al tentativo di collezionare quanti più personaggi possibili, piuttosto che al godersi i combattimenti in sé.
Nel gioco si susseguono dunque infinite serie di sfide molto simili tra loro, premiando costantemente il giocatore (per forza di cose in grado di superarle facilmente) con nuovi livelli, match sbloccati, personaggi, upgrades e simili. Il tutto risulta tuttavia afflitto dalla perenne sensazione di non star mai facendo alcun concreto progresso, considerando anche la lentezza estenuante nel collezionare i personaggi. Ben presto ci si rende conto di quanto sia bassa la difficoltà: gli scontri sono così facili e le opzioni così limitate da far spesso chiedere al giocatore, prima o dopo, se sia possibile vincere senza prestare realmente attenzione allo schermo, pigiando distrattamente a caso uno dei pochi comandi disponibili. Non solo è possibile: è persino permesso dal titolo, che attraverso un pulsante apposito essenzialmente “gioca” in autonomia, completando da solo le varie battaglie. 
…Lasciandoci ad assistere spiazzati ad un titolo la cui interazione con il giocatore è così rilevante da poter persino essere quasi del tutto annullata (grazie ad una meccanica apposta) senza grandi ripercussioni.
L’unico barlume di complessità generale va ricercato in due elementi ben specifici: le possibilità di personalizzazione del proprio team (ben più profonde di quanto possa sembrare inizialmente), nonché la customizzazione dei personaggi tramite equipaggiabili, i Gear (che permettono di sbloccare nuove abilità). Tutto sommato i contenuti in questo senso sono anche parecchi e ben approfonditi; mettendocisi d’impegno risulta infatti possibile creare feroci squadre letali dalle abilità varie e ben studiate. Peccato che venga presto da chiedersi a quale scopo dedicarci tante energie, considerando la facilità elevata del titolo nonché le scarse ricompense che può offrire pur impegnandosi considerevolmente.
Free to Play, nel bene (poco) e nel male
Completato il tutorial, il titolo impedisce di continuare a giocare: per farlo, infatti, è necessario affermare di aver letto ed accettato i termini imposti da EA. Niente di nuovo: accettare di cedere i propri dati, nome, genere, indirizzo mail, numero di telefono, indirizzo di residenza, cookies, data di nascita, modello di cellulare, indirizzo IP, nonché informazioni sulla propria carta di credito ad Electronic Arts, che a sua volta sarà in certi casi libera di condividerli con enti di terze parti.
Rassicurante, no?
Dopo la prima manciata di battaglie guidate dal tutorial, le meccaniche risulteranno ormai assimilate dal giocatore, che in cerca di contenuti impiegherà poco a rendersi conto di come il titolo vanti di circa 65 personaggi. Davvero parecchi, se solo ignorassimo la scarsa qualità dei singoli modelli (nonostante tutto piuttosto fedeli), l’assenza quasi totale dell’universo espanso (qualche esponente di spicco c’è, seppur nulla di eclatante), ed i numerosissimi cloni nel roster (no, non i cloni della saga -beh, anche quelli-, bensì personaggi essenzialmente uguali tra loro se non per via di piccole differenze, estetiche e non). È possibile potenziare i propri personaggi: per upgradarli le possibilità sono diverse, come prendere parte a sfide secondarie (non molto dissimili da quelle primarie, in realtà), tali da permettere un allenamento “tramite droidi” (che di base, aumenta alcune skills senza coinvolgere il giocatore). 
L’impronta pay to win della produzione salta fuori accedendo allo store; non ci vorrà molto a rendersi conto di come pagare risulti il modo più rapido per ottenere nuovi personaggi (che ad un certo punto, come detto diventa a tratti uno dei pochi motivi per il quale continuare a giocare). Il dlc più acquistato è apparentemente quello per ottenere 2800 cristalli al modico costo di 20 euro. Insomma, non solo c’è (molta) gente che include costanti acquisti nella propria esperienza con il titolo: la maggior parte di essi paga anche molteplici volte un dlc non esattamente economico, almeno nell’ottica di un titolo mobile.
…Il cui costo si aggira, se andiamo a vedere, a circa un terzo del valore del pacchetto che su Steam permette di portarsi a casa quattordici tra i migliori giochi di Star Wars mai concepiti (da Jedi Outcast a Battlefront 2, da Jedi Academy a The Force Unleashed).
Fortunatamente pagare non è effettivamente necessario al fine di fare progressi nel titolo: per tutti i non-paganti, c’è il grinding. Ore ed ore di infinite partite molto simili tra loro, caratterizzate da una facilità che sfiora il ridicolo ed una tediosità costantemente incombente.
In conclusione
Le ambientazioni, se riprodotte fedelmente (come in Battlefront), avrebbero almeno in parte risollevato un po’ il titolo; qui invece risultano spesso scialbe e graficamente datate, povere di poligoni, ma soprattutto talvolta totalmente incapaci di trasmettere il feel delle atmosfere originali.
L’unica cosa che probabilmente risolleva la produzione è il comparto audio, con effetti sonori simili nell’essenza a quelli sentiti nei film accompagnati da una soundtrack che riprende in parte alcuni dei brani più celebri direttamente dalla colonna sonora della saga. Piacevole punto a favore per gli amanti del brand, ma indubbiamente insufficiente a tenere in piedi l’intera produzione (anche considerando come la fanbase sia già stata viziata in precedenza da colonne sonore di videogiochi Star Wars prese pari pari dai film).
Risultano apprezzabili poi le piccole strizzate d’occhio ai fans, come l’implementazione di personaggi canonici del tutto trascurati nei film ma apprezzati nell’universo espanso, l’uso di determinate location per richiamare particolari scontri visti nella saga, l’inserimento di qualche personaggio amato seppur non canonico, nonché un uso consapevole di particolari effetti sonori o tracce audio.
Nulla di tutto ciò può, tuttavia, salvare un titolo free to play a tal punto tedioso, superficiale, ripetitivo fino alla nausea e -come se non bastasse- pensato evidentemente sul modello pay to win.

– Estremamente accessibile, oltre che gratuito

– Tracce audio e (numerosissimi) personaggi tratti direttamente dalla saga

– Sistema di creazione dei team ed upgrade dei personaggi convincente

– Qualche strizzata d’occhio ai fans

– Gameplay estremamente semplicistico

– Comparto grafico datato

– Microtransazioni essenziali ad evitare un grinding onnipresente

– Battaglie ripetitive e alla lunga tediose

5.0

Galaxy of Heroes porta il nome di uno dei brand più amati e popolari di sempre: spreca però l’occasione di onorare il nuovo film con qualcosa di realmente creativo e originale, presentandosi come ennesimo free to play senza mordente. Il titolo vanta di una buona quantità di contenuti, tenuti però in ostaggio da una formula estremamente ripetitiva e dipendente dal grinding (sempre che non ci si voglia investire un’ingente quantità di denaro, ovviamente). Può risultare piacevole per qualche partita quotidiana di una manciata di minuti, tuttavia è sconsigliato a tutti coloro che cercano un’esperienza seria, intensa, profonda o appagante. In definitiva, l’attrattiva principale risiede più nel marchio di Star Wars (ed il relativo fanservice) che nel gameplay in stile RPG a turni proposto dal gioco.

Voto Recensione di Star Wars: Galaxy of Heroes - Recensione


5