Star Citizen

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a cura di ParyKon

GTA V ha avuto un budget di 250 milioni circa. Una cifra colossale, che la compagnia è stata in grado di gestire egregiamente in più di 6 anni di sviluppo. Non è certo facile amministrare una somma simile, ma Rockstar ha gradatamente accumulato nel corso del tempo l’esperienza necessaria per poter condurre il mastodontico progetto ad un trionfante compimento. La casa di sviluppo non si è certo trovata con quel budget per caso o volontà divina: è infatti in gran parte quanto guadagnato col sudore dai titoli precedentemente rilasciati. Se andiamo all’indietro nella cronologia della compagnia, infatti, troveremo progetti sempre più modesti, ma in grado di vendere quasi sempre in maniera più proficua di quelli precedenti. Questo principio si applica fino agli esordi assoluti della software house, quando, prima di essere acquistata da Take Two, si chiamava ancora DMA Design; era un piccolo studio nato grazie ai fondi derivanti dalle vendite di un modestissimo gioco indipendente realizzato senza budget e da un singolo individuo, nei lontani anni ’80.
Ora, cosa sarebbe successo se quei 250 milioni fossero stati magicamente messi nelle mani della giovane DMA Design (in un periodo intorno al concepimento di Lemmings, ovvero verso il terzo/quarto gioco sviluppato dalla compagnia)? Sarebbero stati in grado di gestire un budget simile -migliaia di volte superiore a quelli al quale la software house era abituata- considerando le dimensioni ridottissime del team? Nonché la loro inesperienza cosmica? Ma soprattutto, tenendo a mente che essendo giunti grazie ad un incantesimo, rispetto alla situazione iniziale anche la perdita del 90% di quei soldi equivarrebbe comunque ad un profitto?
Solo un folle ci metterebbe la mano sul fuoco.
Per quanto ne sappiamo le magie non esistono, tuttavia esiste internet, quindi non è così assurdo che qualcosa di inconcepibile fino a 15 anni fa diventi al giorno d’oggi un’effettiva realtà.
La paradossale esistenza di Star Citizen ne rappresenta dopotutto una prova concreta.
Un po’ di storia
Finito il liceo, Chris  Roberts (ideatore di Star Citizen) si dedica alla creazione di piccoli videogames per conto della BBC (il famoso network inglese); verso la fine degli anni 80 torna negli USA, dove apparentemente ispira l’interfaccia della serie Ultima con il non altrettanto celebre Times of Lore. Raggiunge l’apice del successo con Wing Commander, simulatore di volo sci-fi per DOS, su cui torna a lavorare più avanti per un paio di seguiti, uno spin off ed un film (in grado di incassare un terzo del proprio budget nonché di totalizzare una valutazione pari a 10% su Rotten Tomatoes). Si dedica poi a Strike Commander, titolo presentato nell’estate del ’91 la cui uscita venne rimandata ripetutamente a causa di ritardi nella produzione. Cinque anni dopo fonda “Digital Anvil”, studio che lavora in sordina per anni per poi rilasciare Starlancer, per PC e Dreamcast, titolo accolto modestamente dalla critica. Poco dopo la società viene acquistata da Microsoft; Roberts abbandona lo studio, ma rimane parzialmente responsabile di un progetto in corso, “Freelancer”, la cui uscita era prevista per il 2001. Il gioco subisce numerosi rimandi e slittamenti, al punto da essere dichiarato vaporware; uscirà poi nel 2003, con alcune caratteristiche anche profondamente differenti dal titolo inizialmente promesso e pubblicizzato. Roberts fonda in seguito la Point of No Return Entertainment, allo scopo di produrre film, serie tv e videogiochi. Nessun progetto pianificato vedrà mai la luce; il developer fonda quindi Ascendant Pictures, co-producendo una serie di film hollywoodiani con una media tra il 33 ed il 62% su Metacritic.
Di Chris Roberts non si seppe più nulla, o almeno, nessuno poteva certo aspettarsi un suo ritorno all’interno dell’industria videoludica; riapparve invece nel 2011, co-fondando la Cloud Imperium Games Corporation, allo scopo di sviluppare un singolo, nuovo gioco.
Donazioni da record
Il progetto di Star Citizen vide la luce nell’ottobre del 2012, parallelamente ad una campagna di crowdfunding lanciata sul sito di Cloud Imperium Games -allo scopo di finanziare un titolo ambizioso, uno space sim con caratteristiche sandbox. L’obiettivo era essenzialmente quello di raccogliere una cifra tra i due ed i quattro milioni di dollari; il gioco avrebbe utilizzato come motore grafico il Cryengine 3.
Per incrementare le donazioni, venne lanciata (circa una settimana dopo) una seconda campagna, questa volta su Kickstarter; per farle finire contemporaneamente, la prima raccolta fondi venne estesa di quasi due settimane. Tuttavia, due giorni prima della conclusione, il progetto raggiunse il primato di gioco più finanziato tramite crowdfunding della storia, superando -con i suoi 6 milioni e passa- ogni record precedentemente stabilito. Fu forse questo a convincere la software house ad allungare ulteriormente la campagna sul proprio sito (che fino ad allora era riuscito a tirare sù circa 4 milioni).
Le potenzialità del progetto c’erano, ed il successo ottenuto fu probabilmente un fattore rilevante nella scelta che portò Chris Roberts ad aprire le porte nei confronti di un’eventuale ristrutturazione della natura stessa del gioco. La cifra raccolta ad oltranza dimostrava come la community fosse eventualmente disposta a continuare a supportare il titolo; tuttavia, risultava necessario promettere una serie di features extra allo scopo di incentivare marcatamente le donazioni.
Roberts riaprì dunque la raccolta fondi sul sito, dichiarando che qualora il progetto avesse raggiunto i 23 milioni, non sarebbe stato necessario coinvolgere sviluppatori esterni a Cloud Imperium Games. E fu circa a questo punto che Star Citizen iniziò a prendere una piega pesantemente più ambiziosa di quanto pianificato inizialmente.
Un gameplay per domarli, un gameplay per trovarli, un gameplay per ghermirli e nel buio incatenarli
Perché limitarsi ad un singolo stile di gioco, se le possibilità economiche permettono di implementarne diversi? Dopotutto, il progetto Star Citizen è probabilmente quanto di più anomalo visto finora all’interno dell’industria videoludica; fondamentalmente si tratta di un indie, con un budget sempre più vicino a quello di un tripla A, senza però essere soggetto alle direttive di analisti di mercato e capoccia vari a cui è inevitabile tener conto sotto le dipendenze di un publisher. 
Il titolo promette dunque di presentarsi come un MMO ambientato all’interno di un mondo persistente (un universo in costante evoluzione e metamorfosi, tanto ad opera dell’utenza quanto conseguentemente alle caratteristiche del gioco stesso). Sarà presente una componente FPS, nonché un complesso sistema economico definito “dinamico”, capace quindi di influenzare la playerbase quanto di venire influenzato dalle azioni dei giocatori, pur essendo focalizzato principalmente sugli NPC. Tra le possibilità offerte troveremo un sistema di commercio tale da consentirci di guadagnare una valuta in-game, spendibile per comprare, riparare ed upgradare navi spaziali. Anche fabbriche e miniere (utili a produrre materiale da utilizzare/vendere/scambiare) saranno acquistabili, similmente agli armamenti utilizzabili nelle varie modalità. Sì, perché all’esplorazione dell’universo si affiancheranno una serie di missioni e combattimenti a bordo di navi spaziali, con occasionali eventi scriptati per aggiungere un tocco di caratterizzazione al tutto.
I giocatori non saranno separati da differenti server, tuttavia verrà introdotto un sistema di matchmaking a istanze per permettere di scontrarsi in battaglie di varia natura; sarà possibile stabilire quanto rendersi visibili al resto dei players, così come approdare su pianeti “senza leggi” prendendo parte a sfide terrene. Nonostante ciò, è stata confermata la presenza di server privati personalizzabili a piacimento; anche determinate modalità relative alle sezioni FPS saranno marcatamente modificabili, adattandosi ai gusti dei giocatori. Il team di sviluppo ha dichiarato su Reddit come la componente dello shooting si ispiri a quella di titoli del calibro di Killzone, Rainbow Six e Counter Strike.
I players potranno aderire a fazioni o finire in determinate categorie legate al proprio comportamento in-game, creando vere e proprie divisioni con il resto dell’utenza (tali da sfociare talvolta in effettivi conflitti); si potrà scegliere di “darsi al crimine” diventando pirati o contrabbandieri, ma anche di lavorare per l’Impero -formalmente, United Empire of Earth Navy- arruolandosi come pilota militare per la difesa delle frontiere o aiutando come cacciatore di taglie. Ciò non impedirà uno stile di gioco più “tranquillo” come quello del semplice pilota o mercante/imprenditore spaziale.
Il fulcro dell’esperienza resta tuttavia l’esplorazione spaziale, resa (sulla carta) profonda e credibile quanto mai visto prima; non solo grazie ad un livello di attenzione per i dettagli apparentemente viscerale, quanto anche per il feel di trovarsi effettivamente in un vastissimo universo sandbox vivo e vibrante. 
Senza contare, poi, la resa grafica impressionante (non soggetta ai limiti delle console), l’intelligenza artificiale delle navi nemiche e non, nonché gli update settimanali -promessi dal team di sviluppo- atti ad introdurre costantemente campagne, missioni e nuovi elementi di gioco.
Sembra che il titolo intenda restare volontariamente lontano dal modello pay to win, e non richiederà alcun tipo di abbonamento. 
La carne al fuoco è tanta, forse troppa: la mole di contenuti annunciati è spropositata, e pare difficile credere che il tutto possa essere rilasciato all’interno di un singolo, gigantesco pacchetto. Infatti, si è deciso in corso d’opera di spezzettare il gioco in frammenti, resi disponibili all’utenza col passare del tempo.
Epopea modulare 
In un video pubblicato sul canale Youtube ufficiale di Star Citizen, Eric Peterson (presidente della produzione e sviluppo del progetto), ha definito il gioco “una serie di moduli culminante col lancio dell’universo persistente e Squadron 42”. Non è chiaro se la necessità di suddividere il gioco in segmenti -dalla release a cadenza variabile- sia dovuta all’impossibilità di gestire la quantità di contenuti o alla volontà di dare “qualcosa” in pasto ai fans nell’attesa della vera e propria release definitiva; quel che è certo, è che la società è già riuscita a fallire molteplici volte nel rilasciare i moduli entro le date inizialmente promesse, posticipando le release di mesi (se non indefinitamente).
Il primo modulo rilasciato è stato “Hangar”: essenzialmente, un grosso garage spaziale dove i backers possono passeggiare ammirando le navi spaziali acquistate, decorabili con svariati elementi esclusivi in base ai soldi donati al progetto. “Cammina in 3D. Entra (nelle navi). Invita i tuoi amici a vedere le tue navicelle”: così Chris Roberts presentò la prima porzione di Star Citizen in un’intervista per Venturebeat, nel febbraio del 2013. Entro l’agosto dello stesso anno, il modulo è finalmente stato reso scaricabile dagli utenti; tuttavia, come sottolineato da un articolo di Wired datato marzo 2015, “ad oggi il gioco non permette ai giocatori di visitare l’hangar degli altri”.
Il secondo è stato il modulo “Dogfighting”, rilasciato nel giugno del 2014 e rinominato conseguentemente “Arena Commander”. Stando alle parole di Roberts, sarebbe dovuto uscire nel dicembre del 2013; la release venne poi spostata a “poco dopo il reveal”, avvenuto nell’aprile dello stesso anno, ma il tutto è slittato una seconda volta. Consiste in una simulazione di battaglie spaziali con navicelle, contro un’IA avversaria o altri giocatori. Il dettaglio nel modello di volo offerto è encomiabile, con un focus sulla manovrabilità e realismo delle navi (soggette alla gravità ed agli effetti di una fisica credibile). Una modalità competitiva ed una basata su sfide di velocità sono state introdotte in un update.
Roberts dichiarò come il modulo fosse “indirizzato a tutti coloro che intendono provare le sensazioni dello svolazzare con l’astronave sviluppando tattiche specifiche all’occorrenza”; in realtà, il pacchetto non era molto distante da una tech demo, utile agli sviluppatori come stress test nonché per calibrare il bilanciamento del gioco.
Star Marine dovrebbe rappresentare il terzo modulo a venire rilasciato. È la componente FPS; verrà lanciato con due modalità, un deathmatch tra 16 giocatori ed una sfida a gravità zero in una gigantesca sfera di vetro con ostacoli fluttuanti. La community verrà divisa tra Marines e criminali, e sperimenterà un gameplay relativamente realistico, caratterizzato (ad esempio) da una particolare gestione della stamina. Gli ostacoli sparsi per la mappa potranno essere usati come punti tattici quanto come coperture; una modalità chiamata Sata Ball, con 32 giocatori, è stata annunciata ma rimandata ancora prima di potersi avvicinare alla data della release.
…Che, inizialmente, avrebbe dovuto aggirarsi intorno al 2013 (Roberts confermò un’anteprima per un momento non meglio specificato di quell’anno); in seguito, la beta venne fissata per la primavera del 2015, ma verso lo scorso giugno risultò abbastanza chiaro come il modulo non sarebbe stato rilasciato. Specie dopo una lettera, sempre da parte di Roberts, che parlava di problemi al gameplay tali da far rimandare il tutto in maniera indefinita.
Un ennesimo modulo, denominato “Ship Boarding”, è stato annunciato, ma ad oggi non sono stati resi noti particolari dettagli aggiuntivi.
Il cosiddetto modulo sociale, denominato “Planetside”, è stato descritto nel gennaio 2013 dal magazine videoludico tedesco GameStar: regalerà ai giocatori una maggiore interazione, permettendo ad esempio di visitare gli Hangar altrui. In aggiunta, sarà possibile “parlare con altri utenti al bar”, visitare negozi per comprare e vendere merce ed upgradare la propria nave, il tutto su un determinato pianeta. Il modulo non venne rilasciato nel 2014, come inizialmente promesso molteplici volte da Cloud Imperium Games. La release era prevista per un periodo antecedente all’introduzione della componente FPS, ma come sappiamo venne anch’essa posticipata.
Il nocciolo dell’esperienza
Star Citizen dovrebbe culminare poi con la release dei due pacchetti più massicci e consistenti del titolo: Squadron 42, l’alpha di una modalità singleplayer, e l’universo persistente, core effettivo dell’esperienza.
Teoricamente avremmo dovuto provare la beta del singleplayer (di fatto, una campagna chiaramente ispirata a Wing Commander) entro la fine del 2014, ma immagino abbiate compreso l’andazzo. 
La modalità, supervisionata dal fratello di Chris Roberts, sarà un effettivo gioco standalone rilasciato gratuitamente a tutti coloro che supportarono il titolo prima del lancio; utilizzerà frazioni di gameplay viste nei precedenti moduli, e verrà migliorato in base al feedback degli utenti. Per ora non si è visto ancora nulla di effettivamente concreto o anche lontanamente definitivo, ma la cosa è stata giustificata: stando alle parole di Roberts, la campagna sarà così immersiva e “ground breaking” che la software house non intende rivelare dettagli e contenuti circa trama, missioni e storia generale. Il modulo sarebbe iniziato con 10 missioni introduttive seguite da una decina di missioni rilasciate mensilmente, per un totale di 50 missioni disponibili entro il lancio vero e proprio. Almeno, questo è quanto promesso inizialmente.
Dopotutto, però, se le cose fossero andate secondo i piani annunciati, a quest’ora avremmo già concluso Squadron 42; pare invece che le tabelle di marcia siano nuovamente cambiate, dato che il numero di missioni totali è stato espanso (sulla carta) a 70 per un totale di 20 ore circa di gameplay. Sono già in programma due seguiti diretti del primo pacchetto episodi (in uscita -si spera- il prossimo anno), denominati “Squadron 42 Episodio 2/3: Behind Enemy Lines”, previsti per il 2016 e 2017.
La storia interattiva sviluppata in S42 riguarda un’unità militare d’elite, e vede il giocatore arruolarsi essenzialmente nel corrispondente spaziale dell’esercito. Roberts ha annunciato che “svariati capitoli si concluderanno con cliffhangers, come Flash Gordon”. Gli utenti avranno modo di destreggiarsi in combattimenti spaziali quanto in sezioni sparatutto; sarà anche presente un sistema di conversazioni tale da influenzare le relazioni con gli NPC. Anche la presenza di una modalità multiplayer cooperativa è stata confermata. 
Le azioni dei giocatori potranno premettere l’acquisizione di una “cittadinanza” nell’Universo Persistente di Star Citizen, tuttavia sarà possibile giocare a Squadron 42 senza addentrarsi nella parte più massiva del gioco.
A sorpresa di tutti, dopo i numerosi ritardi e le voci sempre più insistenti riguardo la gestione opinabile dei fondi da parte di Cloud Imperium Games, salta fuori che volti del calibro di Gary Oldman, Mark Hamill (Luke Skywalker di Star Wars), Mark Strong, Liam Cunningham (Davos Seaworth di Game of Thrones), Jack Huston, John Rhys-Davies (Gimli de Il Signore degli Anelli), Andy Serkis (Gollum/Smeagol), Harry Treadaway (the Lone Ranger), Gillian Anderson (X-Files), Sophie Wu (Kickass) e Gemma Whelan (Game of Thrones) prenderanno parte alla realizzazione di Squadron 42. La notizia ha avuto reazioni anche parecchio contrastanti, tra fan eccitati per il doppiaggio di prim’ordine e scettici sempre più dubbiosi circa la gestione delle donazioni da parte di Roberts.       
Ovviamente la parte più massiccia dell’intero progetto è quella relativa l’Universo Persistente, previsto in versione beta circa quattro mesi dopo al lancio (dalla data ignota) del primo capitolo di Squadron 42. Anche in questo caso, originariamente la release era fissata per la fine del 2014; il giocatore avrebbe finalmente messo le mani sul modulo più importante, capace di condensare tutti gli altri nella vera esperienza di Star Citizen. Il tutto, ora come ora, dovrebbe essere previsto per la fine del 2016, ma i recenti sviluppi possono far intendere un plausibile ulteriore slittamento della release. Contemporaneamente all’Universo Persistente è stata annunciata la release di tool specificatamente pensati per i modders; oltre a ciò, SC sarà affiancato da Companion Apps per tablet (Android e iOS) dalla data indefinita.
Cronologia delle features
Di promesse, Star Citizen ne ha fatte molte. Molte più di quanto ci si possa immaginare. Alcune (poche) sono state mantenute, altre infrante (ripetutamente, più e più volte), ma il grosso resta ancora un serio e colossale punto interrogativo. Vedremo mai quanto annunciato? Ma soprattutto, cos’è stato annunciato nel dettaglio? Se la curiosità vi corrode date un’occhiata al recap degli stretch goals che segue, ma non posso garantire che tra qualche mese/anno non vi pentiate di aver speso il vostro tempo in questo modo.
Nel caso in cui Star Citizen avesse raggiunto i 6 milioni, Cloud Imperium Games ha promesso update regolari per la community, possibilità di prendere parte al modulo dogfighting per gli utenti provvisti dei pacchetti appropriati, nonché di accedere alla campagna Squadron 43.
Non solo: una nuova nave spaziale, update più regolari sul sito di Chris Roberts e nuove missioni per la campagna. Interessante risulta l’accesso ai 40 sistemi solari presenti nell’universo persistente alla release.
Non basta? Tre ulteriori navi pilotabili, così come decorazioni per la cabina di pilotaggio (bobbleheads, fotografie, dinosauri, dadi pelosi, posters e altra roba); la possibilità di abbordare navi nemiche (con combattimento melee, simulazione dell’assenza di gravità ed opzioni per l’HUD della tuta spaziale), un webcast mensile da parte del team di sviluppo, tools per le mod professionali e gratuiti, nuove missioni, sei nuove classi per le navi, un robot riparatore nei garage di coloro che hanno effettuato donazioni prima dell’ottobre 2012, crediti extra, supporto per gli user di monitor multipli, tre nuovi tipi di base e una nuova razza aliena.
Ad un certo punto è stato promesso un nuovo sistema solare ogni 100.000 dollari donati (a partire da 3 milioni); si è arrivati a 100 sistemi garantiti.
Non è tutto. Alla lista è stata aggiunta una maggiore personalizzazione delle navi, apps su tablet per tener d’occhio inventario/news/missioni, motion capture professionale per le cutscenes di Squadron 42, skin e crediti esclusivi per una fetta di donatori, una soundtrack orchestrata, nonché 16 nuove missioni gratuite per i backers (che hanno donato prima del raggiungimento dei 6 milioni).
Ovviamente, i 6 milioni vennero raggiunti. Ergo, a rigor di logica quanto annunciato dagli stretch goals dovrebbe potersi considerare legittimamente come feature da aspettarsi nel gioco (salvo future smentite). Sarebbe già parecchia roba, il problema -o la benedizione, in base al futuro risultato del progetto- è che la lista si allunga. Già, perché la raccolta fondi è stata conclusa molto dopo; diamo dunque un’occhiata alle componenti e caratteristiche promesse entro il raggiungimento dei 20 milioni donati alla software house.
Una space suit di classe 2 per tutti gli utenti pre-giugno 2013, qualità migliorata delle cutscenes, una nuova sede per la compagnia (quindi più dipendenti), l’uso di uno studio di registrazione professionale, supporto dell’Oculus Rift per il modulo Hangar, tre nuove classi per le navicelle, una modalità che permette di controllare tutte le proprie navi in contemporanea ed una chiamata “ibernazione” (per riprendere rapidamente il proprio viaggio tra una sessione di gioco e l’altra), un film sul “dietro le quinte” del progetto,  due manuali digitali, la modalità Arena, un sistema solare esclusivo, un numero limitato di stazioni spaziali da contendersi nel gioco, l’aggiunta dei pianeti senza leggi su cui sfidarsi, una pistola laser ed un pacchetto upgrade delle navi per tutti i donatori pre-raggiungimento della quota di 16/17 milioni.
Circa da questo punto in poi, il formato degli stretch goals muta leggermente, promettendo un numero minore di features che però risultano meglio descritte, con un’attenzione particolare ad alcune caratteristiche approfondite ed al lore del gioco. Nello specifico, viene presentata una meccanica chiamata Salvage, una carriera con le proprie meccaniche ed endgame; un sistema di Facial Capture per implementare volti più realistici, una nuova navicella aliena e sette terrestri, un sistema di trasporto pubblico in-game, una alpha più ricca alla release, un sistema di controllo multiplo delle navi migliorato, un design delle missioni più complesso per la campagna e tre nuovi sistemi solari.
Il tutto è stato promesso prima del raggiungimento dei 50 milioni, cifra ancora una volta raccolta con successo da Cloud Imperium Games.
Al tutto si aggiunge l’introduzione di una tecnologia per contenuti (non meglio specificati) generati proceduralmente, una guida ed una sorta di OS in-game, sette ulteriori navi, un asciugamano per esplorare lo spazio (le citazioni si sprecano), un’armatura, un sistema di scanning per gli asteroidi ed uno per la personalizzazione dei motori, una tipologia di piante spaziali, vere e proprie lingue aliene, una mappa web-based dell’universo conosciuto dai giocatori, attività più dettagliate per gli NPC, un’arma, un sistema di raffreddamento liquido per i motori delle navicelle, 10.000 crediti per i giocatori, un sistema di animali da compagnia ed infine una resa migliore della personalizzazione delle navi.
Ad oggi, il progetto ha raggiunto un totale di circa 90 milioni di dollari di donazioni, suddivisi tra una larga cerchia di backers (più di un milione!), aggiudicandosi il Guinness World Record in quanto progetto crowdfunding più finanziato della storia.
  
Non è tutto oro quel che luccica
Nonostante le splendide premesse (e promesse), il progetto Star Citizen ha iniziato a far sorgere i primi seri dubbi, se non altro dopo le mancate release dei moduli annunciati inizialmente dalla software house.
Alcuni rumor vogliono che la compagnia sia rimasta unicamente con appena 8 milioni effettivamente spendibili; se fosse vero, allora forse il recente “ridimensionamento” dello staff del gioco potrebbe avere un suo perché (calcolando che pagare 260 persone sparse in quattro studi differenti esaurirebbe rapidamente buona parte del budget). C’è anche da tenere in considerazione come di fatto l’utenza non sia mai stata tenuta al corrente della situazione finanziaria della società, né dell’effettiva gestione progressiva dei fondi raccolti.
Derek Smart, figura controversa all’interno della community di SC, ha da qualche tempo iniziato una campagna investigativa/di critica atta a far luce sullo sviluppo del gioco: il presidente di 3000AD (software house indipendente) ha infatti accusato il progetto di essere sostanzialmente una “macchina dell’hype”. Smart ha raccolto una serie di fattori chiave “che i fans ignorano”: ha sottolineato, per esempio, come Roberts (autodichiarato visionario) non sia mai stato in grado di concludere un progetto da solo. 
“È uno di quegli artisti che lavorano meglio quando diretti. Più è in alto in un progetto, più le possibilità di fallimento di quel progetto aumentano. Non è un’iperbole, è un fatto materiale”.
…Con tanto di sedicenti prove (la cronologia dei passati progetti di Roberts) annesse; lo sviluppatore continua poi accusando la Cloud Imperium Games Corporation di non avere nulla di concreto tra le mani da mostrare, salvo fumo e tech demo.
Alcuni hanno deliberatamente ignorato le dichiarazioni di Smart accusandolo (anche) di invidia nei confronti del progetto Star Citizen, tuttavia lo sviluppatore ha posto l’attenzione su un fattore che risulta effettivamente difficile da contestare: il nepotismo che affligge SC. Ai vertici della compagnia (dunque, tra le posizioni dal compenso più alto) troviamo -oltre ovviamente a Chris Roberts- Erin Roberts, direttore di Foundry 42 (lo studio che si occupa dello sviluppo di Squadron 42) nonché fratello del CEO di Cloud Imperium Games; il co-CEO della compagnia, invece, è Ortwin Freyermut, amico di vecchia data di Roberts. Infine, il vice-presidente del reparto marketing è Sandi Gardiner. Si è scoperto (relativamente) di recente che la Gardiner è inoltre moglie di Chris Roberts, nonché apparentemente priva di qualunque qualifica o esperienza lavorativa nel campo di cui si occupa; secondo alcune indiscrezioni, le vociferate lauree in marketing della moglie di Roberts sarebbero di fatto inesistenti.
La natura dell’intera faccenda relativa a Smart resta piuttosto dubbia. 
“(Roberts) ha ignorato entrambe le mie richieste su LinkedIn e Facebook (…) dopodiché, hanno perso la testa ed hanno iniziato a metterla sul personale. Hanno cancellato il mio account di backer e mi hanno rimborsato. Senza che lo chiedessi”. “Non ho mai postato sui loro forum”.
Il developer è tuttavia stato tirato in ballo conseguentemente alla minaccia di azioni legali da parte di Roberts nei confronti di Defy Media, compagnia dietro al noto website “The Escapist”.
Interviste anonime, speculazioni e drama
Il sito, vincitore del premio “People’s Choice Award for Best Video-Game Related Website” nel 2008, ha infatti recentemente pubblicato un articolo che riassumeva alcune tra le rivelazioni principali di nove sedicenti ex-dipendenti di Cloud Imperium Games, rimasti anonimi per ragioni di sicurezza. 
Le dichiarazioni sono abbastanza sconcertanti, al punto da spingere Roberts a scrivere una lettera aperta accusando il sito di diffamazione e minacciandolo di portare tutto in tribunale; vista la natura -definita attendibile- delle fonti di The Escapist, l’articolo non è stato rimosso, anzi, pare che il sito stia raccogliendo ulteriori testimonianze per procedere nell’investigazione. Dopotutto, si tratta di puro e semplice giornalismo. Al che Roberts intervenne negando essenzialmente qualunque punto tirato in ballo.
In risposta alle voci che volevano il progetto destinato a non vedere una reale release totale, il CEO di Cloud Imperium Games ha dichiarato “In riferimento agli stretch goals, noterete che gli obiettivi base consistevano in contenuti per la community migliorati (rilasciati), una alpha del modulo dogfighting (rilasciata) e Squadron 42 (i lavori sono in corso). Il gioco base così come descritto, era quello”.
Uno degli ex impiegati ha affermato “Non si potrebbe realizzare ciò a cui (il progetto) punta con 90 milioni, nemmeno sotto una leadership competente. (…)
La cosa da tenere a mente riguardo Roberts è che, prima di questo, non ha fatto alcun gioco in 12 anni. Non ha la concezione di ciò che può o non può essere fatto al giorno d’oggi con quella quantità di denaro, o per un gioco come questo (…) eppure ignora attivamente i suggerimenti di coloro che hanno lavorato come parte di quest’industria per tutto questo tempo”
Le preoccupazioni riguardo a come Roberts non accetti consigli da altri sviluppatori, colleghi o dipendenti, sono effettivamente piuttosto diffuse; il CEO è però fermamente convinto della propria visione, ragion per cui non risulta particolarmente aperto a suggerimenti. “È semplicemente, incredibilmente arrogante”, stando alle parole di un secondo ex-impiegato.
Secondo parecchie fonti, inoltre, far parte di Cloud Imperium Games equivale ad essere soggetti ad insulti pubblici, urla, profanità, razzismo, ed uno stress tale da far fisicamente ammalare alcuni impiegati. “Non ho potuto farcela. È stato senza dubbio l’ambiente più tossico in cui ho mai lavorato”.
Si presume inoltre che la moglie di Roberts, Sandi Gardiner, forzò pratiche d’assunzione discriminatorie: pare selezionasse personalmente quali impiegati potessero o meno far parte della compagnia. Nello specifico, venivano evitati gli over-40 in quanto “classe protetta”, più difficili da licenziare. L’etnia rappresentava un’altro fattore: sembra che la moglie di Roberts sia stata sorpresa a dire “Non la assumiamo. Non assumiamo una ragazza nera”. Stando alle fonti anonime, ovviamente. 
Svariate lamentele contro la Gardiner sono state portate al dipartimento delle Risorse Umane della società, senza però conseguenze: dopotutto, il dipartimento risponde direttamente a lei (e suo marito).
“Chiamava la gente stupida, ritardata, dava loro del f*cio. Accusava gli uomini di non avere le palle. Ed era estremamente ostile rispetto alle altre impiegate. È molto gelosa; deve essere per forza l’ape regina della compagnia.”
“Ci sono due cose che ti vengono dette, quando vieni assunto. Primo, non parli di come Roberts e Gardiner siano sposati, a NESSUNO. Mai. E secondo, non fai arrabbiare Sandi”. “La risposta immediata di Roberts era di insultare la gente, ed accusare tutti di essere idioti. Era come l’Occhio di Sauron. (…) Aveva problemi a controllare il suo temperamento, e non aveva problemi a dimostrarlo pubblicamente”.
In risposta a tutto ciò, Roberts ha dichiarato: “Le questioni riguardanti il personale ed il dipartimento di Risorse Umane sono ovviamente completamente private, non possiamo commentare per principio”. 
Molteplici fonti interne alla compagnia hanno affermato come la villa di Roberts e sua moglie, nonché i veicoli e le vacanze della coppia, siano pagati con i fondi della compagnia. Racconti riguardanti viaggi di prima classe, uno stile di vita sontuoso e salari annuali a sette cifre sono stati testimoniati quasi all’unanimità, riporta The Escapist. Senza troppe sorprese, Roberts ha negato tutto.
“L’intero processo di produzione è circolare, si spendono sei mesi a provare che una cosa che non funziona non funzioni effettivamente. Non sta avvenendo alcun progresso”. Un altro ex-impiegato ha rivelato come la compagnia abbia intrapreso una partnership per continuare a sviluppare -e vendere- la piattaforma di crowdfunding di Star Citizen, il tutto tramite il denaro dei donatori. Non solo: si è parlato di come i fondi vengano spesi irresponsabilmente, assumendo attori hollywoodiani e scartando/ricostruendo intere porzioni di gioco utilizzando tempo e risorse extra, il tutto con risultati minimi. Sembra che tutti gli impiegati siano al corrente di come restino solo più 8 milioni, sebbene le donazioni siano ancora accettate e continuino ad arrivare.
“Hanno speso 82 milioni, ma in cosa? Una demo, una demo basata sul racing, un singolo livello FPS, ed un’area in cui camminare.” 
Roberts ha rivelato precedentemente come il costo per la realizzazione di una singola nave si aggiri tra i 35.000 ed i 150.000 dollari. “Il denaro sta finendo, e stanno tagliando tutto ciò che possono – ma licenziando il personale, non riducendo i fronzoli. Roberts vuole un certo gioco – quasi un film – e non accetta compromessi. (…) Sta allontanando persone necessarie a completare il titolo, ma vuole assumere linguisti professionisti per creare tre linguaggi alieni. Sta rendendo il processo impossibile”. Tre differenti impiegati affermarono come lo sviluppo fosse più simile alla creazione di pubblicità da mostrare all’evento successivo per incrementare ulteriormente le donazioni, piuttosto che un vero e proprio gioco. “Non riguardava il gioco. Riguardava una demo accattivante per la Gamescom, PAX, o per il prossimo spot. Non mi è mai sembrato che stessero provando a fare un gioco; piuttosto, navicelle digitali da vendere”. 
“In che formato o chi lo pubblicherà, non lo so. Penso che sia improbabile che la compagnia se ne esca con qualcosa. Verranno comprati, o qualche angelo proverà ad investirci. Io semplicemente non riesco a immaginarmi come possano rilasciare qualcosa nello stato in cui sono.”  
Le parole degli ex-dipendenti sono piuttosto dure; “Roberts pensa di essere George Lucas. Crede di essere un genio. Ma è una truffa, pura e semplice. Se fosse un venditore, o lavorasse nel marketing, o sotto le dipendenze di un producer, funzionerebbe. Tuttavia, chiunque abbia lavorato per lui vi dirà la stessa cosa. La differenza è che molta gente ha un sogno, ma solo alcuni sono in grado di comunicarlo. Non penso che sia losco, o una cattiva persona. È Donald Trump. Pensa di poter fare tutto ciò che vuole”.
Inutile dire come Roberts abbia nuovamente negato le dichiarazioni.
In definitiva…
Star Citizen promette di essere uno dei giochi più grandi di tutti i tempi. Nessun progetto, nemmeno sotto le direttive di grandi publisher, aveva mai osato puntare tanto in alto. Tuttavia, se il mito di Dedalo ed Icaro insegna qualcosa, è come puntare troppo in alto sia proprio qualcosa a cui fare molta attenzione. 
Chiariamoci: anche mille testimonianze negative non sono che parole al vento, di fronte al trionfo che le smentisce tutte. Se quanto di promesso da Cloud Imperium Games verrà effettivamente rilasciato, un giorno, allora godremo tutti di uno dei titoli più ampi, profondi, complessi ed ambiziosi mai esistiti nella storia dei videogiochi. Un’esperienza fantastica ed immersiva fino al midollo capace di far impallidire il resto del mercato, incapace semplicemente di stare al passo con qualcosa di tanto mastodontico. 
Il focus sulle demo mostrate alle conferenze così come la partecipazione di star di Hollywood al progetto potrebbero non essere che metodi per attirare l’attenzione del pubblico, raccogliendo fondi ulteriori utili a finanziare ancor più i punti chiave di Star Citizen; allo stesso modo, potrebbe non essere il caso di preoccuparci per i molteplici rinvii, considerando che eventuali problemi nello sviluppo sono praticamente all’ordine del giorno per quanto riguarda l’industria videoludica.  
Fino alla release o alla smentita della stessa, però, resta essenzialmente il gioco di Schrödinger.
All’inizio dell’articolo ho citato GTA V: in quattro anni e mezzo, Rockstar è stata in grado di realizzare il proprio capolavoro grazie al contributo di oltre 1000 persone coinvolte nel progetto, venuto a costare all’incirca 137 milioni (più 128 investiti nel marketing).
Star Citizen è in sviluppo dal 2011 (sebbene abbia iniziato a fare rumore l’anno successivo), quindi intorno a quattro anni fa; vanta di circa 260 sviluppatori (in diminuzione), ed ha potuto servirsi di un budget che sfiora i 100 milioni. GTA V prometteva una modalità storia ambientata su un’isola ed un solido gameplay, Star Citizen promette una campagna, un universo esageratamente ampio con oltre 100 sistemi solari, ed un connubio di oltre tre differenti tipi di gameplay. È abbastanza chiara la discrepanza?
Citando le parole di un ex dipendente di Cloud Imperium Games, “I fans venivano a trovarci nello studio, ed avrei voluto dirgli ‘Amico, scappa. Prendi i tuoi soldi e scappa’. Mi sentivo parte di una cospirazione. Tutto ciò danneggerà pesantemente il crowdfunding, almeno per quanto riguarda i giochi. Chi vorrebbe mai nuovamente una cosa simile? Le persone guarderanno a tutto pensando ‘E se fosse un altro Star Citizen?'”

Star Citizen sembra troppo bello per essere vero. Uno space-sim, MMO, con sezioni FPS, un sistema economico dinamico, libertà quasi assoluta, una campagna che pare un kolossal ed un denso universo gigantesco da esplorare. Si può chiedere di meglio? Purtroppo, per quanto ne sappiamo il gioco esiste e non esiste; una release completa verrebbe per sempre ricordata come uno dei più grandi trionfi dell’industria videoludica, mentre un eventuale fallimento equivarrebbe ad un colpo durissimo all’intero sistema del crowdfunding. Nel caso in cui venga effettivamente completato, possiamo solo sperare che la data di lancio non coincida con quella in cui è ambientato il gioco. In ogni caso, ai posteri l’ardua sentenza.