Spider-Man

Avatar

a cura di Marcello Paolillo

Senior Staff Writer

Fra pochi giorni, l’Uomo Ragno tornerà a penzolare tra i grattacieli di New York City nel nuovo e atteso Spider-Man: Homecoming, film importante sotto due aspetti in particolare. Il primo, è che si tratta del reale e tanto agognato “innesto” del personaggio nel Marvel Cinematic Universe ufficiale, dopo che Sony Pictures ha ceduto i diritti di sfruttamento più o meno volontariamente. Il secondo, è che si tratta del nuovo inizio di un franchise che negli anni, per responsabilità spesso legate a fattori di produzione, ha più volte mancato il bersaglio, nonostante i presupposti fossero talvolta più che ottimi. Riscopriamo quindi cosa va ricordato e cosa invece è andato storto nel passato cinematografico del nostro amichevole Spider-Man di quartiere.

Falli neri, tigre!Parliamo ovviamente degli anni 2000, con quello Spider-Man di Sam Raimi entrato giocoforza nell’immaginario collettivo, dopo che James Cameron (sì, proprio il regista di Terminator e Titanic) aveva messo gli occhi sul film all’inizio degli anni 90, per poi abbandonare successivamente il progetto. Poco male, perché la visione di Raimi si incastrava più che perfettamente con ciò che il pubblico di inizio anni 2000 desiderava vedere sul grande schermo. Tobey Maguire fu un Peter Parker goffo, maldestro, con una classica Zia May al seguito e follemente innamorato di una cameriera un po’ stralunata di nome Mary Jane Watson (interpretata dall’allora bellissima Kirsten Dunst). Il film, poi, aveva un villain altrettanto tradizionale, Green Goblin, interpretato da un attore che non aveva certo bisogno di maschere per interpretare un iconico avversario come la nemesi dell’Uomo Ragno, vale a dire un gigantesco Willem Dafoe. Una storia di origini, quella di Sam Raimi, che riscosse un successo sensazionale al botteghino mondiale, tanto da avviare già nel 2004 la produzione di un sequel, con gran parte del cast originale. Spider-Man 2 rivedeva infatti il buon Maguire nuovamente nei panni di Peter Parker, questa volta alle prese con il dottor Otto Octavius (Alfred Molina), conosciuto anche con il nome di Dottor Octopus. Ma non solo: il figlio di Norman Osborne, Harry (interpretato da un giovane e rampante James Franco), tramava nell’ombra, assetato di vendetta nei confronti dell’Uomo Ragno, colpevole di aver ucciso suo padre nel duello finale del primo film. Ancora una volta, a finire nella trappola del villain di turno, Mary Jane Watson.  La pellicola, che inizialmente vedeva il Dottor Octopus, Lizard e la Gatta Nera come antagonisti, replicò il successo del film originale, sia come critica che come incassi. Giocoforza, un terzo capitolo era a questo punto inevitabile. E qui cominciano i guai per il nostro Arrampicamuri.Spider-Man 3 fu infatti il film più costoso della storia del cinema, sebbene stavolta la qualità media del prodotto non si avvicinava neppure lontanamente a quella dei primi due capitoli: Kirsten Dunst, James Franco, Thomas Haden Church e Topher Grace, rispettivamente nei ruoli di Mary Jane Watson, Harry Osborn (Goblin), Flint Marko (Uomo Sabbia) ed Eddie Brock (Venom), mettevano sulla graticola una quantità di personaggi realmente sbilanciata, cosa questa che danneggiò il ritmo di un film pieno di buchi di sceneggiatura e sequenze imbarazzanti (come dimenticare il celebre balletto del Peter Parker malvagio, corrotto dal simbionte alieno?). Persino la presenza di un personaggio importante come Gwen Stacy veniva oscurato da una moltitudine di sequenze d’azione più o meno coerenti al contesto e capaci di sollevare solo un gran polverone (o sabbia, considerando l’incipit). Lo stesso Raimi, tempo dopo, si disse dispiaciuto per il risultato ottenuto, tanto che non vi era stato un reale studio sui personaggi. La produzione decise infatti di cestinare un quarto capitolo a favore di un riavvio totale, sebbene fossero già chiare le direzioni da prendere.

Ci rivedremo, Spider-Man! Solo nel 2012 la serie, ancora in mano a Sony e Columbia Pictures, passò il lanciaragnatele a Andrew Garfield, diretto stavolta dal giovane regista Marc Webb. The Amazing Spider-Man, che nulla aveva in comune con la trilogia di Raimi, era nuovamente una storia di origini, stavolta con il dottor Curt Connors – trasformatosi nel mostruoso Lizard – nei panni del cattivo di turno e la giovane Gwen Stacy, interpretata da un’allora quasi sconosciuta Emma Stone, in quelli della donzella in pericolo. Il risultato fu un film sicuramente buono ma non all’altezza del capostipite di Sam Raimi, sia per quanto riguarda la mancanza di scene davvero memorabili, sia per il fatto che il tutto fosse realizzato in maniera accademica, senza guizzi creativi o particolari trovate di sceneggiatura. Andò meglio con il sequel, The Amazing Spider-Man 2: il Potere di Electro, sempre diretto da Webb e con il medesimo cast. La storia, questa volta, era di quelle importanti: un cattivo all’altezza (Jamie Foxx), una realizzazione tecnica molto più vibrante e scenografica rispetto al predecessore e, soprattutto, la presenza di una scena madre come la morte di Gwen Stacy per mano di Goblin, interpretato questa volta dal bravissimo Dane DeHaan. E quel finale, così emozionante e ricco di pathos, da lasciar intendere che l’Uomo Ragno di Garfield avrebbe avuto lunga vita davanti a sé. Niente di più sbagliato: nonostante gli incassi soddisfacenti e in vista di un terzo capitolo e di uno spin-off con protagonisti i Sinistri Sei, la serie naufragò rovinosamente a causa del “Sony Hack”, ossia il furto di informazioni riservate dalla nota casa di produzione cinematografica. Difatti, a causa di questa fuoriuscita di documentazioni top-secret, emerse che Sony Pictures e Marvel Studios stavano discutendo al fine di includere Spider-Man all’interno del Marvel Cinematic Universe. Ciò scoperchiò il proverbiale Vaso di Pandora, costringendo chiunque avesse lavorato ai precedenti film a lasciare giocoforza la barca su cui si trovava. L’amarezza fu così evidente che lo stesso Andrew Garfield ha più volte manifestato una certa irritazione relativamente all’argomento. Tutto il resto, è storia.

Dopo alti e bassi, abbandoni e ritorni, la maschera dell’Uomo Ragno sta per essere indossata ancora una volta: questa volta è il turno del giovane Tom Holland, il quale non ha alcuna intenzione di lasciare il ruolo da eroe come sfortunatamente è accaduto coi suoi predecessori. Se l’amichevole ragno di quartiere riuscirà a librarsi tra i grattacieli proprio come un tempo, lo scopriremo tra pochissimi giorni, non appena Homecoming farà il suo debutto nelle sale. Nel frattempo, Tony Stark darà un’ultima occhiata ai nostri lanciaragnatele.