Recensione

Soma Bringer

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a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

Con i titoli 3DS che si stanno facendo desiderare come le più difficili delle belle donne, il glorioso predecessore, quel DS compagno di tante avventure che sembrava destinato alla dorata pensione, prolunga idealmente il suo ciclo vitale, e vede il caricabatterie molto più spesso del suo figlioccio stereoscopico.Questa è la (strana) verità, sebbene all’orizzonte vi siano in arrivo i famigerati pezzi da novanta che dovrebbero fare decollare finalmente il nuovo handheld Nintendo.E allora quale momento migliore per recuperare perle del passato, che per strane congiunture (ristrettezze economiche, mancanza di tempo libero, fidanzate rompiscatole) ci si è persi per strada?Questa settimana ci occupiamo di un titolo purtroppo mai uscito dai confini giapponesi che però, complici un madrelingua e qualche guida facilmente reperibile online, noi di Spaziogames abbiamo svelato per voi: non un gioco qualsiasi, ma una delle rare sortite di Monolith Soft, quel gruppo di geniacci abbastanza incompresi dietro a uno dei titoli migliori che la nostra memoria ricordi, Xenogears, uscito sulla prima Playstation.

Malattie psicoSOMAticheStiamo parlando di Soma Bringer, titolo uscito più di 3 anni fa (era il febbraio del 2008) in esclusiva per Nintendo DS, e, contrariamente ad alcune dichiarazioni dei vertici della grande N dell’epoca, mai convertito per l’occidente, come purtroppo molti titoli della ludoteca della piccola grande console a due schermi.Ci soffermeremo molto sulla trama, per due motivi: il primo, ovvio, perché senza un madrelingua e una guida non sarebbe stato possibile comprenderne granchè, e quindi riteniamo di rendere un servizio utile a quanti si rivolgono con costanza al mercato di importazione parallelo, e il secondo perché la recensione di tre anni fa di Spaziogames si concentrò, com’era naturale, sul gameplay del gioco più che sulle vicende narrate.Ci sarebbe anche un terzo motivo, ma solo chi ha giocato ad un prodotto made in Monolith può intuirlo: la casa di produzione si è sempre distinta per la qualità delle sue strutture narrative, e il titolo che abbiamo tra le mani non fa eccezione.Soma Bringer narra la storia di Pharzuph, nome in codice della settima divisione militare di Secundady, organizzazione che si occupa del mantenimento dell’equilibrio vitale nel mondo di Bernea.Bernea è un continente tranquillo, dominato dalla natura e regolato dal soma, energia mistica che ricorda molto il mana già incontrato in tanti giochi di ambientazione fantasy: il bilanciamento di questo elemento garantisce lo scorrere naturale delle cose, che viene però minacciato, da un giorno all’altro, dall’apparizione di strani parassiti magici, i Visitors, che si impossessano del corpo di creature innocue, piegandole al loro volere e facendone bestie pericolosissime che attaccano città e villaggi.Si rende così necessaria la creazione di squadre speciali che difendano la popolazione e tentino, nel contempo, di trovare la causa di questa perturbazione e porvi fine.All’inizio del gioco potremo scegliere, all’oscuro degli effetti che questo avrà sul prosieguo, uno dei sette eroi che compongono la suddetta settima divisione, ognuno con un aspetto e una caratterizzazione peculiari, immediatamente riconoscibili da quanti hanno già speso un monte ore considerevole con il già citato Xenogears piuttosto che con l’eccellente Baten Kaitos per GameCube.La nostra scelta, per la fase di test, è caduta, per puro gusto estetico su Einsatz,che abbiamo poi scoperto essere il leader del gruppo militare (quando si dice l’attitudine al comando…), ma gli altri personaggi non sono da meno in quanto a carisma: Welt è quello che i programmatori avevano scelto come protagonista del gioco, fattore che si evince dal ruolo centrale che la sua figura avrà nel prosieguo dell’avventura, Millers e Forte le due ragazzine viziate che non fanno altro che bisticciare, ora per un paio di scarpe, ora per una battuta sull’aspetto fisico, Jadis è il comandante in seconda, una montagna di muscoli dall’aria truce, Cadenza il ragazzino ben vestito e con la faccia da angioletto e Granada la meno comunicativa del gruppo.Ben presto un ottavo elemento, rappresentato da Idea, una ragazza confusa e priva di memoria ma dai poteri incredibili, si unirà al gruppo, intrecciando ancora di più i fili della trama, che vivrà di doppi giochi, tradimenti, storie d’amore e di odio, piazzando ogni strumento nella parte giusta del coro e rendendo il progredire estremamente piacevole.I “cattivi”, capitanati dal tenebroso Adonis, avranno, come spesso accade, ancora più fascino degli eroi, e daranno del filo da torcere al party, che finirà con il doversi guardare dai nemici tanto quanto dagli amici. L’evolversi della storia, divisa in sei atti, i suoi dialoghi trascendenti e la spiccata personalità di alcuni personaggi non fanno altro che aumentare i rimpianti per ciò che poteva essere e non è stato, e ci riferiamo ovviamente alla mancata localizzazione, quantomeno in lingua inglese.

Ascia in spalla, porto morteAl solo nominare la parola “party”, i più avvezzi tra voi avranno inteso che Soma Bringer è un JRPG: quello che era difficilmente ipotizzabile, visto la grande diffusione del genere su DS e l’amore dei giocatori giapponesi per i combattimenti a turni (e magari casuali) è il tipo di gioco di ruolo cui ci troviamo di fronte, ovvero un clone, in salsa orientale, di Diablo.Il paragone, in apparenza completamente fuori luogo, viste le enormi differenze in fatto di character design e ambientazione, è invece dei più calzanti: il sistema di combattimento non solo è in tempo reale, privilegiando il button mashing selvaggio alla strategia, ma condivide con il vecchio titolo Blizzard anche altre caratteristiche, come un elevato livello di item drop da parte dei nemici e un armamentario che si addice molto di più a dungeon oscuri che alle lande soleggiate di cui è pieno il gioco, che va da asce a due mani a balestre mortali, passando per elmi, cotte di maglia e anelli magici.Strano connubio, quindi: la trama avanzerà grazia a cut scene abbastanza frequenti e pregnanti, con dialoghi anche lunghi ma difficilmente ridondanti, nel più classico stile nipponico, mentre le fasi di gioco si rivelano pesantemente debitrici a una concezione occidentale dell’avventura hack’n’slash, con l’attenzione puntata sull’equipaggiamento e sulla carneficina più indiscriminata.Ci risulta che questa miscela riscosse un successo notevole nel paese del Sol Levante all’uscita, ma, come per altri prodotti targati Monolith, non a sufficienza da spingere Nintendo a distribuire il titolo anche da quest’altra parte del globo: ci sentiamo di biasimare la scelta della casa di Mario, perché le dinamiche fortemente action e il fatto che i nemici siano visibili su schermo (e anche sul radar visualizzato sulla finestra inferiore) avrebbero fatto presa, secondo noi, sul pubblico americano ed europeo, che storicamente ha premiato serie in cui fosse privilegiata la prontezza di riflessi rispetto alla capacità di pianificare una lunga (e lenta) battaglia a turni.Ogni atto del gioco propone uno scenario completamente nuovo, evitando uno dei problemi principali di questo genere di action GDR, ovvero la ripetitività di ambientazioni e nemici: ad onor del vero, avanzare solo grazie alla forza del nostro pollice destro, dopo una ventina di ore inizia a venire a noia, ma almeno non si possono tacciare i designer del gioco di aver riutilizzato scenari e texture: nel primo caso perché il bestiario e le location visitate saranno centinaia, per tutti i gusti, e nel secondo perché…beh…non ci sono texture in Soma Bringer.A fronte di personaggi tridimensionali, con modelli che risentono dei conclamati limiti dell’hardware del DS e dei tre anni abbondanti che il titolo porta sul groppone, gli ambienti sono infatti interamente bidimensionali, disegnati a mano con una perizia che le recenti produzioni hanno perso, speriamo non definitivamente: ci siamo sorpresi più volte a perderci in panorami che, nonostante la palese artificiosità, avevano un che di artistico, come un quadro espressionista, con una tavolozza di colori che porterebbe il sole anche a gennaio. Il titolo soffre piuttosto di una certa mancanza di profondità, se è vero che anche i boss più grossi non necessiteranno di tecniche particolari per essere sconfitti, se non di un’arma magica sufficientemente rodata e una certa velocità di pollice: se almeno uno di loro avesse sfoggiato una delle routine viste in uno qualsiasi dei titoli della saga di Zelda, questo avrebbe giovato enormemente alla varietà e alla complessità dell’avventura nel suo complesso, e avrebbe evitato di arrivare ai titoli di coda con la sensazione di non essere stati messi davvero alla prova.

A mano liberaDetto dell’antica bellezza degli sfondi e delle città, delle cave sotterranee e dei panorami con tramonto che il gioco dispensa generosamente, è doveroso sottolineare la pochezza dei modelli in 3D dei personaggi (giocanti e non), derivata più, secondo noi, dalle limitazioni della macchina e dal tempo intercorso dall’uscita che non da pecche in fase di programmazione: ma il fatto rimane, e, dopo che l’utenza Nintendo si è sollazzata con giochi dall’aspetto di Viaggio al centro di Bowser e del recente Radiant Historia, è d’uopo segnalarlo.Crediamo comunque che coloro i quali sono arrivati in fondo a questa recensione appartengano ad una nicchia ristretta di nippofili e amanti degli RPG, che sorvoleranno sui limiti oggettivi del comparto grafico per apprezzare invece il design dei personaggi e la bellezza del tratto delle talking head.Minimalista anche il sonoro, che offre sì temi di grande impatto durante i momenti topici ma anche musichette ripetitive durante le normali routine di gioco, cadendo in un riutilizzo di note e motivi sconosciuto al gioco se si parla di bestiario e di abilità speciali sbloccabili con il progredire dei livelli di esperienza.La longevità è assicurata dalle circa trenta di ore necessarie al completamento della quest principale, fermo restanti decine di missioni secondarie che i personaggi che popolano le città non mancheranno di affidarci: in ossequio alla tradizione di Diablo, comunque, raramente queste si discosteranno dal ripercorrere dungeon già ripuliti alla ricerca di un particolare oggetto o dall’eliminazione di un determinato tipo di mostro, ma tant’è.Originariamente il titolo poteva contare sul multiplayer online, che consentiva ad altri due giocatori umani di impersonare i comprimari che accompagneranno il nostro alter ego: abbiamo riscontrato moltissime difficoltà nei numerosi tentativi di collegamento, probabilmente derivate dall’età del titolo o dallo svuotamento progressivo dei server di gioco.Ultima menzione per la difficoltà, decisamente abbordabile, visto che la dipartita (peraltro rara) non comporta il game over ma l’immediato respawn dal punto di teletrasporto più vicino al luogo della morte.

– Narrazione degna di Monolith

– Scenari di grande respiro e bellezza

– Buona longevità

– Manca di profondità

– Tutto in giapponese

7.9

Soma Bringer non è degno di figurare nell’alveo delle migliori produzioni di Monolith Software, in cui brilla di luce propria la grande X di Xenogears (anch’esso, curiosamente, mai arrivato in Europa), eppure è un concentrato di azione, adrenalina, personaggi carismatici e sottotrame affascinanti che non mancherà di premiare quanti riusciranno a reperirlo sul mercato di importazione con un’esperienza di gioco appagante e diversa dalla stragrande maggioranza di titoli disponibili della vasta ludoteca DS.

Un ibrido tra la narrativa e il character design giapponesi e il ritmo e la consistenza delle produzioni occidentali, colpevolmente dimenticato dalla grande distribuzione, che invece ha ritenuto più opportuno invadere il mercato nostrano di titoli di cruciverba, simulazioni di appuntamenti e minigiochi assortiti.

Da giocare se sapete apprezzare una storia ben raccontata (ma munitevi di guida!) e alcuni tra i disegni bidimensionali più belli degli ultimi anni.

Voto Recensione di Soma Bringer - Recensione


7.9