Recensione

Shadowplay: Journey to Wonderland

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a cura di Francesco Ursino

Quando si pensa ai platform bidimensionali il pensiero non può non andare ai grandi classici giapponesi targati SEGA e Nintendo, un’epoca in cui porcospini e idraulici spadroneggiavano e la magia dei 16 bit cominciava a fare capolino nei salotti di casa.Parlare di platform 2D vuol dire quindi tornare per un attimo indietro nel tempo, e al tempo stesso essere consapevoli di avere difronte uno dei generi artefici dell’avvicinamento dei videogiochi al grande pubblico. Parliamo di tutto questo perché il titolo oggetto di questa recensione, Shadowplay: Journey to Wonderland, si presenta proprio come un platform dalle fondamenta estremamente classiche. Vediamo il perché.

Pupazzetti animatiPrima di cominciare nella nostra consueta disamina, diamo un po’ di informazioni essenziali: Shadowplay: Journey to Wonderland è dunque un titolo indie sviluppato da Desertfoxsoftware, disponibile su Desura a € 2,99. Appena avviato il gioco, ci si potrà subito rendere conto del carattere di questa piccola produzione: le poche schermate dei vari menù, composti da semplici scritte bianche su sfondo nero, fanno da breve introduzione all’esperienza di gioco vera e propria, che prende evidenti spunti dalla famosa opera di Lewis Carrol, ovvero “Alice nel paese delle Meraviglie”. Il compito del giocatore infatti sarà quello di impersonare la protagonista del romanzo attraverso i vari livelli proposti, durante i quali ci si ritroverà davanti alle classiche dinamiche da platform, che vedono la raccolta di chiavi utili per aprire porte, di “vite” buone per proseguire nel gioco anche dopo essere stati vittime di qualche nemico, e cosi via.Non esiste, in Shadowplay: Journey to Wonderland, una vera e propria narrativa; in verità tutto quello che viene richiesto al giocatore è di muoversi dall’inizio alla fine del livello, ma nonostante ciò il gioco proporrà differenti finali, a condizione, però, di non scegliere il più basso tra i due livelli di difficoltà disponibili. Volendo trarre delle prime conclusioni parziali, la piccola produzione Desertfoxsoftware è definibile dunque come un titolo semplice, adatto soprattutto al pubblico più piccolo, o comunque a chiunque ricerchi un platform senza troppe pretese.

Salta, corri, evita le punteL’analisi del gameplay del titolo conferma quanto detto nel primo paragrafo: le dinamiche di gioco seguono i canovacci classici del genere. Nello specifico, Alice dovrà evitare di venire a contatto con vari nemici come pipistrelli, formiche, scarafaggi e via di questo passo. Non mancano ovviamente le superfici appuntite, sempre antipatiche da schivare, e i nemici nascosti, pronti a far lanciare al giocatore qualche improperio.I controllo di gioco si basano sul tipico layout da tastiera WASD, con la barra spaziatrice delegata al salto e la S che permette di interagire con oggetti e aprire porte, le quali daranno accesso a nuove aree esplorabili.Abbiamo citato prima la presenza di alcuni livelli di difficoltà, ed è proprio scegliendo il livello più alto che il titolo si fa un po’ più interessante, almeno per i giocatori un po’ più scafati: la maggiore presenza di nemici, la leggera imprecisione dei salti della protagonista, oltre che l’esiguo numero di colpi ricevibili (bastano i tre classici contatti con nemici e punte e si dovrà ricominciare il livello dall’inizio), rendono l’esperienza di gioco leggermente old school.Difatti, parlare di pregi e difetti in un gioco simile sembra un po’ superfluo: gli appassionati del genere, meglio ancora se affascinati dalle atmosfere di Carrol, sapranno apprezzare le dinamiche di gioco e godere di qualche ora piacevole. Se le due dimensioni al contrario non fanno per voi, difficilmente Shadowplay: Journey to Wonderland potrà farvi cambiare idea. Anzi, i giocatori meno interessati potrebbero trovare l’esperienza di gioco un po’ noiosa e, scegliendo alternativamente il livello di gioco più impegnativo, anche leggermente frustrante.

Sinfonia dolceamaraAppare decisamente più interessante allora interessarsi del comparto tecnico di Shadowplay: Journey to Wonderland. Realizzata con Game Maker Studio, la parte grafica richiama il teatro delle ombre che, nelle intenzioni degli sviluppatori, dovrebbe donare al titolo un’atmosfera unica e coinvolgente. Di sicuro è una scelta originale e, da quanto si può evincere anche dalle immagini proposte, riesce nell’intento di dare all’opera un aspetto non banale. Da notare poi che nelle opzioni è possibile scegliere sia il colore di sfondo (si va dal rosso sfumato al giallo, passando per il bianco e il blu), sia la presenza e il tipo di ombre presenti durante i livelli.Si tratta di un espediente dall’impatto basso e non cosi evidente, che però ha il merito di personalizzare l’esperienza di gioco e rendere il tutto un po’ più vario.Sembra utile soffermarsi anche sulle animazioni dei personaggi. L’effetto ricercato era quello di ottenere proprio il movimento di marionette intente a muoversi sulla scena e, in effetti, l’intento sembra essere abbastanza riuscito. Questo grazie anche al secondo espediente, semplice ma efficace, utilizzato dal gioco: ogni elemento mobile infatti risulta collegato a una sorta di striscia nera che, evidentemente, dovrebbe rappresentare il filo attraverso il quale vengono mossi i pupazzi sul palcoscenico. Una trovata semplice ma molto simpatica, che riesce in pieno a donare il giusto carattere “teatrale” alla produzione.Da sottolineare, per concludere la disamina sul lato visivo, che il titolo dà il meglio di sé quando giocato in finestra, a una risoluzione tutto sommato piccola. Ingrandito a tutto schermo, difatti, l’aspetto dei personaggi risulterà un po’ sgranato e “scalettato”. Passando al comparto audio, è da segnalare l’ottimo lavoro del compositore Kevin MacLeod, capace di creare un accompagnamento che ben si sposa col carattere dolceamaro dell’opera di Carrol, un ambiente dove sono presenti, prendendo per buone le parole dello sviluppatore, ”un tocco di pazzia e un pizzico di horror. Un po’ di felicità e momenti di tristezza”. L’invito di Desertfoxsoftware, quindi, è quello di chiudere gli occhi, e farsi sorprendere da quello che ha da raccontarci il Paese delle Meraviglie.

HARDWARE

Il titolo non presenta veri e propri requisiti hardware: considerata la “pesantezza” tutt’altro che importante, in ogni caso, è possibile dire che Shadowplay: Journey to Wonderland dovrebbe girare senza problemi di sorta su ogni configurazione Windows.

– Esperienza platform classica e semplice

– Un buon comparto audio

– Non brilla in nessun aspetto di gameplay in particolare

6.0

Arrivati alla fine di questa recensione possiamo affermare con certezza che Shadowplay: Journey to Wonderland è un platform tutto sommato sufficiente.

Non brilla in nessun campo in particolare (tranne forse che per le musiche), ma riesce lo stesso a proporre un’esperienza di gioco tranquilla e in linea con i canoni classici del genere.

Chi non possiede la pazienza necessaria a padroneggiare questo tipo di titoli (o semplicemente non sopporta Alice nel Paese delle Meraviglie), forse dovrebbe lasciar stare questa piccola produzione, che in ogni caso si propone come una piacevole attrattiva dalla durata di qualche ora, e probabilmente trova nel pubblico più piccolo il suo target ideale.

Voto Recensione di Shadowplay: Journey to Wonderland - Recensione


6