Recensione

Romance Of The Three Kingdoms XIII

Avatar

a cura di AG

Era il lontano 1985 quando Koei diede alle stampe il primo di una serie di giochi strategici di ambientazione storica, che prendeva le mosse dal celebre Romanzo dei Tre Regni. A trent’anni di distanza, dopo 11 seguiti e innumerevoli spin-offs (tra i quali i Dynasty Warriors, forse il nome più noto in occidente dell’intero franchise) ecco arrivare Romance of the Three Kingdoms XIII, per console current e old gen. Saprà questo nuovo capitolo dare lustro alla storia del brand?

EmpiresPer chi non ha familiarità con la serie targata Tecmo Koei, essa si ispira al periodo storico cinese denominato dei Tre Regni, che vide protagoniste nella lotta per la supremazia e l’unificazione del paese per l’appunto tre dinastie, Wei, Shu e Wu, fra il II e il III secolo D.C. Proprio l’unificazione del paese da parte di uno degli schieramenti in campo è il cuore del gioco, che si dipana tra azioni di tattica militare, arguzie diplomatiche e scambi commerciali. Chi è avvezzo alla serie Dynasty Warriors si scordi insomma le meccaniche hack ‘n slash che ne contraddistinguono la produzione: dal punto di vista del gameplay questo gioco è molto più simile alle espansioni dei Dynasty etichettate come “Empires”, però totalmente private della componente action e con un approfondimento delle meccaniche gestionali. Le modalità di gioco sono ufficialmente due, ma di fatto si riducono a una: la Hero mode, che il software stesso consiglia ai neofiti per iniziare a giocare, non è altro che un lunghissimo tutorial che porterà ad affrontare scene preimpostate in modo da far entrare in confidenza il giocatore con tutte le meccaniche fondamentali. In essa impersoneremo di volta in volta membri delle varie dinastie, da Liu Bei a Cao Cao e altri personaggi iconici della serie come l’indomabile Lu Bu. Attraverso il tutorial si prenderà confidenza, oltre che con il gameplay, con la cornice storica che da decenni costituisce l’apparato narrativo del franchise, seguendo la cronologia degli eventi. Se la Hero mode viene presto a noia, la Main mode ci potrà lanciare nel gioco vero e proprio, nel quale si potrà decidere se rispettare la cronistoria o seguire un andamento più libero, ad esempio rendendo immortale il proprio avatar o non rispettandone la provenienza geografica. Il problema principale è che in tempi relativamente ristretti persino la modalità di gioco principale finisce per rivelarsi inevitabilmente noiosa: vediamo perchè.

Il marchingegno non si muoveA seconda del rango del nostro personaggio avremo a disposizione più o meno libertà d’azione. Ai gradi più bassi ovviamente saremo poco più che una pedina, e dovremo eseguire gli ordini del nostro signore. Acquisendo meriti nelle nostre mansioni, tuttavia, potremo elevarci ai gradi di comando più elevati, passando da essere appena un tuttofare fino a diventare un grande capo militare. Le attività principali in cui il gioco ci vedrà impegnati sono due: dipomatiche e militari, con le prime a costituire l’inevitabile tessuto propedeutico alla vittoria delle seconde. Scambi di cortesie, bevute congiunte, mutuo soccorso e l’inevitabile ricorso al dio denaro saranno i mezzi privilegiati attraverso i quali tessere la nostra rete di alleanze e reclutare potenti capitani nelle fila del nostro esercito, che poi dovremo mantenere a noi fedeli, per esempio garantendo promozioni ai più meritevoli. Tutto ciò sembra dare l’idea di un sistema profondo e appagante da padroneggiare. Invece no.Il gameplay si traduce infatti in quanto di più noioso si possa immaginare. Sebbene la navigazione in menù e sottomenù sia caratteristica peculiare di questo tipo di giochi, in Romance of the Three Kingdoms XIII tale attività risulta in breve tempo tediosa, a causa della confusionarietà e scarsa leggibilità degli stessi. È del tutto evidente, ad esempio, che le linguette delle varie cartelle di cui si compongono le finestre non sono state adattate ai caratteri latini. Di conseguenza le scritte risultano striminzite e difficilmente leggibili dalla media distanza (a meno di non avere uno schermo da 42 pollici o superiore) rendendo faticosa la consultazione dei menù stessi, oltre che del tutto antiestetici (si tratta di un anonimo font bianco che stona non poco con il layout generale del gioco), un difetto non da poco considerato che il gioco consiste per la maggior parte del tempo nella navigazione tra di essi. Inoltre avanzare nella partita non dà alcun senso di gratificazione: intendiamoci, ovviamente non stiamo parlando di Civilization, un gioco in cui si parte da zero e si crea una civiltà intera. Tuttavia anche nella rigida cornice storica del gioco un minimo di lavoro in questo senso lo si poteva fare. Avanzando nella campagna non si ha mai l’idea di contribuire al progresso del proprio popolo, non esiste alcun avanzamento tecnologico o culturale, ad esempio. Tutto il lavoro di diplomazia è, come detto, rivolto all’inevitabile vittoria militare, l’unica contemplabile. Se quindi in altri giochi strategici ci sono più esiti possibili (rimanendo all’esempio di Civilization, sono possibili anche vittorie culturali e tecnologiche) e di conseguenza l’approccio alla partita cambia di volta in volta, in Romance of the Three Kingdoms XIII ogni partita risulterà uguale alla precedente, spegnendo presto ogni stimolo alla rigiocabilità. La partita si svolge all’interno di una grande mappa 3D, brulicante di centri abitati più o meno grandi attraverso cui potremo spostarci per compiere attività specifiche all’interno delle città (non al di fuori; infatti non è possibile girovagare liberamente per la mappa, ma si può solo viaggiare da una città all’altra attraverso rotte prestabilite, rendendo di fatto inutile l’esistenza della stessa mappa in 3 dimensioni), che vanno dall’impartire ordini ai nostri sottoposti (che possiamo ad esempio sguinzagliare alla ricerca di nuove reclute) all’istituire ronde cittadine per sgominare la feccia criminale, piuttosto che intratteere incontri/scontri con alti funzionari di stato. Della maggior parte di tali attività non avremo però alcuna rappresentazione concreta a schermo, se non la notizia del fallimento o della riuscita delle stesse. Avremo qualche controllo solo sulle attività che intraprenderemo in prima persona. Ad esempio potremo cimentarci in un agone oratorio in cui far prevalere la nostra posizione rispetto a quella di un altro consigliere o capo straniero. Questa attività si traduce ancora una volta in un gameplay tedioso, fatto di scelte multiple cieche: avremo infatti a disposizione una serie di opzioni oratorie (per esempio “convincere”, “irridere”…) che, a turno, dovremo selezionare senza sapere quale sarà la scelta dell’avversario. Ogni opzione vince su una delle altre ma perde rispetto ad un’altra. Vincere o perdere i vari scambi di battute porterà a consumare una sorta di barra della vita che, una volta azzerata, decreterà la sconfitta del personaggio ad essa collegata. In definitiva dunque il tutto è affidato al caso e non produce la benchè minima soddisfazione. Tale configurazione si ripresenta identica negli occasionali duelli, per esempio contro capi briganti, che si svolgono tutti nella forma di scontri a cavallo. Le modalità sono identiche, cambiano solo i nomi delle azioni (tipo “sbilancia”, “difenditi”…). Per il resto, nemmeno le battaglie sanno essere gratificanti, consistendo nè più nè meno nell’indirizzare i nostri plotoni contro quelli avversari ed aspettare che uno uccida l’altro. Per andare sul sicuro basta solitamente usare un’abilità speciale che si ha saltuariamente a disposizione (tipicamente un boost ad attacco o difesa) che ci garantirà il successo. That’s it.

Very old genTenicamente il titolo fa acqua da tutte le parti: malgrado la modellazione tridimensionale dell’intera mappa di gioco, la mole poligonale e il dettaglio degli stessi sembrano più adatti alla PlayStation 2 che alla 4. Per il resto, gli ufficiali e in generale ogni NPC sono restituiti a schermo tramite disegni statici, in stile console portatile. Sarà la natura cross gen ad aver tarpato parzialmente le ali alla produzione, o si tratta di mero lassismo? Conoscendo i giochi Tecmo Koei siamo portati a propendere per la seconda ipotesi. Ma la spartanità generale si traduce anche in scarsa ottimizzazione: durante qualunque schermata di battaglia aspettatevi sensibili cali di framerate, almeno su PS4, dove è avvenuta la nostra prova. La fluidità di gioco non sarà perfetta neppure durante un semplice spostamento del nostro avatar da una città all’altra! Una situazione francamente imbarazzante. Non manca, allo stadio attuale, un fastidioso bug nell’audio del doppiaggio giapponese, che tronca qualunque battuta pronunciata dai personaggi dopo le prime 3-4 parole. Se volete ascoltare dei periodi completi, allo stadio attuale è necessario settare il doppiaggio cinese. Un peccato, perchè la colonna sonora, sebbene non brilli per varietà, è invece gradevole e rilassante, costituendo forse l’aspetto migliore della produzione. Tutto il resto (del gioco) è noia.

– Tante cose da fare

– Gradevole mix di elementi gestionali e strategici

– Possibilità di rispettare la cronologia storica degli eventi

– grafica di due generazioni fa

– menù e tutorial confusionari

– ritmo di gioco lento

4.5

Sulla carta, il grande quantitativo di cose da fare e la cornice storica sempre affascinante avrebbero potuto rendere Romance of the Three Kingdoms XIII un gioco strategico più che degno. Invece l’inettitudine tecnica con cui è stato realizzato e la ricorsività del gameplay lo rendono una delle esperienze più noiose che si possano provare. Grande occasione sprecata.

Voto Recensione di Romance Of The Three Kingdoms XIII - Recensione


4.5