Anteprima

Resident Evil Umbrella Corps

Avatar

a cura di Redazione SpazioGames

Articolo scritto da: Edoardo “ParyKon” Gavinelli
Un tempo Capcom era sinonimo di qualità assoluta, di videogiochi strepitosi ed oltremodo memorabili; come software house è stata in grado di crescere intere generazioni con titoli rivoluzionari e capaci di influenzare l’intera industria, molti di essi ancor oggi ritenuti veri e propri cult.
Qualcosa dev’essere andato storto, se consideriamo la situazione attuale della compagnia. Che sia per la chiusura di sussidiarie del calibro di Clover Studio o semplicemente per via dell’incapacità di stare al passo coi tempi e con la propria immagine, un cambiamento c’è indubbiamente stato; come sappiamo, attualmente la società nipponica si dedica prevalentemente alla realizzazione di porting di vecchie glorie su qualunque piattaforma o store possibile e immaginabile (virtual console, cellulari, marketplace vari etc.), sfornando inoltre un numero esagerato di “collection”, edizioni definitive, remake in HD, remaster e via dicendo.
Basta fare due conti per rendersi conto di quanto la situazione stia degenerando: nel 2013 Capcom ha rilasciato un totale di 34 titoli (contando le varie versioni per differenti console, la quota sale a 54): di questi, solo sette erano effettivamente originali, mentre il resto si suddivide tra porting, riedizioni ed affini. Di originale sono stati prodotti inoltre un paio di dlc e, se vogliamo, due remake (in cui quantomeno è possibile notare l’effettivo uso di risorse della compagnia). L’anno successivo si scende a 33 giochi (45 release totali): solo uno di essi era originale, a cui si aggiungono due dlc, la pubblicazione di un indie sviluppato da una piccola startup, nonché l’ennesimo paio di remake. Il resto (41 giochi!) è composto esclusivamente da porting, gran parte dei quali per cellulari. Giungiamo dunque all’anno corrente: 23 titoli rilasciati, 67 release totali. Di questi, l’unico materiale “nuovo” è composto da un singolo titolo (per altro, a episodi), un puzzle game per cellulari, ed un browser game low-budget.
La paura che Capcom si possa seriamente ridurre a vivere di rendita continuando a vendere vecchi titoli, dedicandosi unicamente (ed inspiegabilmente) a quel paio di franchise che ancora vendono abbastanza – almeno stando alla software house – è sempre più forte tra i fans.
In un contesto simile, l’annuncio di Resident Evil: Umbrella Corps non poteva che generare opinioni contrastanti, tanto tra la community quanto tra la stampa videoludica.
Il ventennale di Biohazard
Per festeggiare il ventesimo anniversario di Resident Evil, la software house nipponica ha deciso di realizzare uno sparatutto in terza persona. E viste le prime reazioni dei fans, si direbbe che Capcom sia davvero l’unica a festeggiare.
L’idea dietro al cambio nella formula è riconducibile al successo della serie in Europa ed America, superiore persino alla popolarità del brand in Giappone. Il titolo è realizzato da uno staff composto (anche) da veterani dello sviluppo di passati Resident Evil e Lost Planet, nonché appassionati di survival (assicura il producer).
Umbrella Corps è perennemente online, privo di qualsivoglia storia, trama o campagna.
Nonostante questo, non si tratta di un “what if”: il titolo risulta infatti canonico all’interno della serie, non contraddicendo il lore della popolare saga. Si svolge immediatamente dopo gli eventi di Resident Evil 6: Masachika Kawata (producer del gioco) fa notare come l’Umbrella Corporation sia già stata distrutta, sottolineando come ciò rappresenti di fatto la premessa principale di Umbrella Corps.
Dopo la caduta dell’associazione, infatti, una moltitudine di organizzazioni ha iniziato a muoversi al fine di recuperare i materiali e le conoscenze dell’Umbrella Corporation, tentando di conquistarne armi biologiche e tecnologia.
Il gameplay
Contro ogni possibile aspettativa, la serie torna con uno sparatutto in terza persona, proprio come il non riuscitissimo Operation Raccoon City. Il TPS consiste in battaglie tra due squadre rivali di mercenari, costrette a sfidarsi in scontri a fuoco, a contendersi un bottino o altri obiettivi a
seconda della tipologia di partita. Ad esempio, la modalità “One Life Match” consiste in un deathmatch in cui è impossibile tornare in gioco dopo la morte.
Le partite si svolgeranno in mappe claustrofobiche ed oscure, di dimensione variabile ma sempre attente a mantenere il medesimo stile. Vista la natura opprimente delle ambientazioni, non troppi giocatori potranno sfidarsi in contemporanea durante la stessa partita, il che dovrebbe rendere più rapido il matchmaking. Le mappe saranno caratterizzate da svariati passaggi nascosti, nonché da un “feeling a 360 gradi”: in pratica, il giocatore rimarrà in un costante stato di tensione sapendo di poter essere attaccato da qualunque direzione, anche dall’alto o dal basso. La verticalità del titolo va a particolarizzare aree di gioco già caratteristiche in quanto disseminate da zombie (definiti “imprevedibili”) e mostruosità assortite direttamente tratte dai passati capitoli di Resident Evil.
Gli zombie rappresenteranno una sorta di elemento neutro durante le partite, in quanto non portati spontaneamente ad attaccare i giocatori. Questo perché i mercenari saranno provvisti di “Zombie Jammer”, un backpack base atto a tenere lontane le svariate creature deformi, almeno finché non le si attacca. A quel punto però, il giocatore verrà riconosciuto come una minaccia per gli infetti, con ovvie conseguenze. La struttura del gioco rendere facile attaccarli senza volerlo: capiteranno spesso nel bel mezzo di scontri a fuoco in corso, modificandone inevitabilmente le sorti.
Ogni giocatore sarà provvisto di pistola e “Zombie Brainer”, l’equivalente dell’arma melee; sarà possibile selezionare personalmente le armi principali e quelle secondarie, o in alternativa affidarsi ad uno dei quattro set base (sub, main, brainer e grenade: la presentazione del Tokyo Game Show ne mostrò tre). Ogni arma è pensata per essere bilanciata rispetto alle altre; non ci sarà un’arma definitiva, in quanto tutte compenseranno i propri punti di forza con parametri più deboli.
Una volta finite le munizioni dei fucili, la pistola base potrà rappresentare il “piano B”; sarà però accompagnata dall’uso di uno scudo (sfruttando il braccio libero), rendendola un’effettiva opzione tattica piuttosto che una mera risorsa disperata. Stando a Capcom, il gioco presenterà altre meccaniche inusuali: un esempio è il Tactical Shield, device che permette di utilizzare uno zombie come copertura.
Un producer del gioco ha dichiarato che essere bravi a mirare e colpire il bersaglio sarà essenziale, ma ci sarà anche la possibilità di eccellere nel gioco sfruttando l’ambiente a proprio vantaggio, preferendo un approccio più tattico.
Struttura e dettagli
Durante un’intervista è stato chiesto a M. Kawata e J. Vance, produttori del titolo, se il leveling fosse gestito in modo da garantire una differenza tra giocatori effettivamente più abili e players che hanno semplicemente giocato più a lungo.
La risposta è stata a tratti spiazzante, in quanto pare che il problema sia stato risolto, o meglio, rimosso alla radice in modo piuttosto drastico. Il leveling, essenzialmente, non sarà presente nel gioco: stando alle parole di Kawata, “sei tu a dover diventare più bravo”.
Sarà tuttavia presente un sistema di punteggi tali da permettere la personalizzazione di alcune opzioni riguardanti il proprio personaggio. Il focus è infatti improntato sulla differenziazione di armi ed oggetti speciali, piuttosto che sulla cosmetica o sul livello del proprio personaggio; la personalizzazione di aspetto ed armi del nostro alter-ego sarà comunque presente.
Umbrella Corps, inizialmente pensato per PS4, ha un focus sul controller piuttosto che concentrarsi su tastiera e mouse: essenzialmente, non ci saranno differenze tra la versione console e quella PC. Non sarà inoltre venduto a prezzo pieno (probabilmente, risulterà intorno ai 30 euro), ma i produttori hanno confermato come il titolo non si focalizzi sulle microtransazioni. Infine, sono stati annunciati potenziali dlc-packs gratuiti.
Per ora non si sa molto altro sul gioco previsto per l’inizio del 2016; la reception del pubblico (in particolare, degli appassionati del brand), tuttavia è stata simile a quella di Metroid Prime: Federation Forces.
Citando James Vance, “Umbrella Corps is, basically, an ironic title (Umbrella Corps è, essenzialmente, un titolo ironico)”.
C’è da chiedersi se l’ironia dei producer del gioco sia compatibile con quella dei fans della serie.

– Alcune trovate del gameplay possono differenziare il titolo dalla concorrenza

– Atmosfere e creature tratte direttamente dalla serie principale

– I dlc gratuiti hanno del potenziale

Il nuovo titolo Capcom è un TPS in esclusiva PC e PS4 (ma privo di cross-play) di cui probabilmente pochi sentivano il bisogno. Le premesse di Resident Evil: Umbrella Corps non sono esattamente entusiasmanti; con un po’ di sfortuna potrebbe persino convincere ancor di più la software house a cementare la propria politica del “non investire in nuovi progetti”. Tuttavia il gioco deve ancora uscire, quindi il suo valore effettivo resta ancora un interrogativo.

Pad alla mano pare risultare divertente (almeno stando a svariate testimonianze direttamente dal TGS); riuscirà l’assenza di storia e leveling a coinvolgere il giocatore tenendolo effettivamente interessato al titolo col passare del tempo?