Recensione

Red Goddess: Inner World

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a cura di erik369

Non è la prima volta che un piccolo studio di sviluppo, contante una manciata di persone, tenti di realizzare qualcosa di così ambizioso da essere decisamente fuori portata. Tutti ricorderanno senz’altro l’emblematico caso di Cave Story, interamente realizzato da un singolo sviluppatore per il considerevole lasso di tempo di cinque anni. Stiamo parlando di un lavoro impressionante, che ha richiesto una dedizione incredibile. Sebbene non sia così estremo anche Red Goddess: Inner World rientra nelle dinamiche di questo fenomeno. Durante la realizzazione del titolo lo sviluppatore Yanim Studio poteva contare sul supporto di soli sei membri, cosa ci fa ben rendere conto di quanto lavoro sia stato necessario affinché questo ambizioso progetto, che ha necessitato anche di una campagna Kickstarter, venisse realizzato. Il risultato finale non è certamente malvagio, ma ha fortemente risentito della limitatezza di mezzi a disposizione.

Mondo interioreLa storia di Red Goddess: Inner World è interamente introspettiva. L’avventura infatti si svolgerà all’interno della mente di Divine, una giovane dea la cui memoria è andata offuscandosi in seguito ad un forte trauma. Il viaggio della divinità sarà continuamente contraddistinto da una lotta contro il proprio subconscio, che inesorabile continua a tormentarla. Sarà un’avventura intensa e decisamente intimista, che porterà Divine a confrontarsi con il proprio doloroso passato. Una misteriosa voce narrante, forse appartenente allo stesso subconscio, ci accompagnerà costantemente, manifestando più volte la propria natura malevola. Sebbene non spicchi per complessità o originalità, la componente narrativa di Inner World risulta sicuramente gradevole. La sua natura spiccatamente metafisica e convoluta trasmette al giocatore un senso di smarrimento e confusione assimilabile a quello provato dalla stessa Divine, accentuando il grado di empatia con quest’ultima. La consapevolezza della protagonista coinciderà così con quella del giocatore, il quale potrà, aggiungendo un tassello alla volta, comporre il mosaico che costituisce il passato della giovane dea. La componente narrativa sarà con tutta probabilità il motivo principale a spingere il giocatore a proseguire l’esperienza di gioco, soprattutto alla luce delle problematiche che affliggono il titolo.Red Goddess rientra nel genere dei Metroidvania, in quanto presenta molti dei suoi aspetti caratteristici, pur tuttavia mancando di alcuni dei suoi elementi cardine. Il gameplay presente nel titolo è divisibile principalmente in fasi di esplorazione e di combattimento. L’esplorazione sarà l’attività più estesa, portandoci alle prese con sezioni platform bidimensionali piuttosto semplici, sebbene non sempre perfettamente riuscite. Nel corso del gioco Divine acquisirà abilità che le permetteranno di raggiungere una mobilità sempre maggiore, attraverso doppi salti, scatti in volo e levitazione. Tutto ciò le consentirà di raggiungere luoghi altrimenti inaccessibili, ma indispensabili per proseguire nell’esperienza di gioco. Insomma nulla di nuovo sotto il sole. Purtroppo la dinamica dei salti e l’hitbox delle piattaforme non sono sempre precise, cosa che potrebbe far storcere il naso a tutti i giocatori che si ritroveranno a dover riaffrontare più volte la stessa sezione a causa dei problemi sopracitati. La vera frustrazione però coincide con la curva di difficoltà del titolo, tarata, a nostro parere, in modo pessimo. Infatti per oltre metà gioco non faremo altro che incontrare fasi platform molto semplici, che richiederanno solo un minimo di abilità da parte del giocatore. Le cose cambieranno drasticamente nelle fasi finali di gioco, dove la difficoltà aumenta in maniera spropositata e decisamente inaspettata. La situazione non sarebbe neanche così grave se l’osticità delle sezioni platform non fosse stata artificiosamente incrementata tramite ostacoli che uccidono sul colpo il personaggio, riportandoci al precedente checkpoint, il cui numero viene sempre più ridotto.   

  

Psiche instabileAnche il combattimento è essenzialmente basilare, ma gode di alcune trovate che ne approfondiscono le dinamiche. I nemici, che altro non sono che pensieri oscuri della dea manifestatisi concretamente, sono caratterizzati da un colore specifico, che indica il modo in cui devono essere affrontati. Divine acquisirà durante le prime fasi di gioco due trasformazioni: quella rossa che incarna la sua rabbia e quella blu che incarna le sue paure. Queste trasformazioni vengono utilizzate principalmente in combattimento, poiché i nemici di un determinato colore saranno vulnerabili solo ad una determinata trasformazione. In queste due forme Divine perde tutte le sue abilità di movimento, ma guadagna la possibilità di colpire in mischia tramite semplici pugni o un uppercut, schivare tramite una rotolata e utilizzare una tecnica speciale che consuma mana. Oltre all’evidente differenza estetica le due trasformazioni sono sostanzialmente identiche, cosa che certamente limita la varietà. Le tipologie di nemici non sono molte, ma risultano comunque sufficienti. D’altra parte i boss sono particolarmente deludenti in quanto tutti identici, eccezion fatta per quello finale. Padroneggiare il sistema di combattimento, per quanto semplice esso sia, non sarà immediato, a causa della confusione dovuta alla gestione delle due trasformazioni nel caso in cui i nemici su schermo siano di entrambi i colori. Nonostante sia un Metroidvania sono molte le mancanze di Red Goddess rispetto al genere di appartenenza. Il titolo infatti è totalmente lineare nonostante il backtracking sia tutt’altro che assente. Non esistono percorsi alternativi o segreti, non ci sono collezionabili se non alcune skin per il personaggio e gli unici potenziamenti acquisibili riguardano mana e salute, acquistabili tramite delle monete sparse per il mondo di gioco.  Graficamente il titolo degli Yanim Studio è ben curato e piacevole da guardare, nonostante la ridotta mole poligonale. Il merito principale di ciò è dovuto alla direzione artistica, ispirata soprattutto nella realizzazione dei paesaggi naturali. Una palette di colori particolarmente accesa rende il mondo di gioco vibrante e vivido, nonostante la ripetizione diffusa di modelli poligonali. Quest’ultimi, a differenza dello scenario, sono interamente tridimensionali, ben realizzati nell’aspetto ma generalmente poveri in quanto animazioni. Nonostante tutto la vera problematica di Red Goddes: Inner World è senza ombra di dubbio legata ai numerosi bug che affliggono il titolo. Tra compenetrazioni poligonali, diffusi crash, animazioni che si bloccano, caricamenti a scatti e glich vari è chiaro che le operazioni di polishing hanno fortemente risentito del numero ristretto di sviluppatori a disposizione. Gli effetti sonori e colonna sonora sono invece di ottima qualità, andando ad accompagnare perfettamente il lavoro realizzato dalla direzione artistica. La longevità si attesta su un intervallo che va dalle cinque alle dieci ore. Uno spettro così ampio è dovuto principalmente alla difficoltà caratterizzante le ultime fasi di gioco, le quali potrebbero essere superate dopo un numero di tentativi parecchio elevati. Il titolo è disponibile solo in lingua inglese, cosa che potrebbe inficiare per molti la godibilità della componente narrativa.

– Narrativamente gradevole

– Componente artistica e sonora ispirate

– Curva di difficoltà mal tarata

– Lineare e privo di attività secondarie

– Non perfettamente ottimizzato

– Unicamente in lingua inglese

6.5

Red Goddess: Inner World deve aver richiesto un lavoro impressionante per essere realizzato, soprattutto con un team di sviluppo così ridotto. Il titolo purtroppo soffre di diverse problematiche dovute principalmente alla limitatezza di mezzi a disposizione degli sviluppatori. Nonostante questo il modico prezzo di 9,99 euro, unito ad una storia piacevole e ad una direzione artistica e sonora inspirate, potrebbero convincervi a dare una chance al viaggio di Divine attraverso il suo mondo interiore.

Voto Recensione di Red Goddess: Inner World - Recensione


6.5