Recensione

Rayman Origins

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a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

Come tutte le console portatili al lancio (i possessori di Nintendo 3DS e di PSP prima ne sapranno qualcosa), anche a PS Vita è toccata una congrua infornata di porting provenienti da altre console, alcuni trasportati pari pari, altri con l’aggiunta di caratteristiche pensate per sfruttare i numerosi sistemi di controllo alternativi che la nuova macchina Sony propone. Dopo l’esuberante Ultimate Marvel vs Capcom 3 e l’appena sufficiente F1 2011 di Codemasters, è la volta di Ubisoft, che porta sul brillante schermo di PS Vita la sua mascotte per definizione, quell’uomo melanzana a cui tanti giocatori sono affezionati, nonostante qualche episodio sottotono dopo l’eccellente secondo capitolo.Dopo il plauso pressoché unanime che la critica ha riservato a Rayman Origins nella sua versione per home console, vediamo se la versione portatile saprà mantenere lo stesso standard qualitativo.

Dove eravamo rimasti?Non è un mistero che Rayman 2, uscito ormai tredici anni fa per Nintendo64, Dreamcast e PSOne, sia risultato uno dei platform tridimensionali più riusciti a cavallo tra la quinta e la sesta generazione videoludica, quando le tre dimensioni irruppero prepotentemente nel mondo dei videogiochi, riscrivendo regole che sembravano scolpite nel granito. Un sistema di controllo preciso e versatile, tante trovate geniali e divertenti, un protagonista che sembrava più a suo agio nelle tre dimensioni di quanto non fosse nelle due, furono solo alcuni degli ingredienti del successo della creatura di Michel Ancel, eclettico designer monegasco ancora oggi tra le figure di spicco di Ubisoft.Se un errore ci fu, da parte della software house transalpina, fu sicuramente quello di sedersi sugli allori, ricalcando nel terzo episodio gli stilemi già noti ma senza quella brillantezza che aveva caratterizzato il gioco precedente, portando la serie ad accartocciarsi su se stessa, finendo col proporre “solo” dei buoni giochi a piattaforme. Fast forward fino al 2011: Rayman Origins sbarca su console HD e poco dopo su Wii, sfidando produzioni multimilionarie con la sola forza delle due dimensioni, sulla scia dell’incredibile successo riscosso da New Super Mario Bros. Wii solo due anni prima, proponendo un cocktail esplosivo, fatto di follia, giocabilità e level design.Le vendite, tuttavia, non sono state all’altezza della qualità del prodotto ma, nonostante il pubblico abbia premiato il lavoro di Ancel meno di quanto non abbia fatto la stampa di settore, PS Vita è sembrata il palcoscenico perfetto per far rivivere le avventure dell’uomo melanzana in salsa portatile, dopo l’escursione su Nintendo 3DS dello scorso anno con Rayman 3D.Togliamoci subito il dente cariato, l’unico in un sorriso altrimenti splendente: a differenza delle controparti da salotto, alla versione PS Vita manca il multiplayer cooperativo, una delle caratteristiche migliori del titolo, difficilmente ricreabile, a onor del vero, su una console portatile. La mancanza non è da poco, e la modalità Fantasma, che consente di cimentarsi in gare a tempo lungo molti livelli di gioco contro i fantasmi degli sviluppatori o di altri possessori del titolo (con lo scambio di dati tramite la funzionalità Near) è poco più di un brodino caldo, sicuramente ammirevole nelle intenzioni, meno in quanto a peso specifico e capacità di allungare la vita del prodotto.

Dal televisore allo schermo di VITARayman Origins si racconta in due righe, visto che è un platform in 2D dei più classici, che gioca sui tavoli del level e del character design piuttosto che su quelli della spettacolarità grafica e della varietà di nemici, che si fa beffe delle trame articolate che vanno per la maggiore e che non ha paura di sfoggiare una conta poligonale farebbe inorridire i più estremisti tra i neo possessori di PS Vita, fautori della ricreazione “on the go” delle meraviglie grafiche proprie di Playstation3. La trama è poco altro che un pretesto, non ci sono armi e i controlli si riducono ad un tasto per saltare (che in talune circostanze permette di planare se tenuto premuto), uno per attaccare e uno per correre, attività che si rivelerà necessaria in un numero ristretto di occasioni, tanto che non stupisce la naturalezza con cui vi ritroverete a districarvi tra un cielo ceruleo e un deserto spazzato dalle percussioni dei tamburi. Ogni salto, ogni attacco caricato, ogni nemico fatto scoppiare (con l’aiuto delle dita) vi avvicinerà ad uno dei prodotti meglio realizzati tra quelli disponibili al lancio di PS Vita, tanto come gioco a sé stante, quanto come eccellente porting, ulteriore testimone delle notevoli potenzialità della nuova macchina. Il rapporto tra gli input dati all’uomo melanzana e il suo comportamento su schermo è un rigoroso 1:1, con il movimento delegato allo stick sinistro, i tasti per il salto e l’attacco mappati rispettivamente su X e quadrato e la corsa affidata a entrambi i grilletti: quasi uno spreco, se pensiamo che l’analogico destro rimane inutilizzato e che nessuno dei due schermi touch di PS Vita risulta davvero coinvolto nell’avventura.L’eccezione è rappresentata da una utilissima funzione di pinch, ormai entrata nella prassi quotidiana grazie a smartphone e tablet, che consente non solo di apprezzare il meraviglioso sforzo artistico dei programmatori transalpini ma anche di valutare meglio salti particolarmente rischiosi e azzardi assortiti, e la possibilità di raccogliere i Lum (la moneta del gioco) toccandoli prima che si dissolvano nell’aria. Se in altre recensioni abbiamo criticato lo scarso utilizzo delle features esclusive di PS Vita, o viceversa la loro inclusione forzata all’interno del gameplay, qui facciamo fatica a lamentarci, se è vero che il rapporto con la tattilità consentita dalla console è naturale, mai eccessivo e mai intrusivo nell’economia di gioco, che si giova, anzi, delle piccole aggiunte rispetto alle versioni casalinghe.Come fu per queste ultime, i primi livelli prendono per mano il giocatore e lo conducono nel mondo pensato dai ragazzi di Ubisoft in maniera graduale, quasi lenta, prendendo tutto il tempo che serve per introdurre i concetti cardine e le azioni fondamentali che lo accompagneranno fino all’ultima schermata: il livello di difficoltà è permissivo ma mai troppo accondiscendente e il maggior numero di checkpoint, che si confà alla fruizione portatile del titolo, è bilanciato dalla mancanza della cooperativa che, pur dolorosa, costringe il giocatore ad affrontare da solo i “pericoli” del gioco.Menzione particolare per i livelli simil-sparatutto, anch’essi ripresi dalle versioni per console da salotto, che spezzano il ritmo e arricchiscono il gameplay, proponendo delle boss fight mai banali e sempre scanzonate, che vi strapperanno più di un sorriso.

Un quadro in movimentoIl comparto tecnico (non solo quello grafico, beninteso) di Rayman Origins è un testamento a quello che una direzione artistica ispirata è capace di realizzare, in barba al fotorealismo e alle massicce iniezioni di poligoni: un mondo colorato, sognante, visivamente impareggiabile ci avvolge come una coperta nelle più fredde notti d’inverno, trasportandoci in una realtà alternativa come solo un certo idraulico ha saputo fare negli ultimi anni.Lo spettacolare schermo OLED di PS Vita sembra incredibilmente a suo agio nel ricreare questi universi così alieni alla moderna concezione videoludica, facendoci a più riprese dimenticare di avere tra le mani una console portatile: l’esperienza audiovisiva è forse la più riuscita tra gli oltre venti titoli disponibili, sebbene probabilmente chi vorrà mostrare agli amici i muscoli di PS Vita sceglierà piuttosto la prima avventura portatile di Drake, e in questo quadro il sonoro assurge a coprotagonista e non, come spesso accade, ad attore di supporto.I motivi di sottofondo dipingono arazzi su cui i livelli si appoggiano, andando a costituire un unicum inscindibile: a sostegno di questa tesi, abbiamo provato a giocare a Rayman Origins senza cuffie, lasciando che un CD tra i nostri preferiti (dei Radiohead, per la cronaca) sostituisse l’accompagnamento originale.Nonostante l’innegabile valore del disco in sé, ci siamo accorti di come l’esperienza di gioco ne uscisse deformata, probabilmente peggiorata, laddove i coretti, le vocine e gli effetti sonori fuori di testa, si sono rivelati assolutamente necessari. Provare per credere.Nota finale sulla longevità: sebbene questa versione paghi pegno sotto questo aspetto se paragonata a quella casalinga, soprattutto a causa del taglio della modalità multigiocatore, ci si attesta comunque su livelli ben oltre la sufficienza sia considerato il genere di riferimento, sia tenendo presente la durata media degli altri titoli attualmente nel catalogo PS Vita.Una sessantina di livelli e una notevole quantità di extra vi daranno filo da torcere per parecchio tempo.

– Giocabilità allo stato puro

– Direzione artistica stupefacente

– Accompagnamento musicale maestoso

– Uno dei migliori platform dell’ultimo decennio

– Manca il multiplayer cooperativo

9.0

Sareste pienamente giustificati ad esimervi dall’acquisto di Rayman Origins se, e solo se, foste già in possesso di una delle tre versioni precedentemente uscite. La nostra valutazione si vuole basare sul gioco inteso come platform portatile e vuole premiare questa produzione in tal senso.

La più che probabile disponibilità di uno schermo di dimensioni generose e un multiplayer chiassoso e divertente costituirebbero due ottimi motivi per lasciare sugli scaffali questo porting per PSVITA: in tutti gli altri casi, però, sareste davvero degli sconsiderati a lasciarvi indietro il miglior platform che abbia mai graziato una console portatile senza avere per protagonista un idraulico baffuto.

Dato che il secondo classificato, Sonic the Hedgehog Pocket Adventure per Neo Geo Pocket, è decisamente di difficile reperimento, il consiglio acquista ulteriore valore.

Voto Recensione di Rayman Origins - Recensione


9