Recensione

Ratchet: Gladiator

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a cura di Redazione SpazioGames

Il Gladiatore, ma senza Russel CroweLa più celebre serie platform-sparatutto di Sony, con quest’ultimo Ratchet: Gladiator, giunge alla sua quarta incarnazione; niente di cui stupirsi, visto l’andamento di un mercato videoludico saturato da fiumane di seguiti, nell’ottica dell’abusato “squadra che vince non si cambia”. In attesa del primo franchise next-gen di Insomniac, l’FPS fantascientifico I-8 annunciato su PS3, non resta che sorbirsi l’ennesima minestra riscaldata a base di personaggi cartoon, missioni assortite e dosi massicce di blastaggio ad arene.

L’occhio, l’orecchio e le loro partiRatchet: Gladiator sa di già visto dopo appena qualche istante di gioco; superati i menu di rito, sono i filmati in computer grafica ad introdurre all’azione; nonostante risultino ben diretti, compressi e soprattutto doppiati (rigorosamente in italiano, da attori professionisti già sentiti all’opera nelle TV nostrane), difficilmente si può resistere alla tentazione di skipparli senza pietà: la storiellina scontata (che vede un Ratchet in versione cyborg coinvolto nel pirotecnico spettacolo televisivo Dreadzone) e le gag pseudo-buffe incontreranno approvazione solo da parte dei fans più accaniti. L’unico motivo di insoddisfazione legato all’impianto grafico di Ratchet Gladiator può risiedere nello stile artistico adottato; le fattezze dei protagonisti, che non sembrano incarnare propriamente un ideale universale di “mascotte videoludiche”, non incontreranno i favori di tutti gli osservatori. Impressioni soggettive a parte, da un punto di vista tecnico non c’è niente da eccepire; le ambientazioni sfoggiano una ragguardevole estensione di campo ed una discreta varietà di paesaggi, l’immagine è pulita, il motore grafico assicura la giusta fluidità in tutti i frangenti.Sembra che i grafici coinvolti nel progetto abbiano raggiunto una sorta di “livello di saturazione”: è come se la qualità generale e le idee di design abbiamo toccato il culmine delle potenzialità insite nel franchise.

Pizza o minestrina?Il nocciolo del gameplay è l’abbattimento dell’esercito avversario all’interno di arene prestabilite; gli obbiettivi includono amenità come il raggiungimento di locazioni predeterminate, l’attivazione di scudi difensivi o la protezione di strutture amiche, ma alla fine della fiera si tratta solo di riempire di piombo i nemici sul campo. Si parla di “piombo” solo in senso figurato: l’arsenale a disposizione di Ratchet include una nutrita selezione di armi non-convenzionali dalle denominazioni pittoresche, che spaziano dal Cannone al Magma (no, non si fuma) al Decimator B-6, dal Fucile a Fusione al Lanciatorrette, ognuna caratterizzata da tempo di ricarica, potenza e frequenza di sparo. Manco a dirlo, sarà indispensabile un costante upgrade del proprio “hardware”, effettuabile dai negozietti disseminati un po’ ovunque nelle mappe di gioco; prevedibile come tutto il resto l’opportunità di condurre in sezioni apposite vari mezzi d’assalto, sia corazzati che di perlustrazione, in grado di introdurre un minimo di variazione sul tema anche nel tipo del sistema di controllo.Volendo trovare un barlume di novità nella generica routine, non si può che menzionare l’introduzione dei bots, automi tuttofare che accompagneranno l’eroe come fidi cagnolini, pronti al combattimento ed indispensabili all’esecuzione di specifiche azioni contestuali; tramite il d-pad sarà possibile impartire ordini alla propria squadra di ferrivecchi, facendoli riunire in formazione o spedendoli verso imprese difficoltose: idea carina, ma scarsamente approfondita e tutt’altro che originale.Tra una sparatoria e l’altra si alternano fasi di stampo platform, che prevedono successioni di salti e ondeggiamenti nel vuoto degni di un Tarzan del futuro (anche la “liana-rampino” in dotazione è hi-tech), o l’attivazione di particolari switch tramite “chiave inglese” (una sorta di “mod” dell’arma di mischia base); la gestione delle collisioni non brilla per raffinatezza, così come la calibrazione dei salti è complicata da inquadrature che tendono ad “appiattire” la percezione delle distanze.Il grado di coinvolgimento e la capacità di sorprendersi di fronte alle situazioni proposte da Ratchet: Gladiator, dipenderà in maniera drammatica dal grado di esperienza del videogiocatore e sarà inversamente proporzionale alla sua età anagrafica; se da un lato gli aficionados ritroveranno un ambiente giocabilistico familiare ed ampliamente collaudato, il rischio di scoprirsi annoiati dalla riproposizione dei medesimi concetti si annida dietro l’angolo.

Duracell o zinco-carbone?La durata dell’esperienza in singolo, intesa nei termini più lineari, si attesta intorno alle 10 ore scarse.Sembrerebbero pochine, ma per sviscerare a fondo il gioco e sbloccare tutto il ben di dio messo in palio occorrerà completare le “sfide” proposte in ogni arena, dal tasso di difficoltà generalmente superiore alla media. Inoltre l’interesse è stimolato dalla presenza di settore multiplayer ben progettato, che concede la partecipazione simultanea di 4 giocatori tramite split-screen o di 10 giocatori nel caso si sfrutti l’on-line; le modalità prevedono i classici Capture the Flag, King of the Hill e via discorrendo, oltre alla possibilità moderatamente intrigante di giocare in cooperativa.

– Frenetico

– Gameplay collaudato

– Multiplayer

– Formula di gioco stravista

– Poche idee originali

– Ripetitivo

7.0

Insomniac ha eseguito per l’ennesima volta il suo compito, confezionando con grande professionalità un prodotto solido, in grado di ritagliarsi uno spazio nell’offerta di software pre-natalizia; purtroppo Ratchet: Gladiator è genericamente privo di mordente ed incapace di proporre un qualsivoglia elemento di originalità che lo elevi nettamente dai suoi predecessori.

La formula prevede sempre la stessa, stravista routine di cannoneggiamento furioso, incastonata in un comparto tecnico di qualità e colorita da un contesto narrativo cartoonesco; il videogiocatore incorre inevitabilmente in una sensazione di deja-vu, posto di fronte ad un sistema di gioco fin troppo tradizionale e ad una resa estetica gradevole ma datata nel design.

Consigliato esclusivamente a coloro si avvicinino per la prima volta alla serie e riescano a trovare simpatiche le acide caratterizzazioni di Ratchet, Clank e compagnia blastante.

Articolo a cura di xpeter

Voto Recensione di Ratchet: Gladiator - Recensione


7