Recensione

Raging Justice, recensione del brawler all'insegna delle botte e della nostalgia

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a cura di Domenico Musicò

Deputy Editor

Chi bazzicava le sale giochi o possedeva le console del periodo a cavallo tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90, ricorderà senz’altro grandi classici come Streets of Rage e Final Fight, che da soli basterebbero per identificare alla grande un genere in voga nel passato e caduto nel dimenticatoio nell’era moderna. Dopo diversi tentativi di resurrezione nel corso delle generazioni passate, ci si è resi conto che quello dei picchiaduro a scorrimento è un genere che difficilmente riesce ad attecchire sul grande pubblico, anche se qualche titolo di buona fattura fiocca ogni tanto qua e là – come il buonissimo Mother Russia Bleeds
Raging Justice vuole non solo omaggiare le iconiche opere testé menzionate, ma anche dare una lettura più all’avanguardia dei brawler bidimensionali che possa far breccia nei cuori dei nuovi giocatori. 
Il Pugno Duro della Legge
Raging Justice, di base e a livello strutturale, non inventa proprio nulla. La premessa narrativa, non esattamente tra le più originali ma affine ai canoni classici del genere, vede una città piombata nel caos e nella violenza più brutale; senza controllo, anarchica e corrotta, è ormai in pugno alla criminalità. Il sindaco è stato rapito e solo tre valorose personalità possono fermare l’escalation d’odio insensato e fuori controllo che bracca i pochi cittadini onesti rimasti. 
Il primo è Rick Justice, 42 anni; è uno sbirro veterano della vecchia scuola, non gioca mai secondo le regole ma ottiene sempre ciò che vuole. Non va tanto per il sottile e ha uno stile di combattimento che abbina pugni, calci e ginocchiate devastanti.
Nikki Rage, 31 anni, è una ex militare molto abile a trovarsi sempre in mezzo a delle cattive faccende al fine di sgominare i crimini. Detiene il record di arresti nel distretto e il suo stile di combattimento è diretta conseguenza di un duro addestramento: preciso, rapido e potenzialmente letale.
Ashley King, 15 anni, è il personaggio che può apparentemente sembrare fuori luogo; eppure la sua infanzia trascorsa nel ghetto della città, oltre ad averla già forgiata, è stata rovinata dal timore della violenza tra bande. Si sente parte di questa bagarre, è in cerca di rivalsa e ha uno stile da lottatrice da strada. È dai film che ha preso ispirazione per le sue mosse più efficaci.
Nessuno dei tre ha una storia da seguire durante l’avventura e la scelta del giocatore è in fin dei conti solo tecnica ed estetica. Per il resto, il gioco rimane lo stesso, con la sua trama piuttosto triviale e scontata. 
Se a livello di trama tutto resta pressoché invariato, differente è il discorso da fare per l’approccio alle partite: si consideri infatti che alcune movenze, assieme a degli attacchi specifici, possono dare dei vantaggi evidenti. Prendiamo ad esempio la grande velocità di Nikki e la portata del suo attacco in corsa, che tramite la capriola ha un allungo pari al doppio di quello di Rick. Ebbene, vi basterà spesso alternare pugni rapidissimi, la classica spazzata e la capriola per venire fuori dalle situazioni più intricate. Non succede sempre, perché c’è da dire che Raging Justice non lascia molto margine di errore nemmeno a difficoltà media, pertanto bisognerà in ogni caso riuscire a gestire al meglio evasioni e attacchi. Attacchi che si suddividono nei classici pugni, calci, varianti aeree, uso e lancio di armi bianche e raramente da fuoco, attacchi da terra e prese. Difficilmente però utilizzerete tutte le mosse a disposizione, perché il gran numero di nemici che vi attaccheranno – soprattutto nei livelli più avanzati – vi costringerà a uscire da spiacevoli situazioni nelle maniera più spicciola, senza far sfoggio di virtuosismi. Ne consegue che anche il bilanciamento, in alcuni frangenti, avrebbe bisogno di qualche ritocco.
Bad Cop, Good Cop
Ciascun livello ha delle sfide interne facoltative da portare a termine, talune legate al punteggio, altre dipendenti da altri parametri (come dal tipo di arma con cui si fa fuori un nemico, quanto tempo si impiega per uccidere un boss e così via). Giocare a facile, normale o difficile cambia ovviamente il tenore delle sfide proposte, motivo per cui è bene prima conoscere a menadito Raging Justice e poi tentare di completarlo al 100%. 
La vera novità introdotta dal titolo di MakinGames è il sistema di condotta che il giocatore adotterà: poliziotto buono o poliziotto cattivo, con conseguenze derivanti dalle scelte fatte. Per ciascuna delle nove missioni disponibili, dalla schermata introduttiva è possibile vedere quali condizioni sono state soddisfatte: fare il cattivo poliziotto significherà uccidere in maniera violenta i teppisti che pullulano per le strade (a coltellate, colpi di ascia o persino guidando per pochi secondi trattori e trebbiatrici); fare il bravo poliziotto si tradurrà invece negli arresti di chi ha una taglia sulla propria testa. In quest’ultimo caso, i nemici, dopo essere stati malmenati, rimarranno storditi: toccherà a voi avvicinarvi tenendo premuto il tasto per la presa e mettere loro le manette. Picchiarli malamente vi darà un punteggio maggiore, arrestarli vi farà ottenere un bonus per la salute. A voi la scelta.
Considerando la difficoltà elevata del gioco, è apparsa intelligente la possibilità di poter proseguire dall’ultimo livello anche dopo il game over, inserendo un sistema che tiene in memoria il vostro status migliore legato al livello: se ad esempio siete arrivati con un massimo di tre vite e due “continue“, partirete in queste condizioni. E badate bene, ogni difficoltà è separata dall’altra come se si trattasse di tre salvataggi differenti.
L’altra modalità di Raging Justice è Brawl, che consiste, com’è facile immaginare, nella sopravvivenza a diverse ondate di nemici sempre più pericolose. Va detto che è generalmente più difficile della modalità storia, e tentare di completarla già a “normal” potrebbe darvi non pochi grattacapi. 
Lo stile grafico è particolare e a tratti bizzarro, poiché se è vero che alcune scelte controverse e volutamente strambe sono volute, è vero anche che la direzione artistica convince poco. I modelli pre-renderizzati dei nemici sono realizzati in 3D, così come gli scenari, e l’impasto che ne viene fuori non è certo dei migliori. Visti i risultati, sarebbe stato meglio optare per dei modelli bidimensionali di ben altra fattura, in pixel art o disegnati a mano. Mancano anche delle animazioni di raccordo, ma s’intuisce che in alcuni casi è una precisa scelta stilistica. Non sempre però, motivo per cui è facile rimanere un po’ perplessi da quest’altalenanza qualitativa. 

– Tre personaggi diversi tra loro e con stili di combattimento vari

– Sistema di moralità appena abbozzato

– Le sfide interne dei livelli aumentano longevità e rigiocabilità

– Graficamente bizzarro, con scelte stilistiche controverse

– Ha bisogno di qualche ritocco nel bilanciamento della difficoltà

– Nelle fasi avanzate, il gran numero di nemici vi costringe a ripetere a oltranza le mosse più efficaci

7.0

Raging Justice è un buon picchiaduro a scorrimento, che al di là del sistema di moralità appena accennato e non così determinante, non inventa nulla di nuovo. Sebbene alcune scelte artistiche siano convincenti, altre rimangono francamente inspiegabili; se riuscirete a passare sopra la cosmesi un po’ bizzarra del titolo, potrete far vostro un gioco che fa della nostalgia e dello sfruttamento dei canoni classici del genere i propri cavalli di battaglia. Guardando in casa Devolver troverete di meglio, ma il coraggio del publisher nel voler tentare di rinverdire i fasti di un genere ormai (e purtroppo) demodé è senz’altro da apprezzare.

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7