Recensione

Pixel Puzzles: Japan

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a cura di Naares

Ora, quando passi un’infanzia a fare puzzle insieme alla tua mamma e al tuo papà, e conservi un ricordo tutto sommato piacevole di questo tipo di esperienza, cresci pensando che i puzzle siano divertenti. Se cresci pensando che i puzzle siano divertenti, finirai inevitabilmente per fare nuovi puzzle, da adulto, anche arrivato alla trentina, con temi e numeri ovviamente da adulto, trovando una certa gratificazione e un non indifferente relax. E in fondo è giusto che sia così.
I puzzle esistono da un sacco di tempo del resto, un motivo ci sarà. E’ evidente che qualcosa nelle meccaniche di base funziona, prende, sa divertire e frustrare portando a gratificazione, alla fine.
Ma io sono più bravo e rovino tutto!
Invito il lettore a fare allora una riflessione su un pensiero che mi ha accompagnato durante le mie lunghissime (o almeno così sono sembrate) sessioni di gioco con questo Pixel Puzzles: Japan. La mia domanda è: quanto devi essere bravo per riuscire a rovinare e rendere odioso un sistema di gioco storicamente valido e ludicamente appagante? Quanto ti devi impegnare per apportare una mole di modifiche tale da annullare ciò che secoli di tradizione hanno costruito?
Perché francamente non credo sia un processo semplice, né istintivo. Occorre uno sforzo a livello creativo non indifferente.
Cerchiamo di essere professionali
Pixel Puzzles: Japan è un puzzle game in cui dovremo risolvere un certo numero di puzzle di difficoltà crescente, ovviamente a tema nipponico. I vari livelli sono organizzati a tier, e dovremo superare ciascuno dei tier per avere accesso al successivo.
Ciascun livello differisce dal precedente per il numero di pezzi che comporrà il tema, mentre all’interno dello stesso tier riusciremo a godere di una certa varietà nelle forme. I bordi dei pezzi infatti non avranno la sola sagomatura standard cui siamo abituati attraverso le versioni scatolate della nostra infanzia, ma presenteranno forme irregolari che aggiungono una certa varietà all’esperienza, invitandoci a migliorare il nostro colpo d’occhio e giocando con incastri anche originali. 
I pregi del gioco sono finiti.
Una volta alle prese con il nostro primo puzzle avremo modo di saggiare le “innovazioni” implementate dal team di sviluppo. Primo elemento: durante la costruzione non avremo la possibilità di guardare l’immagine del puzzle, salvo che di tanto in tanto e per pochi secondi. Questo avverrà perché – in maniera del tutto randomica – trovare la posizione corretta di alcuni dei pezzi ci farà accumulare dei punti e, una volta ottenuto un certo punteggio, potremmo cliccare su un pulsante a schermo per prendere visione dell’immagine che stiamo creando, ma giusto per una manciata di secondi.
Qualora un puzzle avesse pochi pezzi, la cosa può avere il suo perché. Chi abbia un minimo di dimestichezza con dei puzzle, sa bene che è possibile regolarsi sulla base dei cromatismi, cercando di intuire in che zona un determinato pezzo possa andare, e lavorando di pazienza è possibile riuscire a trovare gli abbinamenti corretti. Questo avviene su un tavolo, oppure su una scrivania, con la possibilità di raggruppare i pezzi di colore simile, magari costruendo nel contempo dei pezzetti di puzzle scorrelati dal nostro lavoro principale, ma che andranno sicuramente a trovare il proprio posto col tempo.
Su schermo le cose sono molto diverse. Manca fisicamente lo spazio per creare abbinamenti di alcun genere, e perfino per mettere insieme pezzi di colore simile. L’unico spazio che avremo a disposizione è quello in cui costruire la nostra immagine, motivo per cui nel gioco dovremo rigorosamente partire dai bordi e realizzare il resto in maniera molto classica, senza nessuna possibilità di manovra o di inventiva. Davvero limitante, ma ovviamente c’è dell’altro.
I pezzi non possono essere ruotati. Per quanto assurdo possa sembrare, i pezzi sono già orientati nella maniera corretta, e il nostro unico compito sarà quello di trovare sulla tavola la posizione in cui dovremo andare ad incastrarli. Per correttezza ammettiamo che molti videogiochi a tema puzzle sono afflitti dallo stesso difetto, forse per non complicare eccessivamente la vita a giocatori che dovranno affidarsi a un mouse, volendo dunque evitare di rendere tutto troppo complesso. Se di complessità può parlarsi.
Una volta che avremo trovato il punto esatto in cui inserire uno dei pezzi, questo si incastrerà sulla tavola, a prescindere dal fatto che abbia intorno altri pezzi o meno. Ciò significa che, in via puramente teorica, nulla vieterebbe di prendere ciascun pezzo e farlo scivolare a tentoni sulla tavola, fino al momento in cui non lo vedremo incastrarsi magicamente, indicandoci che abbiamo trovato la posizione corretta. Ma possiamo fare di peggio.
Gli sviluppatori hanno ben pensato di disporre tutti i pezzi non ancora collocati in una sorta di laghetto zen posto sui margini superiore e laterale sinistro dello schermo. Ciò significa che ciascun pezzo fluttuerà allegramente nel laghetto, muovendosi insieme agli altri e spostandosi di continuo, con animazioni palesemente realizzate in Flash in cui l’oggetto si muove in linea retta dal punto A al punto B, accavallandosi con tutto ciò che incontra nel suo tragitto. Idea pessima, come sarà chiaro fin da subito. Il problema è che salendo di livello, il numero dei pezzi aumenterà, questi si faranno più piccoli, e il delirio all’interno del laghetto non avrà molto a che vedere con gli insegnamenti della filosofia zen.
Vedremo in pratica una massa convulsa di pezzi che si muovono gli uni contro gli altri, e cercheremo di trovare qualcosa con un bordo in maniera tale da afferrarlo e portarlo sulla tavola. In genere fatica sprecata, dato che quando scorgeremo qualcosa di utile questo andrà a perdersi un istante dopo nel marasma in costante movimento, sparendo alla nostra vista. Ma non basta. 
A voler rendere la cosa ancora più problematica è il rilevamento dei click del mouse. Quando infatti vorremo tirar fuori un pezzo dal laghetto, non sarà sufficiente cliccare su di esso, ma dovremo cliccare esattamente al centro del pezzo stesso. Cosa ardua considerato che questo è in movimento costante, cosa molto più ardua considerato che andrà a passare sopra e sotto altri pezzi con movimenti randomici. Cosa impossibile quando, arrivati nei livelli più avanzati, le dimensioni saranno tali da rendere del tutto casuale cosa tireremo fuori con un click. A questo punto sarà necessario fare l’unica cosa possibile, ovvero cliccare a caso, portare i pezzi fuori dal laghetto e disporli alla rinfusa sulla tavola, che diventerà caos. 
Questo è Pixel Puzzles: Japan. 

HARDWARE

OS: Windows 7, Vista Processor: Core 2 Duo Memory: 1 GB RAM Graphics: DirectX 9.0 Compatible Hard Drive: 85 MB available space Sound Card: Generic Sound Device

– Non pervenuti

– Riesce a devastare idee brillanti che funzionano da secoli

4.5

Bocciato perché condito da una malsana creatività volta al peggioramento di meccaniche solide. Bocciato perché rende frustrante e odioso un passatempo che diverte da secoli l’intero genere umano. Bocciato perché non ha alcun senso. Spendete i vostri soldi in qualunque altro modo.

Voto Recensione di Pixel Puzzles: Japan - Recensione


4.5