Recensione

Pirati dei Caraibi: La maledizione del forziere fantasma

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a cura di SAH

L’industria videoludica, secondo quanto riportato dai più importanti mezzi di informazione americani, da diversi anni ha scavalcato negli introiti il mondo cinematografico costringendo le più importanti case di produzione a sondare altri terreni. La riproposizione della pellicola sulle principali console e su PC permette alle società di coprire e recuperare gran parte dei soldi investiti. Non sorprende quindi che in contemporanea con l’uscita dell’atteso seguito delle (dis)avventure del pirata Jack Sparrow nelle sale americane, faccia la sua comparsa la sua trasposizione videoludica.

Cavalcando l’onda del successoSia il film che il videogioco ottennero un successo inatteso da Disney Pictures. Il film con il giusto mix di azione e ironia conquistò letteralmente il pubblico, il videogioco curato da Bethesda Software (la stessa di Oblivion) distaccandosi dalla trama originale regalò agli appassionati un’intensa avventura nel mare dei Caraibi. Il nuovo titolo curato da Amaze Entertaiment si presenta sul piccolo gioiellino Sony con ben altre ambizioni: il gioco seguirà la trama originale del film e avrà una struttura lineare a livelli. L’impatto grafico non è dei migliori: gli ambienti, privi di mordente, sono realizzati con texture approssimative che appaiono come se fossero dipinte su sfondi fissi. L’interazione con l’ambiente è pressoché nulla e limitata solo a pochi oggetti che devono essere utilizzati obbligatoriamente dal giocatore per risolvere determinati enigmi. I modelli usati per i nemici si contano sulle dita di una mano e capiterà di ritrovare gli stessi avversari dei primi livelli nella fase finale del gioco. Il comparto sonoro è pressoché assente se si escludono i rumori dei colpi di spade e delle esplosioni e la simpatica sigla che accompagna il giocatore tra i menù di gioco. I filmati invece sono tratti dal film originale e saranno proposti come premio al termine di ogni livello.

Giocabili si nasce non si diventa..Non ci sarebbe stato alcun problema a chiudere un occhio sul comparto grafico e sonoro se a livello di giocabilità il titolo si fosse rivelato valido ma, ahinoi, anche in questo caso siamo state vittime di una cocente delusione. I combattimenti sono precalcolati e non permettono di sferrare colpi a proprio piacere ma, come in un titolo musicale, sarà obbligatorio premere una combinazione tra i due tasti a disposizione, in caso di errore l’attacco andrà a vuoto e saremo vittime del contrattacco del nemico. Questa combinazione di tasti andrà ripetuta all’infinito per ogni singolo combattimento. L’unica variante è rappresentata da un terzo tasto che permette di rendere incosciente per alcuni secondi l’avversario, particolarmente utile quando si deve affrontare più di un nemico contemporaneamente e dalla possibilità di gettare alcuni barili per bloccare temporaneamente l’avanzata. I combattimenti avranno un ruolo predominante all’interno del gioco, pertanto stupisce la limitatezza della distribuzione delle ampolle per la salute ma soprattutto l’assenza del salvataggio libero. I Checkpoint sono pochi e maldistribuiti: capiterà infatti di giocare per decine di minuti per poter poi essere costretti da un banale errore a dover rigiocare gran parte del livello. Quando Jack Sparrow non combatte dovrà risolvere alcuni enigmi elementari, resi però ostici da un sistema di controllo a dir poco imperfetto, dato che spostare il pirata in diagonale si rivelerà un’impresa più difficile del previsto a causa di un ritardo di qualche frazione di secondo nella risposta dei comandi, oppure potrà utilizzare la sua nave per spostarsi da un’isola all’altra. In questo caso il giocatore non può navigare liberamente ma è costretto da avversari tenaci e muri invisibili a seguire una rotta prefissata. Se a tutto questo aggiungiamo una dubbia gestione della telecamera che saltuariamente impazzisce perdendo di vista Jack e i suoi nemici e una ingiustificata assenza di bonus di spessore che invoglino il giocatore a continuare, è facile intuire la mediocrità del lavoro svolto dagli sviluppatori per la campagna singleplayer. Discorso a parte merita invece il multiplayer: quattro giocatori umani potranno scontrarsi in altrettante modalità di gioco: Last Ship Standing (variante del Last Man Standing), Deathmatch, Plunder The Flag (variante del Capture the Flag) e una modalità a tempo. Ogni giocatore potrà scegliere tra cinque galeoni differenti per peculiarità sia in positivo che in negativo. Inoltre sarà possibile potenziare ulteriormente il proprio veliero grazie ai numerosi oggetti diffusi lungo tutta la mappa di gioco.

+ Filmati originali

– Assenza di checkpoint

– Ingiocabile

– Grafica inesistente

4.0

Pirates of the Carribean: Dead Man’s Chest è un titolo che fallisce sotto qualsiasi aspetto: graficamente non regge il confronto con titoli per Playstation, il comparto sonoro è inesistente mentre la giocabilità è talmente limitata da far impallidire un puzzle game. Un titolo così approssimativo che non dovrebbe entrare in nessuna ludoteca che si rispetti.

Voto Recensione di Pirati dei Caraibi: La maledizione del forziere fantasma - Recensione


4