Recensione

Phoning Home

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a cura di Daniele Spelta

Redattore

I videogiochi sono opere in grado di generare forti emozioni, di creare empatia in chi fissa gli occhi sullo schermo e di fargli sentire sulla pelle le stesse sensazioni che il protagonista virtuale sta provando in quel momento. Siamo essere umani, ed è quindi naturale avere a cuore il benessere dei nostri simili, che siano in carne ed ossa o che siano fatti di solo di pixel. Invece, quando attraversiamo pad alla mano delle terre desolate, magari distrutte da una guerra nucleare, oppure scenari devastati da cataclismi o, ancora, metropoli post-apocalittiche, ci fermiamo mai a pensare un attimo a cosa sia successo? Chi ha reso il mondo un enorme cestino dell’immondizia? Cosa ha portato l’uomo sul baratro dell’estinzione? Nessuna risposta, gli stessi videogiochi danno poca importanza a ciò che circonda i protagonisti, noi vediamo le scarse risorse rimaste in un mondo morente come l’ultima ancora di salvezza, e le deprediamo senza badare minimamente al fatto che questo non fa altro che accelerare la corsa verso un punto di non ritorno. L’empatia per l’ambiente non ci tocca nella realtà, le politiche ambientali sono viste per lo più come uno scomodo ostacolo da aggirare e quindi figuriamoci se c’è il tempo di fermarsi a ragionare quando si sta solo giocando in modo spensierato ad un videogame. Per fortuna non tutti i titoli sono uguali  e ve ne sono alcuni che toccano certe tematiche, anche in modo indiretto, portando il giocatore a ragionare su certi nostri comportamenti intesi come razza umana, ma senza per questo sfociare nel melodrammatico o nella retorica, appesantendo inutilmente l’esperienza di gioco. Questo è il caso di Phoning Home, un’avventura sviluppata e prodotta dal team indipendente di ION LANDS, un’opera che sotto la sua scorza di open-world basato sull’esplorazione e sul crafting, nasconde un messaggio ben più profondo.
Natura morta
Le vicende in Phoning Home iniziano a bordo di un’astronave che, nemmeno ci fosse il bisogno di dirlo, ha i motori in avaria e sta per precipitare su un pianeta sconosciuto. In questa spiacevole situazione, il giocatore veste i panni di un naufrago fatto di bulloni, piastre di ferro e ingranaggi, un piccolo robot chiamato ION, il cui compito è essenzialmente quello di recuperare la maggiore quantità possibile di risorse nel tentativo disperato di rimettere in sesto la nave e tornare così sul proprio pianeta P1. Dietro questo banale velo si cela però una storia un po’ più complessa. Il velivolo su cui viaggiavamo non è un semplice mezzo di trasporto, ma è un vero e proprio computer senziente dotato di una propria personalità, chiamato EU_18TR289x65, il cui compito è quello di viaggiare per le galassie con lo scopo di riempire il più possibile la propria stiva con le risorse recuperate – rubate – dagli altri corpi celesti per riportarli sul proprio pianeta madre. Lo stesso P1 a sua volta nasconde un presente dai tratti fortemente inquietanti, che affiorano solo a una più attenta lettura: sul suo suolo non esiste infatti alcuna forma di vita come noi la intendiamo, anzi, l’ossigeno stesso viene visto come uno dei principali nemici da parte degli “abitanti” del pianeta, degli esseri metafisici che oramai hanno superato i propri limiti corporei, che non conoscono il significato di fame, di sofferenza e di morte, ma nemmeno di gioia, felicità o amicizia, con i legami famigliari, di amicizia e di amore sepolti in un passato remoto. Queste entità non organiche vivono in un apparente paradiso, in cui circa 600 anni fa è stato spezzato il cerchio di nascita – vita – morte e sono stati banditi tutti gli organismi viventi, dando così vita a una società utopica sorretta dalla pace e dalla prosperità, ma anche da un concetto estremo di purezza. Solo pochi osano opporsi a questo pensiero unico e le forme di resistenza, seppur numericamente scarse, si sono organizzate in una formazione politica chiamata Oxies, che si batte per reintrodurre l’ossigeno su P1, per ripopolarlo con forme di vita e per ridargli l’antica bellezza ormai coperta sotto strati di acciaio e ferro. 
L’incontro che ti cambia la vita
Su questo sfondo si innesta l’avventura di ION, un piccolo robot, all’inizio un semplice strumento di recupero materiali, senza alcuna volontà e interamente guidato da EU_18TR289x65 nel ritorno verso casa, ma la cui esistenza cambierà in modo radicale dopo l’incontro con ANI, un timoroso e simpatico incrocio tra Wall-E e BB8. Questa seconda unità mobile è anch’essa dispersa sul suolo alieno ma, a differenza di ION, può parlare e dalla sua bocca metallica escono di continuo dei forti interrogativi attorno al concetto di vita su P1: è giusto derubare gli altri esseri viventi per sostenere una distopica forma sociale? Le enormi creature che volano nei cieli, che lottano in mezzo ai deserti, che combattono per sopravvivere non hanno un’esistenza migliore, più vera, rispetto alla fredda e asettica comunità di P1? Fino all’incontro con ANI, la voce di EU_18TR289x65 era l’unica guida, che non poneva alcun dubbio attorno al recupero dei materiali, anzi, incitava alla raccolta di radici, funghi e semi, perché così si evitava il rischio di veder nascere un altro pericoloso albero. Ma quando i due robot sono costretti a collaborare, il punto di vista muta completamente ma, ed è qui che sta la bravura dei ragazzi di ION LANDS, questo non accade in modo repentino, forzando la mano con un colpo di scena, ma è piuttosto un tarlo che si insinua nella testa del giocatore: a chi si stanno rubando le risorse? Gli spettrali resti di una precedente civiltà sono forse un monito? Phoning Home ruota interamente attorno alla collaborazione tra i due piccoli robot non solo dal punto di vista narrativo, ma anche per quel che riguarda le meccaniche di gioco. La partenza avviene in sordina e le primissime ore di gioco non presentano grosse differenze rispetto ad un generico survivor: si esplora il pianeta, si raccolgono le risorse e si craftano gli oggetti indispensabili, come le celle energetiche, la benzina, le placche per rimettere in sesto il droide dopo le numerose cadute o altri ingranaggi ed innesti. Tutto questo si svolge con una estrema calma, perché ION non è certo un campione di velocità, ed i ritmi compassati rendono Phoning Home un prodotto sì contemplativo, ma possiamo anche capire chi si dovesse stufare vedendo i lunghi tempi indispensabili per raggiungere il prossimo obiettivo. Quello che però rende più farraginosa l’esplorazione e dilata i tempi utili per spostarsi lungo la mappa è proprio l’assenza di quest’ultima, così, per non perdere la giusta direzione, bisogna fare affidamento ad una sorta di bussola posta in cima allo schermo, dove vengono anche visualizzati gli obiettivi e le risorse da raccogliere, ma le cui icone finiscono spesso con il sovrapporsi, creando così non poca confusione. Come per la linea narrativa, anche per il gameplay, il punto di svolta è ancora una volta rappresentato dall’incontro con ANI e dalla nascita della simbiosi fra i due robot, costretti a cooperare fianco a fianco per non venire spazzati via da una tempesta di sabbia o per non finire congelati in mezzo ad una landa totalmente imbiancate. Da qui in avanti, Phoning Home si apre anche ad elementi da puzzle game, con sezioni di gioco da superare facendo lavorare all’unisono le unità mobili, aprendo ad esempio varchi per il teletrasporto in cui passare. Non mancano istanti in cui Phoning Home si trasforma in un platform, momenti che però non rimangono impressi nella memoria, con i due robot che spesso e volentieri si incastrano qua e là, ma sono le sempre presenti meccaniche da survivor game che subiscono la vera accelerazione, con ION che deve badare anche alla sopravvivenza di ANI, costruendo per lui ad esempio dei rivestimenti per evitare la corrosione dei suoi circuiti: da un lato questa scelta accresce esponenzialmente la richiesta di materiali da recuperare, ma d’altro canto serve ad approfondire e a stringere in un legame ancor più indissolubile i due eroi. 
Natura matrigna
Assieme ad ION e ANI, il terzo vero protagonista di Phoning Home è il pianeta alieno, un insieme di rigogliose foreste, di canyon solcati dai venti, di dune di sabbia e di fiumi di lava infuocata, che con i molti indizi dispersi sulla sua superficie fa subito capire come ci sia qualcosa di ben nascosto nelle sue profondità, un segreto che per ovvi motivi di spoiler non troverete in queste righe. Come detto in precedenza, Phoning Home è un gioco con i suoi ritmi e l’esplorazione di un’area di gioco richiede sempre svariati minuti, ma anche il solo vagare ammirando ciò che si presenta sullo schermo è un vero piacere. Alcuni panorami sono davvero capaci di togliere il fiato, ma fra tutti, quelli più ispirati nascono nella verde foresta che accompagna le prime ore di gioco, con scorci che si perdono a vista d’occhio, dove spuntano maestosi alberi o funghi fluorescenti alti come un palazzo di tre piani, mentre si alternano notti stellate, calde giornate con un tiepido sole od incessanti piogge. In una qualità generalmente alta, purtroppo ci sono anche ambienti meno evocativi, come ad esempio le infinite distese di sabbia che ci si ritrova ad attraversare assieme ad ANI, con dune tutte uguali che si perdono a vista d’occhio. Il pianeta dove è avvenuto la schianto è un luogo incantato e meraviglioso, da esplorare in lungo ed in largo, ma è allo stesso tempo un posto altrettanto pericoloso, dove vagano enormi creature pronte a mandare in frantumi i due piccoli robot. Esseri preistorici volanti, enormi golem, sciami infuocati, vermi che paiono venir fuori da Tremors o, ancora, giganteschi incroci fra una cavalletta ed uno scorpione sono solo alcuni dei mostri in cui ci si imbatte, la cui vista è capace di far tremare le ginocchia per la sensazione di impotenza che si prova, ma allo stesso tempo è impossibile non rimanere affascinati di fronte a tanta maestosità. Combattere contro tali creature è un mezzo suicidio e in Phoning Home questa è una strada per lo più sconsigliata, ma va detto che un combat system molto rudimentale è presente, anche se decisamente poco appagante e molto confuso, con un sistema di mira non molto preciso per il quale è difficile capire quando i colpi vanno o meno a segno e con i danni inferti ai due eroi altrettanto poco chiari. 
Il suono della terra
La bellezza dei panorami e degli scenari di Phoning Home è principalmente merito della direzione artistica data dai ragazzi di ION LANDS alla loro opera, capaci di giocare con gli effetti atmosferici e con un affascinante ciclo giorno-notte per ricreare un’ambientazione viva e pulsante, elemento indispensabile per sostenere le avventure di ION e ANI. Dal punto di vista meramente grafico, Phoning Home vive invece di alti e bassi: i parametri con cui giocare nelle impostazioni grafiche sono praticamente ridotti all’osso ed esistono solo, oltre alla risoluzione grafica, alcuni preset grafici, senza la possibilità di agire manualmente ad esempio sulla qualità delle ombre o sul dettaglio delle texture, alcune delle quali sembrano essere state estratte direttamente dai leggendari cunicoli di Gioventù Ribelle. Ottimo invece l’accompagnamento musicale composto ed arrangiato da Caleb Blood, con quasi trenta tracce tracce tutte differenti ad accompagnare ION e ANI nell’esplorazione del misterioso pianeta. Concludiamo l’analisi riportando l’ormai cronica assenza della lingua italiana, con tutti i testi – per la verità non lunghi e di difficile lettura – scritti in inglese.

HARDWARE

Requisiti minimi:– Sistema operativo: Windows XP / 7 / 8.1 / 10– Processore: Intel Core i3 / AMD, 2.5 GHz– Memoria: 4 GB di RAM– Scheda video: Shader Model 3, 2 GB video memory– DirectX: Versione 9.0– Memoria: 10 GB di spazio disponibile

Requisiti consigliati:– Sistema operativo: Windows 7 / 8.1 / 10 (64-bit)– Processore: Intel Core i7 / AMD FX-8350, 3.4 GHz– Memoria: 8 GB di RAM– Scheda video: NVIDIA GeForce GTX 780 (3 GB) / AMD R9 290 (4 GB)– DirectX: Versione 11– Memoria: 10 GB di spazio disponibile

– C’è una seconda e più profonda chiave di lettura

– Impossibile non affezionarsi ad ION e ANI

– Il pianeta è uno spettacolo terrificante

– Alcune enormi creature tolgono il fiato

– Non esiste una vera mappa

– Combat system impreciso

– Alcuni scenari sono meno ispirati

– Sezioni platform non sempre riuscite

8.0

Phoning Home non è il classico survivor game, certo, le meccaniche di gioco sono esattamente quelle, si raccoglie, si crea, si esplora e, appunto, si sopravvive, ma attraverso il legame che unisce ION ed ANI, grazie ai dubbi che nascono dalle sue parole, con il contrasto tra la morte biologica di P1 e il pulsante e tremendamente vivo pianeta alieno, l’opera di ION LANDS costringe il giocatore a porsi delle domande che, partendo da un semplice videogioco, riesco ad uscire dal medium. Mentre si recuperano con costanza i materiali, è impossibile non interrogarsi sul danno che si sta facendo all’ecosistema dove ci troviamo, sul cui suolo sono sparsi in ogni dove chiari segnali di una precedente civiltà. Al di là di queste tematiche toccate in modo diretto o più velatamente, Phoning Home è anche una storia di amicizia fra i due eroi robotici, è un viaggio fra immensi paesaggi, ma non è del tutto privo di difetti, come una navigazione alle volte spaesante ed un combat system molto lacunoso.

Voto Recensione di Phoning Home - Recensione


8