Open: Game Bang!

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a cura di Pregianza

Di recente è saltato fuori che l’Italia è il quarto mercato Europeo per quanto riguarda i videogiochi, alla faccia di chi pensava che da queste parti i videogame fossero un tabù e che buona parte degli italiani considerasse computer e console “la televisione del diavolo”, sventolando il rosario davanti a Gamestop, negozi di hardware e affini. Una triste verità riguardante il nostro bel paese però c’è: quando si tratta di cultura videoludica siamo il terzo mondo. Qui il videogioco viene spesso visto con superficialità, ed è scarsamente considerato, come se avesse bisogno di venir nobilitato rispetto agli altri media. Complici di questa ideologia sono anche un’informazione generalista che troppo spesso non si cura di questo mondo o addirittura ha la tendenza ad attaccarlo a casaccio, e un sistema universitario che poco offre a coloro che sui videogiochi vorrebbero lavorare.Qualche santuario dei videogames tuttavia in Italia esiste, e non mancano neppure gli appassionati che li sanno apprezzare in tutta la loro complessità. Il buon Emilio Cozzi di Edizioni Zero fa parte del gruppo, e ha pensato bene di dedicare uno degli Open in Triennale (per chi non lo sapesse, trattasi di confronti e discussioni riguardanti i più disparati argomenti, che vengono organizzati periodicamente in quel di Milano) proprio al mondo videoludico, alla sua evoluzione, diffusione, e al suo futuro. Per assicurarsi di mostrare più punti di vista possibili, ha invitato sviluppatori ed esperti provenienti da tutta Italia e, in quanto caporedattore di un bel sitello chiamato Spaziogames.it, tra i convocati sono finito pure io. Ho dunque finto di pettinarmi, e mi sono avviato verso la grigia ma iperattiva Milano, per partecipare a una bella tavola rotonda serale, e ascoltare gli interventi dei presenti. Ecco come è andata.

Sviluppare in ItaliaL’evento è durato due giorni, al primo dei quali non ho potuto presenziare poiché ero bellamente addormentato su un aereo di ritorno da Los Angeles. Un peccato, perché il day one è stato quello della presentazione di G|A|M|E , prima rivista italiana che tratta i videogiochi in modo scientifico e si cura di far sentire le voci di coloro che stanno dietro ai prodotti. L’idea è molto coraggiosa, e personalmente credo ci vogliano più pubblicazioni di questo genere nel nostro paese. Giunto durante il primo pomeriggio della seconda giornata, mentre il mio corpo era ancora convinto fosse notte causa jet lag, mi sono presentato rapidamente ai presenti, e preparato ad assistere ai primi interventi. Si è iniziato con alcuni sviluppatori indipendenti italiani, più precisamente Stefano Gualeni, e i Santa Ragione. Entrambi hanno presentato alcuni loro prodotti e hanno disquisito sui cambiamenti dell’industria, che grazie alla crescita della distribuzione digitale e del gaming mobile, permette ora anche a team di sviluppo non colossali di presentare prodotti innovativi e avere successo. Gualeni ha mostrato il suo Gua-Le-Ni: The Horrendous Parade, un bizzarro e peculiarissimo puzzle game disponibile per iPad, mentre Nicolò Tedeschi dei Santa Ragione ha portato video di vari progetti del team, tra cui il già uscito Fotonica, e l’interessante Mirrormoon, ancora in sviluppo. Subito dopo sono andati alla scrivania Andrea Peduzzi e Filippo Zanoli, che hanno parlato del Carcano Gameslab, un brillante progetto che ha coinvolto un centinaio di studenti dell’I.S.I.S. Carcano di Como e li ha iniziati alla programmazione. I risultati sono stati sorprendenti perché, nonostante l’inesperienza dei ragazzi, tutti i gruppi sono riusciti comunque a creare titoli rudimentali con soluzioni di design intelligenti. Un bell’inizio, che ha aperto un po’ gli occhi degli astanti sulla situazione degli sviluppatori indie in Italia, e sulle possibilità educative dei videogiochi.

Quello che il marketing, quello che Zynga, e quello che San FranciscoDopo gli sviluppatori, è stato il momento delle voci fuori dal coro. A iniziare è stato Massimo Maietti di Zynga, in conference call da San Francisco. Maietti ha messo in tavola un discorso elaborato per sottolineare l’importanza dei dati e delle percentuali nello sviluppo e nella vendita di un titolo. Discreta mazzata negli zebedei, ma comunque un intervento preciso e interessante. Si è poi passati a Mario Ricco, di Dreamslair, che rappresentava a tutti gli effetti “quelli che stanno dall’altra parte”. Esperto di marketing e veterano di tutto ciò che è economia nel gaming, Ricco ha citato le regole fondamentali per la creazione di un progetto di successo, impostando un discorso privo di fronzoli e piuttosto concreto, ma forse un po’ riduttivo agli occhi di uno sviluppatore o di un semplice appassionato. La botta assassina è arrivata dall’intervento di Matteo Bittanti, anche lui in conference call dagli Stati Uniti, che ha mostrato una lunga presentazione il cui significato è parso essere: “i videogiochi non servono a una ceppa, perché vivere a San Francisco e usare internet è più soddisfacente”, posizione che ha provocato contorsioni elaboratissime sui volti del pubblico. In verità, il discorso di Bittanti era più complesso di così, e non condannava totalmente i videogiochi, bensì ne trattava le limitazioni e l’immobilità evolutiva. Purtroppo il tempo era limitato e 40 minuti di presentazione erano improponibili, quindi non è stato possibile ascoltare interamente le sue posizioni a riguardo e comprendere del tutto la sua visione del media. A risollevare la situazione ci ha pensato Paolo Pedercini, con un curioso intervento d’attacco nei confronti dei social games, maledettamente ben strutturato. Alcune difficoltà tecniche l’hanno fatto saltare a metà, ma si è riusciti fortunatamente a riprendere il discorso a fine serata. Il momento di Pedercini è stato uno dei più apprezzabili della giornata, se non altro perché estremamente sensato in certi punti e piuttosto divertente in altri.

La tavola rotonda, che in realtà era una scrivania rettangolareDopo aver ascoltato parecchie ore di conversazione e osservato un pubblico dalla lodevole forza di volontà, mi sono apprestato a partecipare alla tavola rotonda, accompagnato da colleghi illustri quali il buon Antonio Jodice di Multiplayer, e Stefano Silvestri di Eurogamer. Al tavolo c’erano anche Fabrizio Vagliasindi di Milestone e Mauro Salvador di G|A|M|E, tutti sotto l’occhio vigile del sempre presente Emilio Cozzi. L’argomento doveva essere il futuro del gaming, forse un tantinello estensivo, al punto da portare la discussione a una crescita tematica esponenziale quasi inarrestabile, stabilizzatasi solo quando si è iniziato a parlare di possibili sviluppi della distribuzione. Tutti i presenti si sono lanciati in interventi molto ben costruiti, ma alquanto diversi tra loro. Vagliasindi ha rappresentato una sorta di forza positiva al tavolo, molto ottimista e felice dei cambiamenti dell’industria, nonostante non abbia mancato di citare le grandi difficoltà a cui le case vanno incontro quando si tratta di pubblicare titoli retail. Più neutrale la posizione di Jodice, che ha descritto accuratamente varie possibilità di sviluppo dell’industria e molte interessanti esperienze personali. Leggermente più pessimista Silvestri, che ha posto interrogativi interessanti sul futuro del console gaming e della distribuzione retail, arrivando a mettere in campo i cosiddetti titoli “quadrupla A”, ultra produzioni che potrebbero segnare definitivamente il successo o il fallimento delle grandi case in futuro. E io? Interrogato sul futuro del gaming ho risposto “non ne ho la più pallida idea”. Non ero né ubriaco né ancor troppo stordito dal viaggio di ritorno, semplicemente non mi sembrava possibile rispondere alla domanda. Le strade concepibili sono troppe, gli sviluppi dell’industria eccessivamente variegati e ricchi di potenziale. Tablet e mobile gaming? Distribuzione digitale? Gaikai e Onlive? Computer indossabili?  Medioriente che avanza? PC gaming al posto delle console? Super console? Social Gaming? Inscatolati con codici dentro? Il mondo dei videogiochi è ormai esageratamente diversificato e complesso. Le strade sensate sono tantissime, non si tratta di semplici bivi ma di un frattale, ed è impossibile prevedere quali rami bruceranno e quali cresceranno con certezza assoluta. L’industria a mio parere ha avuto un’evoluzione positiva che ha spianato la strada a molti sviluppatori ricchi di talento, ma ha ancora tanti elementi a rischio implosione e altrettanti in grado di cambiarne completamente il volto. Come si evolverà il tutto non lo so, ma nel frattempo è comunque bello poterne parlare, e avere la consapevolezza che qualcuno ti ascolta mentre lo fai e sparge la voce. Perché ok, siamo il paese dell’arte, della moda, del calcio, e di un sacco di altra roba (non tutta positiva) ma non è mai troppo tardi per aggiungere i videogiochi alla lista, quindi ben vengano giornate di questo tipo. Anzi, già che ci siete diteci cosa ne pensate voi qui sotto. I commenti servono a questo dopotutto!