Occhio Critico - La carica degli indie

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a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

“Quando il gatto non c’è, i topi ballano” recita un vecchio detto popolare.In un panorama console in cui i titoli tripla A si fanno attendere spesso troppo, lasciando insoddisfatti milioni di fan quando finalmente debuttano sul mercato, i topini rappresentati da decine di titoli indipendenti stanno pian piano rosicchiando fette di mercato (e del cuore degli appassionati) a suon di voti altisonanti, passaparola sul web e prezzi ridicolmente bassi.Abbiamo passato moltissime ore, negli ultimi due mesi, a giocare con titoli come il sublime Hyper Light Drifter, l’ignorantissimo Enter the Gungeon, il complicato Salt and Sanctuary ricavandone un divertimento incredibile e riflettendo, nel contempo, sulle derive che il mercato sta prendendo.Perché negli ultimi anni i titoli indie sembrano riscuotere più consensi di quanto non facciano le controparti dai budget ben più munifici? Esistono delle spiegazioni plausibili per un trend in crescita come questo?E soprattutto, chi può rispondere a queste domande se non Occhio Critico?

Qualità e prezzo 

I motivi per una tale ascesa sono numerosi, ma inquadrandone tre in particolare si riesce a limitare il campo d’analisi senza che questa risulti incompleta o grossolana: parliamo di prezzo, marketing e libertà creativa.Ovviamente, il minimo comune denominatore dev’essere rappresentato dalla qualità, senza la quale nessun titolo indipendente emergerebbe solo in quanto tale; a parte i tre esempi succitati, anche solo volgendo lo sguardo agli ultimi dodici mesi, potremmo aggiungere alla lista titoli come The Banner Saga 2, Axiom Verge, Crypt of the Necrodancer, Klaus, Firewatch, giusto per citarne alcuni.Indipendentemente dai voti della stampa specializzata, che comunque li ha premiati tutti (quale più, quale meno), questi prodotti hanno saputo scalare le classifiche di gradimento su Steam ed altri negozi digitali, regalando diverse ore di divertimento ai giocatori al prezzo di pochi spiccioli (il più costoso tra quelli citati non raggiungeva i venti euro, al netto di offerte e bundle vari).Facciamo partire la nostra disamina, allora, dal prezzo e da una considerazione tanto banale quanto veritiera: i giocatori sono molto meglio disposti a pagare un titolo tra i dieci ed i venti euro piuttosto che settanta.Altro fattore da non sottovalutare è che, a queste cifre, la maggior parte dei giocatori è disposta non solo a sperimentare, acquistando giochi che, sulla carta, non farebbero per loro, ma anche a perdonare evidenti difetti come una longevità spesso risicata o valori produttivi altalenanti.Senza entrare nel merito dell’annosa (ma sempre attuale) polemica sul prezzo dei videogiochi, il regime di mercato in cui vengono venduti oggi moltissimi titoli indipendenti rappresenta una situazione in cui vincono tutti: gli sviluppatori vedono premiato il loro talento, godendo anche di un discreto margine di guadagno, mentre i giocatori riescono a regalarsi ore di divertimento a basso budget, senza gravare sul proprio bilancio (personale o familiare che sia).Negozi virtuali come Steam e GoG, giusto per citarne un paio, svolgono un ruolo da protagonisti in questo scenario, ma anche i produttori console e i loro shop digitali (Microsoft nella scorsa generazione, Sony in questa) hanno fatto la loro parte. 
Qualità e proclami 
Un altro elemento assolutamente non secondario è rappresentato dalle aspettative, che possono fare la fortuna di un prodotto oppure sancirne il più completo fallimento, spesso, in entrambi i casi, ben oltre i meriti/demeriti del titolo in questione.La differenza fondamentale tra un titolo indie ed uno tripla A, allora, sta anche nel fatto che il primo, non potendo contare su una campagna promozionale degna di tal nome, per mere ragioni di budget, esce spesso dall’ombra poche settimane prima di essere rilasciato, senza il pesante fardello delle aspettative del pubblico che invece, nel caso dei giochi ad alto budget, vengono gonfiate per mesi (se non per anni) da trailer, rumor, informazioni leakate e immagini.Il non avere un background alle spalle gioca spesso a vantaggio dei titoli di piccoli studi indipendenti, che possono contare su nient’altro che il passaparola su internet o le recensioni di quella parte di stampa specializzata che offre loro spazio, sebbene sia innegabile la spinta propulsiva, in termini di vendite, che una campagna pubblicitaria faraonica può garantire ad un prodotto.Il problema, però, sta nell’abitudine di rinviare i giochi, molto in voga nell’ultimo lustro, e nel fatto che, erroneamente, certe fasce di pubblico si aspettano ogni volta il titolo perfetto che, per antonomasia, non esiste: quando sugli scaffali giunge allora un titolo buono ma non eccezionale, le aspettative vengono disilluse e prevale, in maniera del tutto irrazionale, la rabbia.Di buoni giochi vituperati a vario titolo ne abbiamo visti fin troppi negli ultimi anni: questo ai titoli indie non succede e, probabilmente, non succederà mai, ed anche qui va ricercata la loro forza.Quando determinati titoli indie vengono presi in carico dalle major, godendo così di una spinta promozionale sconosciuta ai loro congeneri, si possono innescare meccanismi ibridi, pericolosi per la salute del prodotto: penso a giochi come No Man’s Sky, Cuphead, Below, uno più promettente dell’altro, ma tutti si stanno facendo attendere più del dovuto.Soprattutto per il titolo previsto su PS4, allora, si rischia di finire vittima dello stesso corto circuito che affligge molte uscite tripla A: il troppo parlare del gioco e i suoi continui ritardi potrebbero generare un’ondata di malcontento al lancio, indipendentemente dalla qualità del prodotto finale, che sembra, invero, assai incoraggiante. 
Qualità e libertà
Last but not least, gli sviluppatori indipendenti possono godere di una libertà creativa spesso negata ai team che lavorano sui titoli tripla A, vincolati nel portare avanti saghe e storyline, nel far progredire un brand o nel dover ambientare le loro storie all’interno di una determinata ambientazione.Lasciati a briglie sciolte, invece, gli sviluppatori indie possono puntare su generi videoludici ritenuti poco commerciali, come gli strategici a turni o gli sparatutto bidimensionali, ibridare senza paura tipologie di gameplay differenti, esplorare modi unici di raccontare storie, e tanto altro ancora.Da brand consolidati il pubblico sa cosa aspettarsi, e non sempre, quando si è provato a cambiare le carte in tavola, la fanbase ha apprezzato lo sforzo innovatore, dimostrando di preferire un “more of the same” a qualcosa di radicalmente nuovo.In ambito indipendente è vero l’opposto, e spesso, sono proprio i titoli più peculiari o fuori dagli schemi a venire premiati dai videogiocatori; questo dovrebbe far riflettere anche molti publisher, restii a concedere anche le minime sperimentazioni nei titoli tripla A, complice il fatto che, in caso di flop, il disastro sarebbe consistente.Qualcuno sostiene che il talento risieda ormai solamente nei piccoli team e che non appartenga più a quanti sono stipendiati da grandi case di produzione: personalmente non mi trovo d’accordo con questa affermazione, pur apprezzando tantissimo il fervore della scena indie negli ultimi anni.Ritengo, piuttosto, che, insieme ad un budget consistente, lavorare per grandi marchi porti in dote anche oneri, su tutti quello di dover soddisfare il datore di lavoro prima ancora del pubblico, obbedendo a regole di mercato che, se spesso non fanno una piega a livello puramente economico, si rivelano molto limitanti in ambito creativo.Nonostante lo sdoganamento dei giochi difficili ed oscuri nella narrazione, quanti avrebbero scommesso budget faraonici su titoli come Hyper Light Drifter o Salt and Sanctuary, a base di pixel art, piattaforme bidimensionali e storie appena abbozzate?Ecco, nella risposta a questo quesito è contenuta, in nuce, tutta la questione.

Abbiamo snocciolato tre dei principali motivi per i quali i titoli indipendenti stanno conquistando fette di mercato sempre più ampie, di pari passo con l’accresciuta stima e considerazione tanto da parte degli utenti quanto della stampa specializzata.

Come sempre, non c’è alcuna pretesa di esaustività nella nostra analisi, ma l’intenzione di Occhio Critico è piuttosto quella di fornire spunti di riflessione e approfondire i temi dell’industria videoludica.

Quali sono per voi gli ulteriori motivi che vi spingono all’acquisto di un titolo indipendente?

Quanto incidono, in termini di ore settimanali, questi giochi rispetto ai titoli tripla A?

Non esitate a farcelo sapere nei commenti.