Recensione

No Time To Explain Remastered

Avatar

a cura di Aeffe87

I am you from the future. There’s no time to explain”. Ce la stiamo bellamente spassando davanti alla tv quando il nostro alter ego proveniente dal futuro, un omino stilizzato con occhiali da sole e pistola, fa esplodere la facciata di casa nostra senza convenevoli di sorta. Non fa in tempo a intimarci di seguirlo che la chela di un granchio gigante lo afferra, trascinandolo fuori dall’inquadratura tra urla ed ettolitri di sangue e facendogli cadere l’arma sul pavimento. Arma che raccoglieremo prontamente e senza esitazione, gettandoci con sguardo ebete all’inseguimento benché ignari del perché di quanto appena accaduto a video. Una scena, questa, che, pur con le dovute variazioni dettate dallo sviluppo narrativo, aprirà sistematicamente ogni nuova fase di No Time To Explain, piccolo progetto del team tinyBuild GAMES che oggi si rimette per la terza –e forse ultima– volta all’impietoso giudizio dell’utenza digitale. Nato infatti come Flash game nel non troppo lontano 2011, il titolo ha tentato il grande salto del digital delivery solo due anni dopo, sbattendo però il grugno contro un muro di bug e scivoloni tecnici ai tempi difficile da sormontare. Il 2015 porta con sé la sua incarnazione Remastered, venduta sullo store di Xbox One e su Steam –nonché gratuita per tutti i possessori della vecchia versione– al fine di rimediare a tutte le magagne summenzionate. Dovessimo obbedire pedissequamente al leitmotiv di cui in apertura, non avremmo proprio tempo di spiegare nel dettaglio cosa della produzione funzioni bene e cosa no. Per voi lettori affezionati, comunque, faremo un’eccezione.

Quintali di plasmaNo Time To Explain è un tradizionale gioco di piattaforme a scrolling orizzontale, dove l’utente ha il compito di percorrere quadri spazialmente ridotti fino al punto d’uscita, un vortice spazio-temporale che risucchia il personaggio allorché vi si trovi nelle vicinanze. Ogni stage è ricolmo di pericoli di ogni genere, solitamente acuminati e letali al pur lieve sfioramento.  Per evitare una brutta fine, il protagonista potrà contare soltanto sulla sua bocca da fuoco, una caotica pistola al plasma in grado di espellere uno spesso fascio d’energia azzurra utile non soltanto a rimuovere qualche oggetto fragile dal tragitto, ma, soprattutto, a far spiccare il volo a chiunque se ne serva, quasi fosse un rudimentale jetpack. Nonostante il nostro avatar possa saltare all’occorrenza, ci renderemo presto conto di come il platforming fondante il gioco sia in realtà quasi totalmente assoggettato all’impiego del laser blaster. Infatti, direzionandone il getto con la levetta analogica del pad potremo proiettare il buffo omino oltre precipizi estesi, attraverso strettoie di spuntoni altrimenti impercorribili e, più in generale, fargli compiere balzi da una superficie all’altra impensabili con il solo ausilio dei propri esili arti inferiori. Qualche sparuto livello propone una manciata di altre meccaniche, per cui, ad esempio, il personaggio ingrassa e rotola mangiando fette di torta, s’infiamma a contatto col fuoco per bruciare barriere in legno e diventa una specie di fionda umana quando reso oggetto di sperimentazioni genetiche; ad ogni modo, sono tutte lievi variazioni sul tema, per nulla capaci di togliere l’attenzione dal focus del gameplay, che resta il “balzo al plasma” tra gli ostacoli. Che poi, a sorpresa, è il vero, pesante punto debole della produzione tinyBuild. Perfino giunti al game over della campagna ci si renderà conto di come non sia del tutto possibile affermare con sicumera di aver acquisito una giusta padronanza del sistema di controllo. Non sempre l’emissione del laser verso il basso ci donerà la potenza propulsiva che ci aspetteremmo, e spesso senza una chiara giustificazione.

La questione tende inevitabilmente a cozzare con un level design la cui complessità strutturale, pur lodevole in termini di sfida, si mostra gradatamente in tutto il suo sadismo. L’inefficienza dell’input di propulsione si traduce dunque in un trial & error alle volte un po’ molesto, specie perché, come accennavamo, il protagonista ha a disposizione un solo punto ferita. Per fortuna, alla maggior parte dei decessi corrisponde un sistema di check point abbastanza generoso, con un respawn del personaggio presso l’ultimo lembo di superficie conquistato –salvo esser bruciati vivi o morire nell’acido, per cui dovremo ricominciare da inizio livello senza possibilità di appello. Lo stesso non si può dire per il salvataggio in-game, il quale avviene automaticamente solo dopo aver completato uno specifico –e abbastanza considerevole– set di livelli; feature, quest’ultima, che non favorisce granché sessioni di gioco troppo condensate. Ciò detto, a terminare l’avventura s’impiegano non più di quattro ore, che, da un punto di vista prettamente ludico, lasciano non poco amaro in bocca. Paradossalmente, sono quelle –poche– fasi che deragliano dagli stage canonici a regalare qualche soddisfazione in più. Parliamo in primis delle classiche boss fight a fasi che chiudono ogni mondo, che finalmente prevedono un uso offensivo della nostra pistola contro mostri più o meno mastodontici, da abbattere studiandone pattern e routine entro non più di tre chance di trapasso. Alcune di queste, peraltro, offrono una competizione sensibilmente diversa dalle consuete dinamiche platform, spaziando da sezioni simil-endless runner a inseguimenti aerei con sparatorie da vero e proprio shooter a scorrimento orizzontale. Un bel modo per dare più ampio respiro al gameplay, seppur sfruttato con fin troppa parsimonia.

I like crabsQuel che più convince di No Time To Explain, come facilmente intuibile da video e screenshot, è l’assurdità delle situazioni partorite dalle menti degli sviluppatori. Il racconto, scrivevamo in apertura, è un viavai continuo nello spazio-tempo, con il nostro avatar che dovrà sventare i piani del suo io-malvagio –differente dall’eroe solo per il fatto di sfoggiare sul viso un pizzo tondo– in un ciclico ripercorrere i medesimi scenari, che, però, muteranno drasticamente ogni qualvolta egli tornerà nel passato per avvisare uno dei tanti “se stessi” ancora inconsapevoli. Il tutto, che detto così potrebbe suonare come un casino inestricabile, si concretizza invece in un potpourri nonsense irresistibile, che graficamente e umoristicamente ricorda gli asdfmovie, video d’animazione demenziale divenuti celebri su YouTube a partire dal 2008. Non mancano poi fasi di gioco citazioniste e metaludiche; ne citiamo una particolarmente riuscita, che prende di mira la moda dei titoli in pixel art e le tante disquisizioni sul medium videoludico in relazione al concetto di arte, in cui il personaggio dovrà svelare lo scenario con la propria arma, qui opportunamente caricata con litri di china, imbrattando pareti e piattaforme celate dal bianco dello sfondo. La narrazione, pur volutamente non lineare e fracassona, diverte e si lascia seguire senza sforzi, ed è in più sostenuta da un voice acting di buona qualità, seppur eseguito da un solo doppiatore per ovvie esigenze diegetiche. E, parlando ancora un po’ di sonoro, bisogna quantomeno menzionare la particolare selezione di brani composta per accompagnare le gesta del goffo protagonista a linee curve. Quest’ultima si presta perfettamente a sottolineare la concitazione della messinscena con motivetti ben cadenzati e ossessivi, che alle volte, va detto, vengono purtroppo sovrastati da un’effettistica delle armi da fuoco volutamente esagerata.Due parole, in conclusione, sulla Remastered che interessa direttamente quest’articolo. Il gioco, da noi testato approfonditamente su PC, non presenta problemi tecnici evidenti, ed è dunque lecito sostenere che il lavoro di tinyBuild GAMES abbia in effetti dato i suoi frutti. Semmai, si potrebbe discutere sul fatto che ci siano voluti ben due anni per rassettare un prodotto che già ai tempi della release ufficiale ottenne un buon interesse da parte del pubblico; questa, tuttavia, è tutta un’altra storia.

– Un tripudio di umorismo nonsense

– Graficamente vivace e coloratissimo

– Boss fight ben congegnate

– Colonna sonora e voice acting convincenti

– Platforming mortificato da un sistema di controllo impreciso

– A tratti frustrante

– Breve e scarsamente rigiocabile

– Prezzo eccedente l’effettivo valore del prodotto

6.0

La domanda alla base di No Time To Explain è una e una soltanto: perché? Perché sacrificare un platform dal giusto carattere a un control system così impreciso, votato (in?)consapevolmente al demone della frustrazione? Perché riprendere in mano un titolo che già anni fa si mostrò al pubblico in forma tutt’altro che smagliante? Perché cedere a un rapporto durata-prezzo –€ 14,99 per poco meno di quattro ore di gioco– così poco allettante? Perché la malvagità di un villain dovrebbe risiedere in un pizzetto alla Van Dyke? Non tutti questi quesiti troveranno riscontro entro fine gioco e, a seconda della vostra esperienza pregressa con l’opera tinyBuild, non tutte le risposte che riuscirete a darvi potrebbero soddisfarvi. Tra l’altro, in base ai sacri dettami impostici dal titolo, non ci è concesso altro tempo per fornirvi ulteriori spiegazioni. Il consiglio, comunque, è di dare una possibilità a questa piccola produzione indipendente soltanto a patto che apprezziate la comicità illogica più spinta. Magari pazientando un po’, in attesa di un prezzo di vendita più vantaggioso.

Voto Recensione di No Time To Explain Remastered - Recensione


6