Recensione

Muramasa Rebirth

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a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

Nonostante la percezione generale sembri restia a cambiare, e i dati di vendita rispecchino questo trend, PSVita sta offrendo grandi soddisfazioni ai suoi possessori, tra grandi titoli, cross play, cross buy e cross save con PS3 e remote play con PS4.Nonostante non sia ancora del tutto passata la sbornia costituita da quel capolavoro chiamato Dragon’s Crown, e complici gli ottimi sconti di gennaio su PSN, abbiamo messo le mani su Muramasa Rebirth, porting per la portatile Sony dello splendido gioco d’azione già pubblicato su Wii nel 2009.Pronti ad unire arte e videogiochi?

Dal Giappone con furoreSottovalutato in maniera criminale (come molti titoli del catalogo Wii, aggiungiamo noi), Muramasa ebbe il coraggio di proporre meccaniche estremamente classiche, senza curarsi troppo di “imbellettarle” per le nuove generazioni, in un contesto come quello della passata console casalinga di Nintendo, fedele compagna di salotto di molti giocatori della domenica, a disagio con i tecnicismi di un sistema di combattimento tanto semplice da digerire quanto complicato da padroneggiare.Questo senza prescindere, naturalmente, dall’abbagliante direzione artistica ormai marchio di fabbrica di George Kamitani e compagnia, che ha reso ogni titolo pubblicato da Vanillaware un omaggio all’arte pittorica, da Odin Sphere a GrimGrimoire, con il con il culmine probabilmente raggiunto dal già citato Dragon’s Crown.Un plauso va al coraggio di Aksys Games, che ha deciso, all’alba del 2013, di portare anche in occidente il porting per PSVita già pubblicato in Giappone, nonostante gli insoddisfacenti risultati di vendita del capitolo originario su Wii: mentre gli Stati Uniti hanno goduto di una golosa edizione limitata (ordinabile su diversi store online anche dall’Italia e pienamente compatibile con Psvita europee), il publisher americano ha scelto la via “digital only” per il vecchio continente, rendendo disponibile Muramasa Rebirth su PSN a meno di 25 euro e aumentandone a dismisura il già ottimo rapporto qualità/prezzo.Se a questo aggiungete il supporto post lancio con ben quattro DLC venduti a meno di 4 euro, di cui il primo disponibile da pochi giorni, appare evidente come i ragazzi di Aksys Games abbiano creduto nella bontà del lavoro di Vanillaware e nell’amore dei fan verso i due eroi protagonisti di Muramasa Rebirth, la principessa Momohime e il ninja Kisuke.L’una, posseduta dallo spirito di un generale passato a miglior vita ma ancora con diversi conti da regolare si trova costretta, suo malgrado, ad abbandonare il suo castello e imbarcarsi in un viaggio verso oriente.L’altro, eccellente spadaccino, è vittima di un’amnesia totale, e viaggia in direzione occidente alla ricerca del suo passato e delle reali motivazioni dietro la sua voglia di rivalsa.Queste due storie, mai banali nel loro evolversi nonostante premesse piuttosto generiche, andranno ad intrecciarsi in maniera solo marginale, dividendo il titolo, di fatto, in due diverse esperienze di gioco, fruibili in qualsiasi ordine e anche a distanza di tempo l’una dall’altra.

Nuovo e vecchio si incontranoL’aspetto narrativo appare comunque un sottile fil rouge che tiene insieme le dinamiche di gameplay, vero cuore del titolo: Muramasa Rebirth unisce scontri all’arma bianca in un ambiente completamente bidimensionale ad una mappa di gioco articolata e labirintica presa in prestito dai giochi in stile “metroidvania”, che costringe a dosi a tratti eccessive di backtracking ma che, al contempo, premia l’esplorazione e la curiosità del giocatore.Il sistema di combattimento è eccellente nella sua immediatezza e nella fisicità degli scontri: dopo pochissimi minuti di pratica, aiutati da un tutorial breve ma completo, ci troveremo a dispensare morte in una danza coreografica e spettacolare, alternando in maniera molto naturale attacchi e parate, cambiando spada alla pressione del tasto triangolo e avvalendoci delle mosse speciali peculiari di ogni lama grazie al tasto cerchio.Senza perdersi in esose combinazioni di tasti, Muramasa Rebirth offre al giocatore, al contempo,m immediatezza e profondità tattica, chiedendo in cambio tempismo e rapidità nell’attuazione di strategie appropriate al nemico di turno: se infatti le prime due ore di gioco vi manderanno contro orde di ninja sprovveduti, sterminabili facendo ricorso al caro vecchio button mashing, già dalla seconda tappa del nostro viaggio sarà necessario conoscere i nostri avversari e rispondere adeguatamente alle loro offensive.Dimenticarsi della parata costringerà presto a ricorrere alle cure di una delle fonti termali sparse per la mappa, che ristorano punti ferita ed energia delle nostre lame, mentre eccedere nel difensivismo porterà le nostre tre spade equipaggiabili a spezzarsi, dimezzando le nostre capacità offensive: bilanciare le due fasi e rimandare al mittente le centinaia di shuriken che ci bersaglieranno nel corso dell’avventura non saranno compiti facili, ma la soddisfazione nel riuscire vale abbondantemente gli sforzi profusi.Ad aiutare il giocatore, oltre a delle mosse speciali via via più devastanti, sebbene assai costose in termini di anime, la possibilità, al cambio di spada, di godere di una sorta di smart bomb, che colpisce tutti i nemici a schermo e offre un attimo di respiro per il nostro eroe e che, a onor del vero, avremmo gradito veder mappata al touchscreen posteriore della console portatile Sony.Ad aggiungere aroma al piatto già gustoso, una componente ruolistica leggera ma che offre comunque un elevato grado di personalizzazione all’utente, che, grazie al fabbro demoniaco Muramasa e alle anime ottenute dai nemici sconfitti, potrà forgiare lame sempre più potenti, ognuna con abilità e caratteristiche diverse, peraltro necessarie a sbloccare dungeon segreti sparsi per la mappa di gioco.Oltre che all’inizio dell’avventura, ad ogni caricamento della partita salvata sarà concesso al giocatore di scegliere il livello di difficoltà dei combattimenti (comunque modificabile dal menu opzioni), in modo da offrire a chiunque la possibilità di godere del titolo, dai neofiti a quanti masticano da anni gli action game bidimensionali:se il livello “Legend” si concentra infatti sulla storia e difficilmente impegnerà anche il giocatore meno capace, quello denominato “Chaos” offre combattimenti assai più adrenalinici, e crediamo sia, in assoluto, il migliore godere al meglio del raffinato combat system.Dove Muramasa Rebirth fallisce è nell’offrire una mappa che riesca a rendere meno tediose le prolungate sessioni di backtracking, magari offrendo quest secondarie, nemici segreti e passaggi nascosti: in determinate fasi dell’avventura, la sola, lussureggiante direzione artistica si frapporrà tra il giocatore e la noia, visto che gli schermi già ripuliti non si ripopoleranno di nuovi nemici (salvo pochissime eccezioni).Il livello dei Castlevania post Symphony of the Night e dei migliori Metroid, in questo senso, è lontano, sebbene la longevità generale non ne risenta, attestandosi tra le 12 e le 15 ore.Volendo chiudere il discorso sulle cose meno riuscite del prodotto Vanillaware, non possiamo non citare l’assenza della buona localizzazione italiana vista cinque anni fa su Nintendo Wii, sostituita qui da sottotitoli in lingua inglese: questo dipende probabilmente dal cambio di produttore e dalla scelta di Aksys Games di portare il titolo solo in versione digitale e in fascia mid-price, ed è quindi comprensibile. Ciò non toglie che la presenza della nostra lingua, in accoppiata al parlato originale giapponese, avrebbe giovato alla fruibilità dell’opera finale.

Pura arte in movimentoPescando a piene mani da una delle tecniche pittoriche più apprezzate tra quelle provenienti dalla terra del Sol Levante, chiamata Ukiyo-e, Kamitani e il suo talentuoso staff ci consegnano, una volta ancora, un gioco che trascende i confini del bello, avvicinando ulteriormente i videogiochi alle forme d’arte più nobili.I colori prendono vita, i fondali sembrano piegarsi al soffiare del vento, i personaggi a schermo incantano per ricchezza di particolari e fluidità nelle animazioni: tutto concorre alla creazione di un quadro in movimento, reso ancora più brillante dal mai troppo lodato schermo OLED di PSVita, che risalta la qualità sublime del character design e le pieghe di una direzione artistica davvero mozzafiato.Nessuna delle foto a corredo di questa recensione rende anche solo lontanamente giustizia alla bellezza di Muramasa Rebirth, tanto quanto le parole descrivono a fatica il ritmo e la poesia infusi nella meravigliosa colonna sonora, inseparabile compagno delle nostre avventure nel Giappone feudale di Muramasa Rebirth.Mentre le fasi di esplorazione saranno accompagnate da molti degli strumenti tipici del campionario tradizionale nipponico, durante i combattimenti i ritmi si faranno veloci e indiavolati, quasi a mimare le piroette e i fendenti del nostro personaggio a schermo.Possediamo PSVita dal day one, e vi basti pensare che questo è sicuramente il gioco con il quale più abbiamo sfruttato la possibilità di scattare screenshot durante le partite.

– Sistema di combattimento flessibile e tecnico

– Art direction fuori parametro

– Longevo

– Meno di 25 euro per due storie, e altre in arrivo

– Backtracking a tratti eccessivo

– Nel porting si è persa la localizzazione italiana

8.5

Oltre che per gli innegabili meriti artistico/ludici, scegliamo di premiare Muramasa Rebirth anche per il prezzo competitivo, la bontà del porting e il supporto post lancio da parte del produttore.

Questo però non vi distolga dalla profondità del sistema di combattimento, dal grande numero di spade forgiabili, dalla longevità nettamente superiore a quella dei giochi appartenenti allo stesso genere, e, non in ultimo, dallo strabiliante risultato estetico raggiunto.

Pur con i piccoli difetti evidenziati in sede di recensione, il lavoro di Vanillaware merita senza dubbio un posto nella collezione di ogni possessore di PlaystationVita, dal feticista delle limited edition al dogmatico del digital only.

Voto Recensione di Muramasa Rebirth - Recensione


8.5