La coda lunga dei videogiochi: part 1

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a cura di Francesco Ursino

Il bello dei videogiochi è che li si può analizzare da diverse prospettive. La crescita del mercato videoludico non ha portato con sé solo l’inasprirsi di console war dalle derive isteriche, o la nascita di nuovi idoli e icone, ma anche e soprattutto un business dalle cifre estremamente importanti. Ecco perché a volte sembra giusto fare un passo indietro rispetto alle solite recensioni e analisi di titoli in uscita, e ragionare sui meccanismi che governano il mondo videoludico. Il compito di questo speciale, e degli altri che seguiranno, è proprio quello di approfondire uno di questi meccanismi.Nel 2004 l’allora direttore della celebre rivista Wired, Chris Anderson, con il suo libro The Long Tail se ne uscì fuori con un’idea che avrebbe condizionato la concezione dei mercati di massa negli anni a venire: stiamo parlando dell’applicazione delle curve a coda lunga a una quantità di mercati praticamente impossibile da definire, che vanno dal cinema all’industria musicale, passando per frullatori, yogurt, editoria e marmellate. Quello che nel 2004 Anderson non poteva ancora notare, o almeno non approfondire del tutto, era come la propria idea aderisse in modo estremamente convincente al mondo dei videogiochi. In questa serie di speciali, infatti, scopriremo come una semplice curva su un normale piano cartesiano spieghi molti, tantissimi fenomeni del nostro amato mondo videoludico. Curiosi di sapere perché? Continuate a leggere.

Rimandati in matematicaPrima di cominciare, è d’obbligo fare alcune precisazioni: nel paragrafo precedente abbiamo tirato in mezzo curve e assi cartesiani, ma non c’è di che preoccuparsi. Per capire i fondamentali del fenomeno della coda lunga applicata ai videogiochi non bisogna avere grandi conoscenze e, anzi, uno dei requisiti fondamentali è essere proprio un videogiocatore accanito, meglio se di lunga data. Per capire di cosa stiamo parlando, dunque, pensate a una situazione tipo: è appena uscito sul mercato il nuovo super mega blockbuster videoludico (scegliete voi se si stia parlando di un qualsiasi titolo Rockstar, Naughty Dog o semplicemente di un nuovo Call of Duty), e non sapete se andare a comprarlo nel negozio più vicino o scegliere il digital delivery. Facciamo finta per un attimo che i preordini non esistano, tanto per rendere il tutto ancora più schematico, e assumiamo che scegliate il negozio fisico: i motivi potrebbero essere diversi, come ad esempio la vicinanza, l’immediata gratificazione di ricevere subito il gioco dopo il pagamento, la bella sensazione che danno le custodie solide dei giochi messe tutte belle ordinate sulla propria libreria. In ogni caso, entrati nel negozio vi renderete conto di come al nuovo super mega titolo venga assegnato uno spazio molto importante in termini di copie esposte. Siccome visitate spesso quel negozio, magari speranzosi di trovare qualche titolo usato a poco prezzo, sapete già che il numero di prodotti esposti (tralasciamo le differenze tra piattaforme) supera di poco il centinaio di unità: è come se il mercato videoludico, in realtà traboccante di centinaia di titoli sviluppati ogni anno, si fermasse invece ai pochi titoli esposti nel negozio fisico. Nel piccolo esercizio di fiducia sapete di poter trovare le grandi hit videoludiche, ed è infatti per questo che lo avete scelto; anche se eravate indecisi sulla scelta di prendere o meno il titolo per il quale siete venuti, la mancanza di un gran numero di alternative potrebbe farvi propendere per l’acquisto.Poniamo invece che lo stesso mega super blockbuster decidiate di acquistarlo su Steam, Origin o qualsiasi altra piattaforma di digital delivery vi venga in mente. Entrati nella pagina catalogo, vi accorgerete subito di come il mondo videoludico non si limiti solo al centinaio di titoli presenti nel negozio fisico; comincerete a cercare il titolo che vi interessa, e magari lo acquisterete, ma nel corso delle vostre ricerche vi renderete conto di come il vostro gusto, prima o poi, vada a deviare leggermente dai titoli maggiormente mainstream: a qualcuno potrebbero interessare le avventure grafiche in 2D create con RPG Maker, a qualcun altro i bucolici simulatori che trattano di trattori e campagne, e ancora qualcun altro si potrebbe rendere conto che lo sport che fa per lui non è il calcio, ma bensì il rugby.La grande novità, dunque, è che grazie a internet il giocatore ha più scelta rispetto alle possibilità limitate del solo mondo fisico del punto vendita: una volta messo nelle condizioni di poter cercare liberamente, ognuno di noi è portato a esplorare il mercato videoludico alla ricerca del gioco perfetto, ed è proprio per questo che la coda (cioè la parte finale, quella gialla) della curva della figura 1 è lunga: anche allontanandosi di molto dai valori più elevati (ovvero i mega blockbuster, rappresentati dalla zona rossa), la domanda non scenderà immediatamente fino a zero. Ovvero, ci sarà una moltitudine di piccolissimi titoli che venderanno almeno una copia. Se pensate che per il singolo sviluppatore vendere una sola copia del proprio prodotto non sia una gran cosa, potreste essere in errore per due motivi: per cominciare, i piccoli sviluppatori potrebbero creare un gioco e diffonderlo solo per prestigio personale (non solo per guadagnarci quattrini) e, in secondo luogo, la diffusione di un piccolo indie potrebbe attirare i publisher più rinomati ed essere il trampolino di lancio verso produzioni dal budget più elevato (pensiamo ad esempio al caso di Portal, nato inizialmente da un progetto di alcuni studenti universitari).Quando viene dichiarato che Playstation 4 supporterà in ogni modo gli sviluppatori indipendenti, o quando Steam è stato ampliato con il programma Greenlight, non si è trattato (solo) di gesti di pura apertura artistica: Sony e Valve sanno bene che una moltitudine di titoli medio-piccoli che vendono anche solo una decina di copie può avvicinarsi, in termini di profitti, a un solo blockbuster che vende milioni di copie. In poche parole, qualsiasi parte della coda si voglia considerare, è tutto grasso che cola.

RipetizioniL’impatto con il concetto di coda lunga applicato ai videogiochi può essere un po’ disorientante, ma una volta capito il meccanismo, lo si può estendere a una moltitudine di situazioni, anche a quelle che vi stanno sotto il naso tutto il giorno mentre navigate su questo sito. Pensate alle news pubblicate da noi prodi redattori: anche qui, c’è una testa corta rappresentata dalle grandi novità legate ai nuovi titoli (Sony che annuncia che Playstation 4 non avrà l’always online, il primo gameplay trailer di GTA V), dove una sola news porta centinaia di migliaia di visite al sito, e una moltitudine di piccoli contributi (una nuova singola immagine per rFactor 2, il lancio di qualche tablet con qualche feature spiritosa) che non va oltre il centinaio di visualizzazioni. Va da sé che, messe insieme, tutte queste piccole notizie riescono ad avvicinarsi ai numeri registrati dalle singole news più importanti. Siccome l’unico limite incontrato dai poveri redattori è il tempo da dedicare alla ricerca di news, e non quello dello spazio (possono essere inserite quante news si vuole), non si deve più scegliere cosa sia importante e cosa no. Questo vuol dire che, potenzialmente, qualsiasi news videoludica e tecnologica presente sul web può finire sulla nostra home page, e di sicuro tutti i contributi verranno letti (e di questo, già che ci siamo, non possiamo che ringraziarvi). Qualsiasi news (ovvero: qualsiasi gioco), dunque, verrà letta, e in proporzione all’interesse verso il titolo oggetto del contributo si potrebbero presumere anche le future vendite dei giochi coinvolti.

Sintetizzando…Dal punto di vista di noi giocatori, il primo effetto della coda lunga è la scoperta che esiste tutto un universo di titoli che potrebbero interessarci, e che spesso si allontanano dai blockbuster. Pensate alla vostra esperienza di gamer, non importa che si giochi su PC o console. Personalmente, posso affermare con certezza che una decina di anni fa trovavo gli FPS molto più interessanti di quanto non faccia ora: ricordo ancora con affetto, tanto per fare un esempio, le fruttuose sessioni al primo Call of Duty. Ma proprio in quell’anno, nel 2003, qualcosa stava cambiando: a settembre era nata Steam, e qualche mese più tardi sarei finalmente riuscito a ottenere la linea ADSL. Queste due innovazioni, tra le altre, mi hanno portato al gamer che sono oggi: diffidente da alcuni blockbuster, sempre alla ricerca di titoli indie di nicchia (meglio se avventure grafiche), appassionato di alcuni prodotti che si trovano nel centro della curva (per esempio alcuni titoli a cadenza annuale, come certi sportivi di sport non popolarissimi). Ecco la mia coda lunga: preferire le avventure grafiche 2D a una sessione in multiplayer di Battlefield 3 non è essere snob, è solo la conseguenza di un lavoro di ricerca dei titoli che più si addicono alle mie preferenze. Spendo ancora per i blockbuster, ma invece che (spendere e) giocare solo a titoli di grande successo, accompagno il tutto con tante piccole spese per titoli indipendenti. Il discorso, ovviamente, comprende anche i titoli più datati che magari vengono scontati su Steam.I vari Xbox Live Arcade, Playstation Network, Origin, Desura, Good Old Games e via dicendo permettono proprio di intraprendere questo viaggio all’interno delle proprie preferenze: pad in mano, dunque, non c’è niente di meglio che mettersi alla scoperta di cosa ci piace di più, e che mai come oggi è sempre più alla nostra portata.

L’intuizione di Anderson sembra dunque essere valida anche per i videogiochi: mai come oggi le piattaforme di digital delivery consentono al giocatore di avventurarsi alla ricerca dei propri giochi preferiti, che cominciano a non coincidere sempre con i grandi blockbuster. Alle sterminate vendite dei grandi titoli si accompagna tutto un microcosmo di piccoli giochi che, pur vendendo poco, rappresentano una ricchezza (culturale ed economica) per tutto il mercato.

Nel prossimo speciale vedremo alcuni esempi di come piccole produzioni, partite dal fondo della coda, siano riuscite ad arrivare alla testa della curve e a diventare veri e propri successi commerciali e di pubblico. Vi viene già in mente qualche esempio?