Il caso Crash Bandicoot

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a cura di SirFran Snee

Siete ormai più vicini ai trenta che ai vent’anni, avete avuto un’infanzia e un’adolescenza ricca della scarsità di videogiochi di allora, avete in mente le ore trascorse a versare lacrime e sangue per completare livelli e sconfiggere boss senza capire quale fosse il trucco (e ammettetelo, ricordate ancora la prima “guida completa” del vostro videogioco preferito, senza la quale magari non avreste scoperto tutti i segreti e gli aneddoti)?

Se vi ritrovate in questa descrizione, il vostro profilo ben ricalca l’identikit del perfetto videogiocatore d’altri tempi, quello che è riuscito a giocare e rigiocare riempiendo svariate memory card di salvataggi dei giochi preferiti di cui ora si stanno sfornando versioni remastered a più non posso. Uno dei casi più felici, per le tasche di Activision e per la nostra nostalgia canaglia (che ha raggiunto livelli epici), è proprio quello del marsupiale dal vello arancione: Crash Bandicoot.

È proprio di questi giorni la notizia che uno dei maggiori franchise sbarcato sulla nostra console ventidue anni or sono, nel giro di meno di nove mesi dal suo ritorno sotto le luci della ribalta ha davvero superato se stesso. Un fenomeno interessante, perché è evidente che non ci si può limitare a definire le cifre di copie vendute come il solo risultato ottenuto da una cosiddetta “operazione nostalgia”. Qui l’amarcord non è stato l’unico fattore vincente: è tornato in auge un titolo dall’impianto particolare che (finalmente) si colloca come un’isola felice e lontana dai vasti continenti fatti di open-world e punta-e-clicca (e forse proprio per questo distacco è appunto felice).

Con questa struttura a livelli, raggruppando in un unico CD tre titoli diversi e riproponendo il tutto in una grafica tutto sommato rivisitata ma non troppo, Crash Bandicoot ci permette di dare una bella rispolverata ai sani giochi di una volta, dove non è il gioco ad adattarsi alle capacità del giocatore con diversi gradi di difficoltà, ma è il giocatore che deve accettare le regole imposte. Proprio questo aspetto poteva essere un neo, un ostacolo e un rischio per le vendite e l’accoglienza da parte del pubblico. Stando però alle ultime notizie non sembra affatto.

Ebbene, con un’abile chicane tra un rumour e l’altro circa possibili remaster di Spyro, Medievil e quant’altro, arriva l’annuncio dell’abbandono dell’esclusiva Sony di questo titolo e dello sbarco futuro del marsupiale e di tutta la banda di animali antropomorfi su altre console. Nientepopodimeno che l’eterna avversaria di casa Microsoft, Xbox One, ma anche per PC e, udite udite, Nintendo Switch. Tutto potevamo aspettarci, ma vedere il nostro eroe anche sul piccolo schermo della nuova portatile è davvero un momento di svolta, una notizia esplosiva tanto quanto una trafila di casse di TNT e Nitro tanto “care” al nostro marsupiale.

Questo significa che Crash sta arrivando su tutte le maggiori console del momento, confermando in maniera eclatante un ritorno, o una rinascita, in grande stile. Senza perdere però alcune logiche di marketing che erano state il motore propulsore della saga già agli esordi e che permangono, pur mutandosi. Consideriamo come il destino si sia intrecciato in maniera paradossale, basandoci meramente sul settore delle console, se confrontiamo gli esordi della saga di Crash, in diretto contrasto con un altro animaletto tutto pepe e azione, Sonic, a sua volta posto in diretta competizione con l’idraulico più famoso del mondo (nonché la fortuna dell’editore nipponico Nintendo), Super Mario e la sua cricca.

E ora invece Activision gioca questo asso pigliatutto disseminando il suo titolo anche sull’ultima piattaforma della grande N rossa, proprio lì, ma non senza ulteriori battaglie a suon di marchette, crossover e censure. Sì, perché la strizzatina d’occhio lanciata sotto forma di Easter Egg in Uncharted 4, dove abbiamo avuto l’onore e la sorpresa di rivedere qualche istante di un livello nel primo capitolo di Crash Bandicoot, ha aperto la via a una sorta di sodalizio tra questi due franchise, oltre a configurarsi come una tipica captatio benevolentiae. In seguito il favore è stato ricambiato dalla saga del marsupiale, inserendo in una scena di Coco Bandicoot delle immagini di Uncharted 4 sul pc che sta utilizzando.

Questo giro di valzer però è stato interrotto nelle versioni di N. Sane Trilogy che debutteranno sulle piattaforme sopraccitate durante l’estate 2018. Il motivo è facile: perché fare pubblicità con un banalissimo product placement a un prodotto della concorrenza? Ma in particolare, da purista quale mi ritengo, il quesito principale che mi pongo è: perché deviare un prodotto originale con una comparsa, “breve ma intensa”, di un contenuto che evidentemente non poteva esistere ai tempi della trilogia in questione? Un fatto oggettivamente anacronistico e che sfrutta in modo palese un prodotto che si è fatto largo nel mercato videoludico degli ultimi mesi, senza nemmeno faticare troppo, per dare visibilità a una saga anch’essa fortunata (soprattutto considerando gli eventi annessi e connessi proprio a Uncharted 4 all’epoca subito successiva al lancio).

Parlavamo della trafila di rimasterizzazioni che si stanno facendo largo sui social da parte di rumors tra l’ufficiale e l’ufficioso, tra cui quella del draghetto viola Spyro, già all’epoca della sua nascita associato a Crash Bandicoot. Pare sempre più consistente l’ipotesi che la demo inclusa nella trilogia per PS4 non sia una svista o un relitto del codice sorgente dell’edizione originale di Crash Bandicoot 3 Warped, ma una scelta voluta dagli sviluppatori per lanciare l’ennesimo messaggio in bottiglia ai naviganti del mare nostrum videoludens. Spyro torna davvero dunque? Lo scopriremo solo vivendo…

Di due cose possiamo stare dunque certi: da sempre Crash Bandicoot si è posto come una manovra di marketing, decisamente ben riuscita, tanto da destare interesse anche a un pubblico neofita della saga, oltre ad aver tranquillamente fatto breccia nel cuore nostalgico dei fan. Proprio per questo però, il marsupiale non può che meritarsi tutto il successo che ha ottenuto sin dai tempi di Naughty Dog e della sua facciona squadrata e irregolare che campeggiava su uno schermo a pochi colori vivacissimi e dal contrasto quasi fin troppo elevato.

Un successo che Crash Bandicoot avrebbe sicuramente raggiunto anche mantenendo una sua identità incontaminata dalle logiche di mercato, che per quanto possano essere di aiuto all’industria, rischiano di rovinare la purezza e l’innocenza di un gioco che aveva originariamente affascinato schiere di giovani giocatori altrettanto innocenti. Ad Maiora!