Recensione

Headlander

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a cura di erik369

Avete presente quei videogiochi che dai trailer e dalle immagini promettono di fare meraviglie, ma che poi si rivelano essere delle mezze delusioni, venendo schiacciati dalle stesse aspettative che il pubblico aveva su di loro? Casi del genere non sono mancati in questi ultimi anni, e più di qualcuno potrebbe affermare di come tale scenario non sia poi così raro o isolato. Nonostante questo, esistono anche i casi contrari. Parliamo di titoli che al solo vederli trasmettono sensazioni contrastanti, che non promettono nulla di buono. Eppure basta provarli con mano per qualche ora per ricredersi positivamente, arrivando persino ad elogiarli. Questo è esattamente ciò che ci è successo con Headlander di Double Fine. Il titolo ci aveva lasciati inizialmente freddi, per non dire di ghiaccio, ma in brevissimo tempo ci siamo ritrovati a cambiare completamente opinione su di esso, arrivando a promuoverlo senza remore.

Umanità digitaleHeadlander è un titolo a basso budget inquadrabile nel genere dei Metroidvania, in quanto presenta numerose similitudini, nonché l’intera struttura di gioco, con tale filone. Nonostante ciò, sono molte le caratteristiche presenti nell’opera dei Double Fine che la rendono particolarmente originale; ambientazione in primis, che attinge a piene mani all’immaginario fantascientifico degli anni ’70. Il titolo ci porta a vestire i panni dell’ultimo essere umano dell’universo, di cui però rimane unicamente la testa. Risvegliato improvvisamente in una nave spaziale, privo di memoria e impossibilitato a parlare, verrà contattato da un misterioso personaggio di nome Aldo, che lo aiuterà a fuggire dall’astronave prossima al collasso.

Inizieremo così un lungo viaggio per recuperare la memoria, durante il quale scopriremo come tutta l’umanità sia stata impiantata in dei corpi robotici, controllati poi dall’intelligenza artificiale Matusalemme. Come è solito accadere in questo tipo di storie, ci ritroveremo coinvolti in uno scenario molto più grande, da cui dipenderà il destino stesso dell’umanità.Queste brevi premesse dovrebbero essere sufficienti a farvi comprendere di come la trama non sia esattamente l’elemento preponderante in Headlander, in quanto non viene sviluppata e approfondita sufficientemente per essere tale. Si tratta più che altro di un accompagnamento, di uno sfondo sul quale viene posto il ben più solido sistema di gioco. 
In realtà le buone idee non mancano, ma non vengono approfondite e curate abbastanza per essere veramente degne di nota. A testimonianza di ciò vi è anche un ritmo di narrazione incostante, che vede un incipit abbastanza strutturato seguito da un forte rallentamento dello sviluppo della trama, che tende persino ad arrestarsi del tutto per l’intera parte centrale di gioco, lasciando che il gameplay assorba completamente il giocatore. Solo in concomitanza della fine la trama subisce un’accelerazione, arrivando a chiudere in modo abbastanza esauriente tutti i punti sviluppati nell’arco narrativo. 
In sostanza si tratta della solita trama in cui una situazione inizialmente personale e circoscritta, si allarga fino a coinvolgere il futuro di un’intera civiltà. Niente di malvagio insomma, ma neanche di realmente significativo. L’unico punto realmente negativo (se così possiamo chiamarlo) sta nella volontà più che evidente di voler fare comicità, lasciando tuttavia la maggior parte delle volte il giocatore completamente freddo. Le battutine, i buffi siparietti, il linguaggio dialettale, tutti questi elementi, implementati appositamente per voler rendere il gioco spassoso, ci hanno lasciati quasi sempre assolutamente neutrali, non riuscendo a far presa su di noi. Potrebbe essere un fattore soggettivo, ma abbiamo ragione di credere che il videogioco non riesca semplicemente a risultare divertente da questo punto di vista.

Testa fra le nuvoleCome abbiamo già accennato, Headlander è un Metroidvania in tutto e per tutto, presentando la classica visuale trasversale delle stanze e dei corridoi, con una mappa piuttosto ampia e intricata, e dei power up che permettono di superare specifici ostacoli che precludono vari percorsi. Nonostante ciò, possiamo garantirvi di come il titolo riesca a essere incredibilmente originale, grazie a tutta una serie di meccaniche ed elementi che migliorano sensibilmente l’esperienza e il gradimento del giocatore. A dir la verità i primi momenti di gioco non promettono affatto bene, in quanto ci portano ad affrontare una sezione estremamente lineare e poco interessante. Tuttavia la situazione cambia sensibilmente con il superamento di tale fase. Basta proseguire una sola ora per ritrovarsi con un ventaglio di possibilità estremamente più ampio, che continua ad allargarsi fino alle fasi conclusive del titolo. Da ciò ne deriva un’esperienza non solo particolarmente variegata, ma anche gratificante e divertente.Quando si parla delle caratteristiche più originali presenti in Headlander, le prime meccaniche da menzionare sono indubbiamente quella del volo e del cambio dei corpi. Come abbiamo già detto precedentemente, il nostro protagonista non è altro che una testa racchiusa in uno speciale casco spaziale che ne mantiene le funzioni vitali. Questo casco tuttavia possiede numerose funzioni speciali, tra cui dei veri e propri propulsori che gli permettono di librarsi in volo. Navigare per le mappe sotto forma di testa volante è davvero divertente e il controllo delle dinamiche di volo è stato realizzato in maniera sopraffina, dando al giocatore la possibilità di eseguire manovre precise, di schivare i colpi nemici, di superare ostacoli, il tutto in maniera fluida e precisa. Tuttavia le nostre possibilità in quanto testa saranno decisamente limitate e pertanto si rivelerà indispensabile trovare un corpo che ci permetta di eseguire azioni più complesse, come aprire porte o combattere contro le decine e decine di nemici che incontreremo durante il nostro viaggio. Il protagonista potrà impiantarsi in ogni singolo corpo che troverà lungo il suo cammino, amplificando esponenzialmente la varietà offerta dal gameplay. Ogni tipologia di corpo ha infatti le proprie caratteristiche, che influenzano tanto l’esplorazione, quanto i combattimenti. Nel contesto esplorativo la priorità diventa quella del colore. Ogni nemico possiede un proprio colore che ne determina anche il livello di pericolosità. Si va dal rosso, ovvero il più debole, fino a arrivare al viola, il più forte. Il colore non determina unicamente il quantitativo di danni che si è in grado di fare con i propri colpi, ma anche le porte che si è in grado di aprire. In Headlander infatti vi ritroverete a dover superare un numero di porte decisamente elevato, ognuna delle quali è caratterizzata da un proprio colore. Una porta grigia potrà essere aperta da chiunque, mentre una rossa potrà essere aperta solo da chi dispone dell’autorizzazione della medesima tonalità. Pertanto risulta evidente di come nell’esplorazione sia necessario avere il corpo giusto al momento giusto, così da poter avanzare liberamente o poter accedere a diramazioni che conducono a vari tipi di risorse. Inoltre le autorizzazioni sono retroattive, perciò un corpo blu non garantirà unicamente la possibilità di accedere alle porte dello stesso colore, ma anche a tutte quelle dei gradi precedenti. Si tratta di un sistema davvero ben congegnato, che permette di rendere l’esplorazione più strutturata e ha concesso agli sviluppatori la possibilità di introdurre dei veri e propri puzzle incentrati intorno a questa meccanica. Come se non bastasse, la nostra testa potrà – grazie ad un apposito aspiratore – staccare il capo alla stragrande maggioranza dei nemici incontrati, permettendo così di assumere il controllo del loro corpo. Questo aspetto si rivelerà particolarmente importante negli scontri.Il sistema di combattimento presente in Headlander è molto semplice e allo stesso tempo funzionale. Con lo stick sinistro potremo muovere il nostro personaggio, mentre con il destro potremo mirare in un raggio di 360°, con la possibilità di sparare dei laser di energia. Oltre al fuoco standard esiste anche la possibilità di far apparire, tramite la pressione dell’apposito tasto, la traiettoria che compirà il nostro colpo, con tanto di balzi compiuti. Il colore infatti non si limiterà a determinare il quantitativo di danni inflitti, ma anche il numero di rimbalzi che il raggio laser compirà dopo aver colpito un ostacolo come una parete o il terreno. In questo modo sarà possibile ferire i nemici da posizioni relativamente sicure, potendo mirare inoltre a zone specifiche del loro corpo. Mantenere il più funzionale possibile i corpi dei nemici rientrerà spesso nel nostro interesse, in quanto potremo appropriarcene nel caso il nostro venisse distrutto. 

Per venire incontro a questa esigenza sarà possibile concentrare il fuoco sulla testa del nemico, in modo da farla saltare via senza danneggiarne la struttura. È facilmente intuibile di come il gioco preveda un cambio continuo dei corpi controllati, in quanto questi tendono ad essere poco resistenti e non curabili, salvo particolari potenziamenti o delle stanze apposite. Testa e corpo avranno infatti due barre della salute differenti, il cui svuotamento porterà anch’esso ad esiti differenti. Terminare la vitalità della testa porterà alla morte del personaggio, ma far arrivare allo zero quella del corpo comporterà unicamente la sua distruzione, lasciando il nostro cranio svolazzante incolume.
Oltre al colore, un ulteriore fattore da tenere in considerazione quando si cambia corpo sta nel numero di colpi che si è in grado di sparare. I nemici possono avere con sé armi differenti, che si dividono in base a quanti raggi emettono con un singolo sparo. Si va dai colpi singoli fino ad arrivare persino a dieci laser contemporanei, con differenze che coinvolgono anche la traiettoria degli spari. Tutte queste caratteristiche costruiscono un sistema di combattimento estremamente variegato e movimentato, che porta il giocatore a passare da un corpo all’altro destreggiandosi tra decine e decine di raggi laser rimbalzanti. I nemici dal canto loro si dimostreranno spesso e volentieri aggressivi e capaci di sfruttare perfettamente il rimbalzo degli spari. La maggiore differenziazione tra i nemici scaturisce dalla differenza di colori e armi di cui abbiamo appena parlato, ma non mancano anche avversari totalmente differenti, i quali tuttavia non sempre potranno essere controllati.

Il potere della menteUn’ulteriore stratificazione dell’esplorazione e dei combattimenti deriva dai potenziamenti e dalle abilità. Come da tradizione dei Metroidvania, anche Headlander presenta dei particolari power up, ottenibili con l’avanzamento, che permettono di superare barriere ed ostacoli specifici. Il loro numero non è molto elevato, ma sono ben distribuiti nell’intero arco di gioco, dando così un apporto regolare di novità al gameplay. Ogni potenziamento presente potrà inoltre essere utilizzato tanto nell’esplorazione quanto nei combattimenti, rendendo il loro contributo ancora più preponderante. Volendo fare un esempio potremo citare il turbopropulsore della testa, che permette di eseguire brevi accelerazioni per superare gli ostacoli rapidamente. La stessa accelerazione potrà anche diventare un’arma, offrendoci così la possibilità di scagliare la nostra stessa testa contro i nemici. A tutto ciò si aggiungono i potenziamenti, presenti sotto forma del classico albero delle abilità. Ogni abilità potrà essere sbloccata tramite il consumo di una particolare risorsa energetica sparsa per la mappa di gioco, offrendoci così un piccolo sistema di crescita da gioco di ruolo. I potenziamenti vanno dall’incremento della vitalità e della difesa fino a nuove possibilità di combattimento, come quella di creare dei minion con i corpi senza testa dei nemici. Nulla di particolarmente complesso o approfondito, ma il sistema porta comunque un ulteriore grado di varietà ad una formula già estremamente diversificata, rendendola ancora più godibile. 

Con una buona dose di esplorazione è inoltre possibile ottenere tutte le abilità presenti, senza richiedere neanche troppo sforzo. Questa caratteristica viene condivisa anche dai segreti sparsi per la mappa, che solitamente sono rappresentati da potenziamenti permanenti. Sono numerose le deviazioni e i passaggi secondari presenti nei vari scenari, ma scoprirli o raggiungerli non si rivelerà mai troppo complesso. Complice di ciò è un’ottima rappresentazione della mappa, che riporta tutte le varie entrate di una stanza e gli oggetti presenti in essa. La mappa inoltre potrà essere rivelata anche senza un’esplorazione a tappeto, grazie alla possibilità di acquisire informazioni a tal riguardo innestandosi nel corpo di un robot informativo. Tutto ciò contribuisce a rendere l’esplorazione più piacevole ed immediata, in quanto trovare tutti i collezionabili e segreti richiederà sì impegno, ma senza mai esagerare troppo.Se volessimo trovare una macchia nella nostra esperienza con Headlander, questa non potrebbe essere altro che ricondotta alle boss fight. Oltre ad essere solo un paio, gli scontri con i boss ci sono parsi sottotono rispetto alle innumerevoli possibilità che il gameplay ha da offrire. Si tratta di classici combattimenti in più fasi, che tuttavia non riescono a catturare il giocatore come dovrebbero. Vuoi per la loro semplicità, vuoi per la mancanza di idee particolarmente brillanti a tal riguardo, le boss fight risultano spesso e volentieri più banali delle normali sezioni di gioco, il che è decisamente strano. Non stiamo dicendo che siano pessime, ma in tal senso si poteva fare decisamente di più. Anche le modalità di avanzamento e i compiti da svolgere non brillano per estensione e qualità. Le attività secondarie sono quasi del tutto assenti, salvo una manciata di quest facoltative che tendono a risolversi abbastanza in fretta con un po’ di backtracking, mentre l’avanzamento consisterà nella stragrande maggioranza dei casi di andare da un punto A a un punto B, percorrendo eventuali deviazioni dettate dal percorso. A proposito di backtracking: nonostante Headlander sia un Metroidvania, il dover percorrere zone già esplorate è molto meno preponderante di quanto non lo sia generalmente nei titoli appartenenti al suo filone. Basterà infatti un’esplorazione curata per riuscire nella maggior parte dei casi a raccogliere tutti gli oggetti e i segreti sparsi per una zona della mappa. La classica eventualità in cui un power up permette di raccogliere oggetti in zone precedenti è quasi del tutto assente nel titolo di Double Fine, riducendo di conseguenza il backtracking necessario per arrivare al fatidico 100%. Parlando di difficoltà invece, ci troviamo davanti ad un titolo che presenta situazioni anche piuttosto complesse, ma che concede talmente tanti strumenti al giocatore per superarle, che difficilmente vi ritroverete in preda alla frustrazione. Non troppo semplice ma neanche troppo difficile insomma.

Fluidità quanticaAnche nell’aspetto tecnico Headlander gode di una spiccata originalità. Come abbiamo già accennato il titolo prende fortemente ispirazione dall’immaginario fantascientifico degli anni ’70. Oltre ai classici temi della tecnologia e della robotica che si ribellano all’uomo, è la realizzazione grafica ad essere la principale testimonianza di tale derivazione. Che siano i robot dalle forme squadrate e bizzarre, o che siano i colori brillanti e fluorescenti, l’ambientazione di Headlander è indubbiamente caratteristica e ben adatta al contesto di gioco. La mole poligonale in sé è decisamente scarsa e l’aliasing è piuttosto evidente, eppure tutto ciò viene compensato da uno stile originale, da un’ottima resa dei particellari e dell’illuminazione, e dai sempre ottimi 60 fotogrammi al secondo. Durante la nostra partita abbiamo riscontrato dei brevissimi rallentamenti solo al passaggio da una stanza all’altra, ma si tratta di un piccolo inconveniente che non svilisce in alcun modo il gameplay. Anche il sonoro si mantiene perfettamente in linea con la sua fonte di ispirazione, portandoci inoltre un doppiaggio inglese generalmente ben fatto. A proposito di ciò, sappiate che il titolo è tradotto interamente in italiano, compresi i dialoghi di un personaggio che parla in una forma dialettale di inglese. Vi ritroverete dunque a leggere termini come “crapa” e “sta cippa”, che potrebbero non piacere a tutti.La longevità non è particolarmente elevata, complice anche un fattore rigiocabilità praticamente nullo. Vi basteranno in media otto ore per raggiungere i titoli di coda, ottenendo un buona percentuale di completamento, conteggio che potrebbe salire di un paio d’ore nel caso si voglia essere “completisti”. In compenso Headlander viene proposto al buon prezzo di 19,99 euro, il cui esborso viene ampiamente ripagato dall’esperienza di gioco.

– Gameplay ricco di variabili, gratificante e divertente

– Originale e ricco di stile

– Buon bilanciamento della difficoltà

– Backtracking poco preponderante

– Boss fight sottotono rispetto al resto

– Avanzamento lineare e compiti secondari da svolgere poco vari

– Tenta in ogni modo di essere spassoso, ma con scarso successo

8.0

Headlander è quella sorpresa che non ti aspetti, quel titolo che al solo guardarlo trasmette sensazioni di sfiducia, ma che riesce poi a far cambiare totalmente opinione su di sé una volta preso il pad in mano. Nonostante una trama accennata e di contorno, il titolo realizzato da Double Fine non solo risulta essere un ottimo Metroidvania, ma anche un videogioco decisamente originale, grazie al suo stile e alle numerose possibilità offerte da un gameplay ben realizzato. Se cercate un’esperienza gratificante, non troppo impegnativa e a prezzo contenuto, Headlander è ciò che fa per voi.

Voto Recensione di Headlander - Recensione


8