Recensione

Girl Fight

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a cura di Pregianza

Ci sono titoli che superano la concezione materialistica del prodotto gioco, sfoghi mentali di fulgida inventiva, concretizzazioni ludiche dell’animo umano, poesia interattiva, la supercazzola come se fosse Antani, e così via. Avete voglia di prenderci a martellate sui denti dopo questo inizio? Magnifico, perché oggi si parla di poppe. 
Per l’esattezza parliamo di Girl Fight, un gioco davanti al quale si può dire e pensare solo ed esclusivamente una cosa: “ma perché?!?”. 
Sviluppato da Kung Fu Factory, software house indipendente con alle spalle titoli non propriamente brillantissimi quali Spartacus Legends e Supremacy MMA, Girl Fight ha il potenziale per essere uno dei meno ispirati, meno curati, e meno sensati picchiaduro della storia. Dopo aver menato procaci donzelle controvoglia per qualche ora, è il caso di svelare per quale motivo troneggia una bocciatura senza appello in cima alla review di questo fighting game tridimensionale. 
Donne, senza gonne
La premessa di Girl Fight è fievole quanto il suo gameplay, di cui avremo di che discutere in seguito. Intanto voi sappiate che tutto si svolge in una realtà virtuale, dove una potente corporazione ha inserito forzatamente otto donne dotate di poteri psichici. Per liberarsi dallo stato di animazione sospesa in cui si trovano, le formose combattenti dovranno darsele di santa ragione, e dimostrare di essere le guerriere più forti del pianeta sconfiggendo l’IA che governa il tutto (che chiaramente ha pensato bene di prendere a sua volta la forma di una modella con un completino aderente, ci pare sacrosanto). Dire che c’è una “trama” nel gioco ci pare una mezza bestemmia, considerando che gli eventi sono narrati tramite brevi frasi tra un incontro e l’altro, e non ci sono filmati d’intermezzo dedicati alle guerriere degni di questo nome. E’ quasi paradossale che sia stato dedicato del tempo per creare dei background attorno alle ragazze del roster, visto che non solo la storia di fondo non è interessante, ma anche la caratterizzazione delle protagoniste lascia a dir poco a desiderare, scadendo praticamente in ogni caso nella banalità. 
Se non l’aveste colto dalla “solidissima” base narrativa appena descritta, in Girl Fight il roster è composto da “ben” otto poppute maestre di arti marziali, che si riempiranno di mazzate in una serie di blande arene dove l’unica cosa su di giri è il motore fisico legato alle forme femminili. 
Già, perché mentre il silicone sballonzolerà con veemenza, gli impatti saranno pessimi e mal calcolati per praticamente ogni altro colpo. Le hitbox delle combattenti sono imprecise e poco chiare, cosa che garantisce di schivare certi attacchi con movenze che semplicemente non dovrebbero permetterlo, è assente qualunque forma di juggling aereo, gli impatti più significativi si limitano a scagliare l’avversario a distanza, e le combinazioni hanno scarsa varietà quando si tratta di tempo di stordimento e velocità degli attacchi, struttura che forza a usare sì e no una manciata di serie efficaci per ogni eroina.
La volontà degli sviluppatori è cristallina da subito: i Kung Fu Factory hanno pensato bene di sviluppare un clone low cost di Dead or Alive, puntando sulle rotondità femminili per guadagnarsi qualche fan in più. Peccato che la clonazione non sia spudorata solo nella formula, ma anche nel sistema di combattimento, una scopiazzatura mal fatta del Triangle System già visto nella saga di Team Ninja. 
Tutto si struttura in colpi, parate e contromosse, e prese. Gli attacchi più efficaci possono sbilanciare un avversario, rendendolo incapace di agire e vulnerabile a serie aggiuntive, ma durante lo stordimento è possibile usare counter alti e bassi per ribaltare la situazione, mentre l’uso delle prese porta ad essere vulnerabili a pugni e calci e in vantaggio sui counter. Esattamente lo stesso sistema dei DoA, non fosse per il fatto che, mentre l’opera Team Ninja si è sensibilmente evoluta nell’ultimo capitolo, aggiungendo combattenti estremamente variegati, un sistema di counter nettamente più complesso e meno permissivo, e un generale ampiamento di tecniche e meccaniche, Girl Fight presenta un combat system che è con ogni probabilità peggiore di quello del primissimo Dead or Alive, con counter facili da usare e contrastare, mosse e guerrieri davvero poco ispirati, e una legnosità di fondo evidentissima. 
Guarda che due poteri psichici ha quella!
C’è praticamente solo una buona idea, ovviamente applicata male. I poteri Psi. 
Ad ogni ragazza del roster, prima della battaglia, è concesso di scegliere due abilità in una lunga lista sbloccabile con i punti ottenuti vincendo gli scontri, che potranno venir facilmente attivate una volta caricata una barra extra sotto ai punti vita a forza di botte. Si va da passive che aumentano attacco e difesa, a colpi energetici extra molto dannosi, tutti poteri che vantano peraltro varianti potenziate dagli effetti diversificati e dal costo aumentato. Se applicata con criterio, tale trovata avrebbe potuto donare un po’ di necessaria varietà al sistema di Girl Fight, invece gli sviluppatori hanno buttato abilità a casaccio nella lista, alcune utilissime e altre praticamente insignificanti se paragonate alle migliori. L’unica cosa stramba è che il bilanciamento delle lottatrici è paradossalmente passabile se non si prendono in considerazione i poteri psi, forse proprio a causa della scarsa variazione dei loro moveset e della pessima fisica dei colpi. Se affrontare i combattimenti offerti dal gioco non fosse tedioso e quasi irritante, sarebbe una qualità da non sottovalutare.
Dopo cotanto elogio non vi aspetterete certo molte modalità, nevvero? Bravi, perché nel lavoro di Kung Fu Factory non c’è nulla a parte un arcade mode, un versus mode e basilari sfide online, classificate o del giocatore. Per allungare il brodo gli sviluppatori hanno inserito documenti sbloccabili legati al background delle combattenti (che, come detto nel primo paragrafo, non vi interesseranno), e una serie di Artwork sexy sbloccabili. Davvero non abbastanza per risollevare un prodotto che ha già praticamente trovato il petrolio da quanto è andato a fondo. 
Tecnicamente, almeno, non siamo su livelli poi così indecenti. Le arene sono scarne e poco ispirate, ma la grafica cel shading del gioco si lascia guardare, e i modelli delle lottatrici sono discreti. Non si può dire lo stesso delle animazioni, tanto legnose quanto il sistema di combattimento, e della colonna sonora, un misto indefinito di dubstep, elettronica e note a caso che non ricorderete. 

– Graficamente non è orrido

– Una brutta scopiazzatura del Triangle System di Dead or Alive

– Pessimi impatti, pessima gestione delle hitbox, pessimo sistema di combattimento

– Poche combattenti, poche arene, e tutto poco ispirato

3.5

Dimenticatisi probabilmente del fatto che la rete è composta al 90% da siti pornografici facilmente raggiungibili, i ragazzi di Kung Fu Factory hanno pensato di potersi accaparrare qualche amante dei fighting game creando un pessimo clone di Dead or Alive incentrato su otto prosperose ragazze in abiti succinti. Peccato che un appassionato di picchiaduro da Girl Fight potrebbe ottenere al massimo un’orticaria, vista la lista infinita di difetti e pessime scelte di game design che il gioco si porta dietro. Questo NON è un buon picchiaduro, NON è una parodia, e NON è un titolo che dovreste prendere minimamente in considerazione, persino se non potete fare a meno di fissare sfere ballonzolanti. Siamo semplicemente davanti a un gioco pessimo, e non c’è molto altro da dire.

Voto Recensione di Girl Fight - Recensione


3.5