Recensione

Fru

Avatar

a cura di Gottlieb

Quando si dice Kinect, quando si dice PlayStation Move, si pensa subito a una generazione di fallimenti, o ancor più di promesse non mantenute. Strategie che non hanno portato a nessuna vittoria sul mercato, prodotti che non sono riusciti a palesare quello che la filosofia dei produttori avrebbe voluto donare ai videogiocatori. Microsoft, però, a differenza di Sony, ha perpetrato il proprio atteggiamento, ha creduto nella propria idea e con la current gen ha voluto proporre un nuovo Kinect, un nuovo dispositivo a supporto della propria console, che rispondesse chiaro e forte al maldestro tentativo del concorrente nipponico di creare una nuova realtà videoludica, chiamata Wonderbook. La storia la conosciamo tutti, non stiamo qui a ripetercela: dopo i primi mesi di vita, il Kinect è stato eliminato anche dal bundle di vendita dell’XboxOne, diventando un oggetto più da ricordi che da quotidianità. 

Eppure oggi siamo qui a parlarne, segno del fatto che un barlume di speranza per quel tipo di tecnologia ancora albergava in noi, ma anche che finalmente ci siamo trovati dinanzi a un prodotto che è riuscito a far fruttare quell’arbusto che Microsoft aveva piantato con la sua periferica. Quel titolo porta il nome di Fru, una produzione indipendente di Through Games, sospinta da una creatività italiana e dalla voglia di far spolverare a tutti noi il Kinect e concedergli, dopo anni di sopito pensionamento, un probabile canto del cigno.

Una connessione da creareFru è un puzzle game che prova anche a indossare i panni del platform game, a scorrimento orizzontale e bidimensionale. Detto così ci troveremmo dinanzi a uno dei soliti prodotti che l’industria videoludica propone sovente e che non riesce a esaltarsi o a ergersi da quel mare magnum che è la produzione odierna degli indie; ma non temete, perché Fru è ben altro e la sua componente legata alla realtà aumentata è davvero immensa. Questo perché Fru ha realmente bisogno del vostro corpo e delle vostre movenze, perché la nostra silhouette dovrà necessariamente attraversare lo schermo e aiutare la protagonista della nostra avventura. 

L’onomatopeico suono prodotto dalla pronuncia del titolo non è altro che un ricondurre il tutto alla parola inglese di “through”, ossia “attraverso”, proprio a giustificare due aspetti portanti del gameplay: il primo è quello di permettere alla vostra sagoma di attraversare lo schermo ed entrare nel gioco; mentre il secondo è quello che permetterà alla nostra protagonista di percorrere da sinistra verso destra i vari scenari a nostra disposizione, concedendole l’opportunità di attraversare colonne, mura e ostacoli, che verranno oscurate – o in caso contrario mostrate – grazie alla nostra ombra. Parliamo di caso contrario perché la connessione tra il nostro mondo e quello di Fru crea inevitabilmente un ponte tra le due realtà: i più esperti di romanità potrebbero quasi ricondurre il nostro ruolo a quello di un pontefice, di colui il quale riusciva a creare una connessione tra due realtà. Ed è proprio questo ciò che ci ritroveremo a fare nel mondo fiabesco nel quale saremo catapultati. In questa ambientazione completamente primordiale e facilmente riconducibile a quelle che erano le civiltà precolombiane, tra piattaforme sulle quali saltare e colonne da attraversare, non c’è spazio per un pad da tenere con entrambe le mani: la simmetria offerta dai tasti sul controller, infatti, ci permette di affidarci tanto alla sinistra quando alla destra per poter saltare e camminare, con una delle due levette analogiche. 
Questo perché Fru abbisogna della nostra più alta mobilità, apertura delle braccia e delle gambe, ma anche della nostra capacità di chinarci a terra, formare un ponte con la nostra schiena, muoverci in maniera composta e regolare per venire incontro ai movimenti della protagonista. Vivere l’esperienza di Fru è quasi come ritrovarsi a ballare nella propria casa con un criterio che non è improvvisabile e che non concede errori, perché dal nostro movimento dipende tutta la scoperta del mondo che può portare il nostro cammino alla fine.

Un puzzle breve, ma intensoFru ci porterà alla risoluzione di 100 puzzle, tutti di rapida durata e che potrebbero richiedere solo un attimo di riflessione quando vi troverete ad avanzare nel gioco. La durata si aggirerà intorno alle tre ore o poco più, a seconda, chiaramente, di quanto ci teniate a recuperare i segreti che vi proporranno i vari fondali e scenari, utili per sbloccare gli extra. Se, quindi, da un lato la longevità vi appagherà per aver ritrovato linfa vitale per il Kinect che avevate riposto in chissà quale anfratto di casa vostra, dall’altro c’è da sottolineare che portare a termine Fru in un’unica run non è forse una prerogativa di tutti i videogiocatori. 

Per quanto l’esperienza sia effettivamente onirica per i suoi temi e per la sua proposta, c’è da dire che la monotonia potrebbe prendere il sopravvento ben presto: l’alternanza delle ambientazioni dapprima murarie e poi acquatiche può sicuramente donare una varietà di stile e di gameplay ai nostri movimenti, ma va da sé che continuare a muoversi per realizzare sagome e creare dei ponti per il nostro movimento, alla lunga, stanca. 
Dopo aver quindi elaborato l’ennesimo escamotage, quale recuperare un cuscino del divano per aumentare la grandezza della vostra sagoma e aiutarvi in una contorsione altrimenti infattibile, vi domanderete, probabilmente, quanto ancora lunga è la vostra avventura. Fru, pertanto, dà l’impressione di essere un buon prodotto, basato su un’idea fortissima e una realizzazione altrettanto ispirata, ma inficiato sicuramente da quella che è l’unica proposta fattibile al videogiocatore. 
La critica mossa è chiaramente di dimensioni minori a quella che è la soddisfazione provata dinanzi a un’idea del genere, ma va sottolineata per far capire che stiamo parlando di un prodotto che non accontenterà l’intera e vastissima pletora di videogiocatori attualmente impegnati a opacizzare con le mani le vetrine del mercato videoludico. Fru non è rapidità d’azione, ma un produttore di fervore che ci chiamerà alla risoluzione di enigmi e annessi movimenti da compiere: dopo il pensiero, quindi, arriva la contorsione, per bloccare della lava, per aprire voragini nell’acqua, per creare un ponte, per mostrare una piattaforma nascosta, per dare motore a una base mobile, per interagire con l’ambiente e mostrare qualcosa che va oltre, persino creare una corrente d’aria all’interno della quale librarsi. Tutto ciò è un ottimo mix tra il movimento e quel platform game che abbiamo citato in apertura, ma bisogna essere predisposti, bisogna essere pronti a lasciarsi abbracciare dall’atmosfera che Through Games ha voluto creare e proporci.

– Finalmente la killer app per Kinect

– Artisticamente ispirato e affascinante

– Enigmi intensi, come i puzzle

– Relativamente corto

– Rigiocabilità poco ispirata

8.5

Senza esagerare nella durata, trovando un ottimo compromesso nelle tre/quattro ore a disposizione, Fru rappresenta la prima killer app del Kinect 2.0. Un’affermazione tanto vera quanto anacronistica, perché la periferica di Microsoft ha dovuto ridestarsi dal suo letargo per poter emettere il canto del cigno: un ritardo che però provoca dispiacere esclusivamente per l’azienda di Redmond, incapace di trovare software house pronte a sfruttare la periferica, e non per lo studio indie che ha presentato al mercato Fru, che, da mosca bianca nell’attuale panorama videoludico, si gode anche più spazio di quanto avrebbe forse avuto anni fa. L’esperienza vissuta è diversa e appagante, ma non completa, perché priva di un senso di rigiocabilità, se non per provare la modalità coop in livelli che, però, avrete oramai già risolto. La stessa modalità extra, che sbloccherete con la raccolta di oggetti, vi permetterà solo di rigiocare la prima versione di Fru, non del tutto entusiasmante. a onor del vero. Resta la soddisfazione di aver messo le mani su qualcosa di vellutato e rilassante, dando finalmente un senso al Kinect 2.0.

Voto Recensione di Fru - Recensione


8.5