Recensione

Exist Archive The other side of the sky

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a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

Mai giudicare un libro dalla copertina: lo abbiamo sentito tante volte, ma poi, ad intervalli irregolari, ci ricaschiamo.
Stava per succedere anche con Exist Archive The Other Side of The Sky, gioco di ruolo di stampo giapponese pubblicato da Spike Chunsoft e portato in occidente dai ragazzi di Aksys  Games.
Poi, quasi di sfuggita, abbiamo letto che allo sviluppo c’erano i Tri-Ace, autori di numerosi JRPG di valore, che al progetto prendevano parte anche due veterani di Valkyrie Profile (ad oggi, uno dei nostri JRPG preferiti di tutti i tempi), e che alla colonna sonora aveva provveduto un certo Motoi Sakuraba.
E allora siamo corsi ai ripari, procurandoci una copia del gioco per voi, in versione PlaystationVita, e sviscerandone ogni aspetto.
Non ci resta che augurarvi buona lettura…
Catastrofi improvvise
Immaginate che un giorno, tornando a casa da scuola (l’età dei protagonisti è scolare, ma ciò che succede loro potrebbe capitare anche tornando dal lavoro, da una giornata di shopping, o, semplicemente, da un ufficio postale), vi ritroviate, d’improvviso, catapultati in un mondo lussureggiante ma estraneo, dove la natura sembra aver reclamato la terra e non vi sono tracce né di vita umana né delle città come le conosciamo.
Questo evento, in realtà, rappresenta solo il punto d’arrivo, perché prima di arrivare sul pianeta che scoprirete poi chiamarsi Protolexa, siete deceduti, sulla Terra, in seguito ad un misterioso incidente che ha a che fare con uno sciame meteoritico che si è abbattuto su Tokyo.
Se mal comune è davvero mezzo gaudio, però, ci sarà anche una buona novella, visto non sarete i soli ad essere periti nell’incidente e a ritrovarvi dispersi su un pianeta ostile, visto che anche alcuni dei vostri compagni di scuola condivideranno lo stesso destino.
L’avventura inizia proprio da qui, e il primo volto amico che il nostro avatar, che si chiama Kanata, incontrerà sarà quello di una misteriosa (e spaurita) ragazza dai capelli platino, Mayura, che sui perché e i per come della vicenda sembra saperne tanto poco ù quanto lui: il mistero si svelerà pian piano, e, cercando di evitare spoiler fastidiosi, possiamo dire che ci sono di mezzo una divinità dalle intenzioni minacciose, un’altra che le si oppone e una terza fazione che intende perseguire i suoi scopi ad ogni costo.
Una via per tornare sulla Terra sembra esserci, ma è lastricata di difficoltà, pericoli e trappole mortali che Kanata e i suoi amici dovranno disinnescare: rispetto ad altri plot firmati da tri-Ace, quello di Exist Archive non brilla particolarmente per il ritmo con cui si dipana e a causa di una discreta quantità di dialoghi “filler”, che non portano avanti la storia e non approfondiscono più di tanto i personaggi.
A fronte di premesse promettenti, con toni drammatici e tematiche mature che richiamano, lontanamente, la maggiore fonte di ispirazione per il prodotto, ovvero la serie di Valkyrie Profile, lo sviluppo delle vicende non si rivela altrettanto soddisfacente e il finale a cui siamo giunti in fondo alla nostra fase di test (che è solo uno dei diversi possibili, bene sottolinearlo) ha lasciato aperte molte questioni e si è rivelato, nel complesso, non troppo soddisfacente.
La gioia della battaglia
In un’impalcatura ludica che scricchiola, vittime della ripetitività e del backtracking, ciò che tiene a galla la produzione Spike Chunsoft è sicuramente il sistema di combattimento, rapido, tecnico e talmente godibile da rendere piacevoli anche le decine di scontri con i nemici comuni, che normalmente rappresentano uno dei momenti meno entusiasmanti nei JRPG.
Tri-Ace aveva già dato prova di essere capace di dar vita a combat system intensi, soprattutto se improntati all’azione: Exist Archive, infatti, pur latore di battaglie a turni, premia il tempismo e tiene sempre alta l’attenzione durante gli scontri, adottando soluzioni ludiche che, a tratti, ci hanno ricordato quelle utilizzate da Nintendo nelle incarnazioni ruolistiche di Mario e compagnia.
Ad ognuno dei quattro tasti frontali di Vita (la versione da noi recensita, ma sul Dual Shock il funzionamento è analogo) corrisponde uno dei membri del party, e, a seconda della fase della battaglia, la pressione di esso comanderà un attacco o una parata, utile a dimezzare i danni subiti: il totale di punti azione da cui attingere è in comune tra i membri del gruppo, e quindi, di turno in turno, si dovrà scegliere quale dei nostri personaggi muovere e come concatenare gli attacchi.
La scelta può dipendere anche dalla composizione del gruppo di nemici e dal loro posizionamento: gli attacchi con la spada di Kanata, ad esempio, si rivelano perfetti per i gruppi molto nutriti di nemici, perché permettono di colpire ad area, mentre la quasi totalità delle arti magiche concentra gli attacchi su un singolo obiettivo, infliggendo però un ammontare notevole di danni.
Progredendo nell’avventura, le possibilità di personalizzazione aumentano, perché ognuno dei membri del party sbloccherà abilità peculiari, che, combinate con quelle dei suoi compagni, possono dare vita a combo che superano tranquillamente il centinaio di colpi nelle fasi più avanzate: se ai giocatori più navigati questa impostazione ricorderà da vicino quella del già citato Valkyrie Profile, è perché, in effetti, Exist Archive ne scimmiotta quasi in toto le dinamiche.
Come anticipato, purtroppo, c’è poco altro della stessa qualità del battle system nel pacchetto: l’esplorazione dei dungeon bidimensionali, inquadrati con una visuale che si confà più ai giochi a piattaforme che ad uno di ruolo, è monotona e conduce presto alla noia, complice un level design davvero poco ispirato, e la totale assenza di hub o villaggi non aiuta a spezzare un ritmo che si ripete uguale a se stesso dalla prima ora fino all’ultima delle circa quaranta necessarie a vedere uno dei finali.
Il fatto che alcune abilità si sblocchino solo progredendo nella main quest (su tutte, il doppio salto, necessario per raggiungere altezze altrimenti inarrivabili), costringe a dedicarsi in maniera continuativa al backtracking, mal gestito, però, dal gioco: i nemici non variano e non si adeguano al livello del giocatore, rendendo gli scontri superflui ma, ahinoi, quasi del tutto inevitabili.
Se i mostri, infatti, possono essere visualizzati e quindi, in teoria, evitati, la conformazione dei dungeon e le dimensioni delle “bolle di malevolenza” che li rappresentano rendono quasi impossibile non incappare negli scontri.
L’impressione di starsi dedicando ad una sequela di fetch quest, quando invece si stanno portando a termine incarichi cruciali per l’avanzamento della trama, si impadronisce del giocatore già dopo una decina di ore di gioco, e finisce con lo sfilacciare la continuità narrativa complessiva.
Su Vita, la struttura autoconclusiva delle missioni, in stile hunting game, si presta benissimo alla fruizione portatile, consentendo di trarre il meglio dal prodotto anche solo con mezz’ora di tempo a disposizione, ma sul divano, con in mano un Dual Shock 4, la sensazione di ripetitività fa presto capolino.
Well done, guys!
La versione portatile da noi testata ci ha soddisfatto dal punto di vista tecnico, artistico e sonoro, nonostante un framerate bloccato a trenta frame per secondo (in luogo dei sessanta di quella casalinga) e dei tempi di caricamento un po’ troppo estesi: merito sopratutto di un character design ricercato, che tenta di proporre qualcosa di nuovo rispetto ai consueti topoi dei giochi di ruolo nipponici.
I tratti dei protagonisti sono giovanili ma mai infantili, i temi trattati e le reazioni ad essi sono maturi e la modellazione poligonale più che adeguata per la piattaforma ospite: lasciandosi alle spalle i tratti chibi visti, ad esempio, nel recente World of Final Fantasy, tri-Ace ha dato un segnale agli appassionati, provando a proporre un prodotto adatto anche agli adolescenti ma che, verosimilmente, sarà apprezzato particolarmente dai trentenni.
La presenza della doppia traccia audio accontenta tanto i nippofili quanto coloro i quali preferiscono seguire l’evolversi della trama in una lingua più facilmente comprensibile (che non è l’italiano, però), la colonna sonora, curata da Sakuraba-san, si segnala per temi particolarmente azzeccati soprattutto durante le battaglie e i punti di svolta della trama, sottolineati con gravità.
Il doppiaggio si allarga a praticamente ogni sequenza di gioco e le prove attoriali sono buone, tanto quanto lo è la possibilità di palleggiare il proprio salvataggio tra PS4 e Vita, così da continuare la propria avventura anche fuori casa.
Peccato manchi l’opzione cross buy. 

Sistema di combattimento dinamico ed intenso

Cast di personaggi interessante

Soddisfacente dal punto di vista audiovisivo

Estremamente ripetitivo

Dungeon design blando

Backtracking abbondante e mal gestito

7.0

A seconda della prospettiva da cui lo si guardi, Exist Archive può essere definito come un discreto gioco di ruolo giapponese, che prova a fare il verso da una serie da troppo tempo sopita ma mai dimenticata dagli appassionati, o come una grossa occasione sprecata, visti i nomi al lavoro e la bontà dei titoli presi come esempio: non possiamo negare che il titolo abbia saputo regalarci ore di divertimento, alternate, però, ad altre di noia.

Le prime erano perlopiù derivate dall’ottimo combat system, veloce ma non privo di finezze tattiche, le seconde dalla ripetitività delle missioni e dalla pochezza del level design.

Di certo il prodotto tri-Ace sembra più a suo agio su Playstation Vita, ma sta solo al nostro pubblico decidere cosa pesi di più in fase di valutazione dell’acquisto: Exist Archive ha pregi e difetti quasi in egual misura, e va ad arricchire la ludoteca di JRPG delle console Sony senza spiccare.

Voto Recensione di Exist Archive The other side of the sky - Recensione


7