Recensione

Dynasty Warriors Godseekers

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a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

In un impeto di nostalgia, Tecmo Koei propone al pubblico occidentale, dopo la discreta accoglienza ricevuta in patria, Dynasty Warriors: Godseekers, prodotto ambientato nello stesso universo dei suoi arcinoti musou ma dalle meccaniche completamente differenti: qui siamo dalle parti di Fire Emblem, o, meglio ancora, di Dynasty Tactics, discreto titolo strategico uscito nel 2002 per Playstation 2 e riproposto (solo in Giappone, però) su smartphone circa quattro anni fa.
L’azione forsennata e il button mashing lasciano così spazio alla tattica e ai campi di battaglia a griglia con visuale dall’alto: gli appassionati dei musou potrebbero non gradire, ma il momentaneo cambio di meccaniche sembra aver giovato al marchio.
Di seguito la nostra analisi della versione PS4.
I tre regni colpiscono ancora
In linea con la sua natura di spin off, Godseekers propone una variazione sull’abusatissimo tema dei Tre Regni, periodo storico della Cina medievale all’interno del quale Koei ha ambientato la quasi totalità dei suoi prodotti strategici sin dai tempi del Super Nintendo.
Se il protagonista, Zhao Yun, non è esattamente un volto nuovo, il suo amico d’infanzia Lei Bin e molti degli altri protagonisti sono del tutto inediti, e, cionondimeno, il canovaccio narrativo affonda le sue radici nel substrato che la serie Dynasty Warriors ha creato, episodio dopo episodio.
Le vicende hanno inizio quando i due amici si imbattono nella misteriosa Li Xia, una ragazza dai capelli rosa shocking imprigionata in un blocco di ghiaccio: quando questa si risveglia, i due prendono a cuore la sua sicurezza, e, dopo averla messa in salvo da un manipolo di soldati dalle intenzioni oscure, ne assecondano le richieste, imbarcandosi in un lungo viaggio che li porterà ad esplorare gran parte dei feudi dei Tre Regni, tra ricostruzioni storiche accurate e fantasiose svolte sovrannaturali.
Come si evince dal sottotitolo, la storia alla base del titolo si muove su binari noti, ma introduce un buon numero di facce nuove tanto tra i compagni di viaggio dei due eroi quanto tra gli antagonisti, e si discosta dalla consueta narrazione dei musou made in Tecmo Koei per una serie di elementi mistici e fantastici, comunque radicati all’interno della mitologia cinese dell’epoca.
Il risultato, pur senza strabiliare, risulta gradevole nel complesso, e porta una ventata di aria fresca all’interno di un’ambientazione e di una serie di plot troppo simili tra loro, che stavano rapidamente portando all’esaurimento il ricco filone storico/sociale del medioevo orientale.
L’unico problema, ereditato da alcuni episodi della serie principale, è la logorrea che sembra cogliere, in certi frangenti, alcuni dei personaggi, che, soprattutto nella fase di briefing delle missioni, continuano a ripetere concetti già chiari e a dilungarsi su particolari di scarsa importanza.
Noi abbiamo testato la versione PS4, ma, in particolare su Vita, quando magari l’utente non ha che quindici minuti di gioco effettivo, è opportuno darsi al button mashing come nei titoli della serie madre per saltare a piè pari alcune di queste fasi.
Accessibilità prima di tutto
Similmente ai titoli del filone principale, Godseekers mette in cima alla lista delle sue priorità l’accessibilità, proponendo un approccio abbastanza semplificato ad un genere, quello degli strategici a turni, tristemente noto per essere complicato da approcciare per i neofiti.
Il prezzo da pagare, come temevamo, è rappresentato dalla limitatezza del ventaglio di opzioni strategiche disponibili e da una difficoltà media consistentemente inferiore rispetto ad altri congeneri; ciononostante, il team di sviluppo riesce a proporre un modello che coniuga sufficientemente bene profondità e semplicità e che potrebbe essere apprezzato tanto dai fan dei musou quanto dagli appassionati di SRPG, a certe condizioni.
Alle battaglie principali, necessarie per avanzare lungo la storyline, il gioco affianca una serie di sfide opzionali, utili non solo a raggranellare fondi per meglio equipaggiare le truppe, ma anche a reclutare altri generali alla nostra causa, così da ampliare il roster di personaggi schierabili in battaglia: se le prime offrono obiettivi di missione variegati, con la possibilità di subire imboscate o vedere arrivare rinforzi nemici, le seconde si rivelano assai più lineari, e in genere servono a grindare così da guadagnare punti esperienza e loot.
Per avanzare senza incontrare troppa resistenza durante la campagna (completabile in una quindicina di ore abbondanti), sarà sufficiente dedicarsi almeno ad una parte di queste battaglie opzionali: scordatevi concetti più complessi come la morte permanente delle unità cadute o un limite di turni entro il quale raggiungere l’obiettivo, perché la quasi totalità delle missioni principali si risolverà alla vecchia maniera, contando più sulla forza bruta che non su una fine strategia militare.
Esattamente come successo spesso nei musou dello stesso sviluppatore, in Godseekers capita spesso di sentirsi troppo superiori agli avversari, sopravvivendo ad errori di valutazione che in qualsiasi Fire Emblem avrebbero costretto a riavviare l’intera mappa e risolvendo situazioni di schiacciante inferiorità numerica semplicemente facendo ricorso ad uno dei due attacchi speciali a disposizione, chiamati rispettivamente Musou e Sync.
Il primo è un attacco auto-esplicativo, che richiama quelli visti nei titoli della saga dalla cui branca nasce questo titolo, capace di vaporizzare anche gli avversari più coriacei, mentre il secondo coinvolge anche altri membri del party, e, al riempimento di una barra visualizzata nella parte alta della schermata di gioco, consente di usufruire di un turno di attacco supplementare per vomitare addosso ai malcapitati nemici una quantità ingente di danni.
Inutile dire che, abusando di queste tecniche, anche gli scontri all’apparenza più complicati, contro i generali nemici, diventano una vera e propria passeggiata di salute, anche al massimo dei tre livelli di difficoltà inizialmente selezionabili.
Per il resto, il gameplay è quello classico visto in mille altri strategici a turni con visuale isometrica, con la possibilità di muovere le proprie truppe ad ogni turno, attaccare, difendere ed utilizzare abilità speciali ed oggetti, senza sottigliezze particolari da segnalare né feature caratteristiche che differenzino questo prodotto da molti congeneri già sul mercato, discorso che si applica anche alla scarsissima varietà delle unità nemiche e alla piattezza delle mappe, che raramente consentono tattiche differenti da quelle più dirette.
Generazioni a confronto
Come tutti i titoli sviluppati in contemporanea su Playstation 4 e su Vita, Godseekers non consta di un comparto tecnico particolarmente ricercato, il che, comunque, non vuol dire che presenti problemi degni di nota: siamo in media con alcuni dei musou più recenti, tanto sul fronte della conta poligonale quanto, purtroppo, su quello dei rallentamenti.
Questi ultimi sono stati minimi nella versione per l’ammiraglia Sony da noi testata, ma sono avvertibili soprattutto durante l’esecuzione degli attacchi sincronizzati e, vista la natura del titolo e l’assenza di centinaia di nemici a schermo come nella serie principale, francamente inspiegabili.
In compenso possiamo godere di tempi di caricamento brevissimi e di espressioni facciali credibili durante le cutscene, che si parli di quelle realizzate con il motore di gioco o di quelle precalcolate.
Molto buona l’offerta ludica, con i dieci capitoli di gioco che durano almeno una trentina abbondante di ore anche al più frettoloso dei giocatori, espandibili di almeno un’altra decina in caso si decida di dedicarsi alle numerose missioni secondarie e di conseguire la maggioranza degli obiettivi alternativi disponibili in ogni stage.
Il nostro consiglio per tutti i nostri lettori che possiedono tanto PS4 quanto Vita è di optare per quest’ultima versione, perché, a parità di contenuti, può offrire l’indubbio vantaggio della portabilità ed un risparmio di qualche euro sul prezzo richiesto.

– Gameplay più profondo del solito…

– Quasi sessanta generali reclutabili

– Adatto ai neofiti…

– …ma molto meno di tantissimi congeneri

– Mediamente molto facile, anche al livello Difficile

– …al prezzo di parecchie opzioni strategiche

7.0

Pur lontano dalle vette di eccellenza rappresentate dai migliori congeneri su PS4, come XCOM 2, Valkyria Chronicles Remastered e Disgaea 5, Dynasty Warriors: Godseekers dona nuova linfa ad un filone (quello degli spin off tattici della serie madre) che pensavamo prosciugato, a diversi anni dall’ultima uscita, e riesce ad offrire ai fan del brand un’esperienza di gioco fresca.

Allo stesso tempo, complice un livello di sfida molto morbido e una certa assenza di profondità, si rivela un prodotto adatto ai neofiti del genere, che magari non si sono finora avvicinati al genere degli strategici a turni intimiditi dalla complessità di molti suoi esponenti.

Se avete già spulciato tutti i titoli migliori, insomma, o siete fan del franchise principale, potreste trovare gradevoli le molte ore di intrattenimento che Godseekers può garantire.

Voto Recensione di Dynasty Warriors Godseekers - Recensione


7