Recensione

Dragon Quest Builders, il sandbox di Square-Enix conquista Switch

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a cura di Gottlieb

A distanza di un anno dall’uscita e recensione del titolo è tempo di ritornare su Dragon Quest Builders, stavolta in una veste nuova, su una console diversa. Dopo aver testato la versione PlayStation 4 della release che era arrivata anche su PlayStation Vita, il sandbox di Square-Enix approda anche su Nintendo Switch: un porting che era nell’aria già un anno fa, quando qualcuno anelò la possibilità di vedere declinato Builders su quella che all’epoca ancora si chiamava NX e che di lì a poco avrebbe avuto il nome che tutti oggi conosciamo. In questa recensione eviteremo di ripetere pedissequamente tutto ciò che il titolo offre, perché ci troviamo dinanzi a un porting che non ha innovato l’offerta di un anno fa, che permane quindi la medesima: per una più approfondita analisi dei meccanismi di gioco, quindi, vi rimandiamo alla recensione del Builders per PlayStation 4. 

Benvenuto al Costruttore

Alefgard, regno caro ai combattenti di Dragon Quest. In una realtà parallela a quella nota a chiunque abbia sconfitto il malvagio Dragonlord, le forze del male hanno provato a sedurre il nostro eroe, proponendo una spartizione del regno: piuttosto che vincere la battaglia, la proposta è quella di cedere e condividere il potere con le forze del male. Una seduzione che non può lasciare inerme il nostro eroe, nonostante le tantissime battaglie compiute, e la possibilità di annusare una forza ancora sconosciuta lo conduce dritto nella trappola che, ad armi riposte, lo annienta sotto gli occhi del Dragonlord. Lasciato oramai indisturbato, il nostro antagonista ha la possibilità di dominare sul regno e assoggettarlo come meglio crede nel futuro. Gli anni passano e un nuovo eroe si risveglia accanto a un focolare, pronto a ridare vita a un mondo oramai desolato, con un grande marchio sulla fronte: si tratta del Costruttore, l’eroe che potrà ridare vita a tutto ciò che le forze del male e i mostri disseminati nel territorio di Alefgard hanno distrutto. Per ridare vita e linfa alle terre disgraziate.La trama di Builders è un palliativo, sappiatelo, perché non c’è la volontà di raccontare un’epica avventura, ma soltanto quella di trovare un pretesto per spingervi a determinate azioni: ricostruire ciò che è stato distrutto. Attraverso, quindi, dei dialoghi non eccelsi e delle non sempre credibili manifestazioni di affetto e di profonda gratitudine nei confronti del Costruttore – un ragazzino sconosciuto munito inizialmente di arnesi improvvisati – non vi ritroverete a leggere niente di particolarmente intenso, ma in ogni caso sarete messi dinanzi a un prodotto che fa il suo dovere.

Open world su binari

Dragon Quest Builders, come ci era già capitato di dire nella recensione della versione PlayStation 4, rappresenta un sandbox sui generis, che strizza l’occhio a una maggior linearità piuttosto che a una dispersività che non sempre viene apprezzata dalla platea composta dai videogiocatori: è chiaro, quindi, che il titolo di Square-Enix non si apre a chiunque e non sarà apprezzato da tutti, ma per quei giocatori che perseguono le fantasie della costruzione – che in questo caso diventa una ri-costruzione – e vogliono farlo seguendo una traccia ben delineata qui c’è pane per i loro denti. Builders, d’altronde, ci mette dinanzi a delle missioni ben strutturate, con delle richieste da soddisfare e delle città da ripopolare convocando a noi dei personaggi diversi, adeguatamente caratterizzati e con delle necessità specifiche: ogni isola avrà il suo obiettivo e, confermando uno dei principali difetti denotati nella versione di un anno fa, proprio in questa divisione delle isole ci siamo trovati nuovamente a storcere il naso. Dragon Quest Builders, infatti, ha una scissione in capitoli che equivale a una suddivisione in compartimenti stagni, quindi pur offrendo una grande varietà tra le varie ambientazioni proposte, vi costringerà a deporre sempre tutta la vostra conoscenza e tutte le opere compiute nella precedente isola ogni volta che vi ritroverete ad andare in una nuova. Una limitazione che purtroppo vi costringe a sapere, una volta scoperto l’arcano, che tutto ciò che avete meticolosamente costruito finirà nel dimenticatoio. A venirvi incontro ci sarà, però, una modalità aperta, una sorta di multiplayer, che vi aprirà le porte del mondo esterno e vi permetterà di costruire qualunque cosa vogliate: il fascino della linearità e della traccia da seguire viene completamente vanificato, ma Dragon Quest Builders acquisisce l’altro lato della medaglia che è il sandbox, ossia il mare magnum di opportunità che vi viene adeguatamente concesso, in piena libertà. Tornando a parlare della spina dorsale dell’esperienza, però, ci ritroveremo a dover ricostruire delle città cadute oramai in rovina, come accennato poc’anzi, seguendo determinati incarichi e andando a recuperare determinati oggetti disseminati nelle zone antistanti la nostra cittadina, tutte raggiungibili grazie a dei portali che impareremo a costruire grazie ai nostri fedeli sudditi, o compagni di sventura se preferite. Il progresso è strettamente legato ai punti che fanno riferimento alla bontà e all’adornamento della vostra città, che dovrà quindi non solo essere arricchita con degli upgrade tecnici, ma anche con delle decorazioni che la rendano ancora più bella alla vista. A volte tale meccanica vi costringerà a uno sfrenato collocamento di oggetti per lo più inutili in giro per la vostra piccola cittadina, ma sarà in ogni caso funzionale all’upgrade e al conseguente sviluppo della vostra base operativa. 

Dragon Quest Builders, in ogni caso, così come la sua versione pubblicata un anno fa su console Sony, non è soltanto costruzione, ma anche combattimento: lo dimostrano le battaglie che dovrete affrontare nel corso delle varie missioni e che, inevitabilmente, dovrete fronteggiare quando la vostra città si ritroverà a essere assaltata da alcuni mostri. Non solo questi proveranno a distruggere tutto ciò che avete costruito, ma attenteranno anche alla vostra salute, che – come d’altronde è logico che sia in un gestionale di questo tipo – dovrà essere sempre tenuta a bada. Non solo gli attacchi dei nemici, ma anche la fame farà calare sempre di più i vostri punti salute, che potranno essere aumentati grazie al progredire della vostra avventura: per completare quei cinque indicatori rappresentati da altrettante cinque pagnotte, dovrete avere sempre del cibo dalla vostra, cucinandolo o procacciandolo all’inizio, il che va a formare un circolo vizioso più che naturale che parte dalla costruzione di un barbecue e di una cucina e termina con la produzione di cibo che dovrete conservare fino al momento opportuno, per rifocillarvi dopo una battaglia. Queste, oltre alle basilari scorrazzate muniti di spade e di magli scientemente realizzati presso la fucina o il banco del costruttore, spesso vi chiameranno anche a organizzare delle mura come se foste in un vero tower defence: intorno alla metà del primo capitolo avremo modo di approcciare tale modo di concepire la difesa della nostra città, andando ad apprendere le ricette per costruire muraglie di pietra e recuperando anche degli idoli spara-fiamme da un dungeon poco raccomandabile, dal quale siamo prontamente fuggiti. Builders, d’altronde, è anche questo: reperimento e ricollocamento di oggetti unici, che spesso non saranno riproducibili, se non in fasi molto avanzate del gioco. Andare alla scoperta, esplorare, diventa quindi fondamentale e utile per arrivare là dove le ricette non vi condurranno praticamente mai.

La differenza tra la versione per PlayStation 4 e quella per Nintendo Switch, insomma, è più che altro visibile nella realizzazione tecnica. La versione di cui vi stiamo parlando è bloccata sui 720p, sia nella sua versione portatile che inserita nella dock, mentre la versione PlayStation 4 arrivava a 1080p. In modalità portatile, poi, Switch mantiene i 30fps, mentre nella sua versione da console fissa arrivava ai 60fps supportati anche dalla PlayStation 4 (la versione per console Sony non aveva differenze con la PlayStation 4 Pro). Per il resto la visuale, sia quella normale che quella dall’alto per avere un’idea più sommaria di quanto avete costruito, è rimasta la stessa e nel dettaglio soltanto la resa delle ombre sembra meno raffinata di quanto realizzato per il Dragon Quest Builders pubblicato un anno fa. L’aspetto più soddisfacente, però, è dato dalla telecamera che su PlayStation 4 era abbastanza fastidiosa, soprattutto nell’esplorazione dei dungeon: su Nintendo Switch la visuale ci accompagnerà in maniera saggia, facendoci entrare nei vari cunicoli senza eccessivi problemi e donandoci una vista quasi un prima persona, soprattutto all’ingresso di eventuali prigioni. 

– In mobilità guadagna molto

– Un sandbox lineare e non dispersivo

– Downgrade grafico rispetto alla versione PlayStation 4

– Un porting e nulla più

7.5

Ciò che perde tecnicamente Dragon Quest Builders su Switch lo recupera nel suo declinarsi ottimamente nella sua versione portatile: come già ampiamente detto durante l’articolo di prova, il sandbox di Square-Enix trova la sua massima espressione in quella possibilità di essere giocato ovunque e di poter donare l’immediatezza che è tale di una console che riesce a coniugarsi in diverse condizioni di gioco. Confidiamo nel fatto che il sequel di Builders possa arrivare in una forma molto più bella da vedere anche su Switch e che, forti degli insegnamenti ricevuti con il primo capitolo, gli sviluppatori possano regalarci un sandbox che a oggi rappresenta un’alternativa validissima a Minecraft, il mostro sacro del genere.

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7.5