Recensione

Dillon's Dead Heat Breakers - Il 3DS non molla mai

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a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

Dopo due titoli digital only, sviluppati con più buona volontà che budget a disposizione, Nintendo ha deciso di dare una possibilità retail anche all’armadillo Dillon, che, per la sua terza avventura, può permettersi di fare le cose in grande: Dillon’s Dead Heat Breakers giunge sugli scaffali dei negozi anche in versione fisica, con un’iniezione di contenuti a giustificare il prezzo maggiorato.
In un periodo arido di uscite per le console della famiglia 3DS, non potevamo trascurare l’eroe western, e quindi ci siamo fiondati sulla sua ultima fatica per voi.
Quando Dillon incontra Mad Max
Usciti a stretto giro di posta tra il 2012 ed il 2013, i due titoli precedenti della serie tentavano di coniugare la strategia tipica dei tower defense con l’azione propria dei giochi in terza persona con controllo diretto del personaggio, con risultati altalenanti: se, da un lato, l’azione ravvivava e spezzava le fasi di pianificazione strategica, dall’altro lo schema di gioco tendeva a ripetersi fin troppo presto, portando, inevitabilmente, alla noia sul medio/lungo periodo.
In questo terzo episodio la rivoluzione parte dall’ambientazione, che passa da quella della frontiera western che faceva da sfondo ai primi due titoli ad una inaspettatamente post apocalittica, come se Dillon si fosse addormentato e stesse sognando il mondo di Ken Shiro: la società è andata incontro ad un evento catastrofico non meglio identificato e dato per assodato già dalle prime battute del gioco, che è ambientato diversi anni dopo questa calamità.
Gli umani (o meglio, gli animali antropomorfi) sono costretti a rifugiarsi in città fortificate per sfuggire ai pericoli delle wasteland, tra i quali spiccano i Mostri, entità dall’apparente forma rocciosa che minacciano ogni forma di vita sul loro cammino.
Il nostro ex sceriffo ricopre anche qui un incarico di grande responsabilità, visto che è l’unico in grado di affrontare questa minaccia e che, come se non bastasse, nel tempo libero si dedica ad aiutare la comunità come può, svolgendo lavori indispensabili come il cassiere o il commesso.
Sebbene nelle sue fasi diurne il gioco strizzi l’occhio alle interazioni sociali a la Animal Crossing, il peso della trama all’interno dell’economia di gioco è tutt’altro che preponderante, e i dialoghi scivolano via senza lasciare il segno, nonostante la consueta buona localizzazione nella nostra lingua e qualche siparietto spassoso.
Se, quindi, i più giovani potranno trovare godibile l’intreccio appena accennato, non è certo lo spessore della trama che potrebbe fungere da leva determinante per l’acquisto, a nostro parere.
Ciclo sempiterno
Appena avviata la partita, Dillon’s Dead Heat Breakers chiederà al giocatore di selezionare un Mii interno alla sua console 3DS e lo trasformerà in un bizzarro animale antropomorfo a caso, tratteggiando immediatamente un’avventura dai tratti leggeri e scanzonati, nonostante l’inatteso (e apparentemente più serioso) cambio di ambientazione.
Il gameplay è bipartito, equamente diviso tra sessioni diurne e notturne, la cui alternanza è scandita dal ciclo giorno notte del prodotto: durante le ore diurne, il giocatore è chiamato a partecipare ad una serie di attività in giro per il piccolo villaggio nei panni del suo Amiimale, nell’ottica di racimolare soldi e materiali per prepararsi alle missioni notturne, che invece incarnano lo spirito ibrido tra tower defense e azione che aveva già caratterizzato i precedenti episodi di quello che ormai sta diventando un franchise a tutti gli effetti.
Ma andiamo con ordine: in un tocco di Animal Crossing (con spruzzatine di Tomodachi Life), le giornate passeranno tra una serie di attività fotografabili come minigiochi, mai sufficientemente profondi da soddisfare ma divertenti sul breve periodo.
Si va dalle corse all’impiego part time in un supermercato, dall’apprendistato presso il centro di riciclaggio alla realtà virtuale, che funge da allenamento per le fasi in cui i Mostri saranno reali: nonostante alcuni di questi minigame siano ben realizzati e divertano se presi a piccole dosi, già all’alba della settima/ottava ora di gioco perderanno inesorabilmente il loro charme, risultando ripetitive e poco attraenti, seppure necessarie per accumulare le risorse utili per realizzare la super arma che garantirà la vittoria ai (semi) umani.
Di notte, invece, le meccaniche di gioco ricalcano maggiormente quando visto nei precedenti episodi, con il giocatore che assume nuovamente il controllo diretto del Lampo Rosso: ognuno dei Mii che di giorno popolano la città può essere arruolato e schierato in una delle torrette difensive disponibili, così da rinforzare le proprie linee di difesa e farsi coprire le spalle mentre si affrontano i mostri più minacciosi in prima persona.
Dillon si controlla, per la prima volta nella serie, tramite la croce direzionale e i pulsanti frontali e non esclusivamente tramite pennino, scelta di cui le fasi di azione hanno beneficiato non poco: l’adrenalina scorre a fiumi durante i primi scontri, gli unici che offrano una parvenza di sfida, visto che poi, a forza di potenziamenti, la curva della difficoltà si farà assai meno ripida.
Una terza, ed ultima, fase è rappresentata dalle corse: i Mostri decimati nel numero si danno alla fuga su ruote, e il giocatore dovrà rincorrerli e speronarli fino a spegnerne definitivamente le velleità, a furia di premere il tasto A.
Questa routine appena descritta, che risulta fresca e godibile per le prime quattro o cinque missioni (delle quindici totali che il titolo propone), viene però troppo presto a noia, perché il loop si ripete uguale a se stesso troppo a lungo, destando la spiacevole impressione di burro spalmato su troppo pane, come se la transizione da prodotto indipendente a titolo retail full price non sia stata del tutto indolore, nonostante la discreta quantità di contenuti offerta.
Passi avanti
I passi avanti più evidenti Dillon’s Dead Heat Breakers li fa sotto il profilo tecnico, decisamente più attraente rispetto a quello dei primi due episodi, che pure non dispiacevano considerati budget e potenzialità della piattaforma ospite.
Questo terzo episodio propone modelli poligonali più dettagliati, una costruzione degli ambienti più convincente, sebbene questi si ripetano con troppa frequenza, ed un framerate mediamente più costante rispetto alle prime uscite dell’armadillo, anche se va sottolineato come la prova sia avvenuta su un modello New.
Ciò che lascia perplessi, nonostante la dozzina di ore di gioco che è possibile ricavare dal prodotto, è la scelta di proporlo a prezzo pieno (e cioè poco sopra i quaranta euro), soprattutto alla luce della ripetitività di fondo della attività tanto principali quanto secondarie e dei valori produttivi generali, sicuramente migliorati rispetto al passato ma ancora non al livello con le migliori produzioni che popolano la sconfinata libreria delle console della famiglia 3DS.

Adatto ad ogni tipo di pubblico

Il mix tra tower defense ed azione funziona ancora egregiamente

Per molti aspetti il migliore titolo della serie

Ripetitivo troppo presto

Costa troppo per quello che offre

Manca di profondità

7.0

Nonostante sia, per molti versi, il miglior episodio della serie, Dillon’s Dead Heat Breakers non è riuscito a convincerci a pieno, soprattutto a causa del prezzo a cui viene venduto, che pare eccessivo in rapporto alla quantità e qualità dei contenuti proposti, e alla ripetitività dell’azione di gioco, che si fa sentire pesantemente già a metà avventura.

Cionondimeno, il titolo Vanpool rimane consigliato a quanti cerchino un prodotto scanzonato, che si faccia perdonare la scarsa profondità con punti di forza come l’immediatezza, un riuscito miscuglio di generi e diverse scenette che non potranno non strappare un sorriso, soprattutto ai più giovani.

Voto Recensione di Dillon's Dead Heat Breakers - Il 3DS non molla mai - Recensione


7