Recensione

Dead Man's Hand

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a cura di ^LeCcIuS^

Oramai è difficile trovare, nell’inflazionato genere degli sparatutto, un titolo veramente originale. Senza togliere niente a titoloni quali Call of Duty o a Men of Valor, bisogna riconoscere che le ambientazioni sono sempre più ripetitive: e mai possibile che non ce ne siano di nuove? Se togliamo la possibilità d’invertansele (vedi le atmosfere gotico-tecnologiche di Quake 3 Arena), alle aziende produttrici di videogiochi non resta altro che frugare nel passato: a questo punto viene spontaneo chiedersi se esiste ancora una qualche ambientazione sul serio nuova o quantomeno poco sfruttata. La risposta è sì! Sapete cosa accadde intorno al XIX secolo in America?Dead Man’s Hand (il titolo trae il nome dalla famosa “mano del morto” di Wild Bill Hickok, ucciso con le carte in mano, cioè due otto e due assi; da notare che nella copertina del gioco sono presenti infatti due assi di cui uno sforacchiato e un otto) è un titolo della Human Head ambientato, per l’appunto, nel XIX secolo, periodo durante il quale, se vogliamo, ebbe luogo l’epopea del selvaggio far west. Ci provò ben sette anni fa (non contiamo i videogiochi da bar della Capcom che nascevano intorno al 1985) nel 1997 Outlaws della Lucas a lanciare una ventata di nuovo con quest’ambientazione, ma da quel titolo a oggi nessun altro l’ha risfruttata benché siano state ampiamente sfruttate le guerre moderne. Andiamo ora ad analizzare Dead Man’s Hand, non a torto pieni di aspettative.

Il classico pistolero nel classico WestIniziamo dalla trama: si rivestiranno i panni di El Tejon, spregiudicato pistolero messicano capo della cosiddetta ‘banda dei nove’, che tenteranno di eliminare il nostro eroe. Creduto morto, El Tejon, come si conviene alle trame più originali, si vendicherà, e non cesserà questo suo desiderio di vendetta fino a quando non si sarà vendicato di tutti. E meno male che questo titolo punta sull’originalità… Comunque sia, si dovranno svolgere più di venti missioni (ce ne sono alcune bonus) ambientate nei più disparati luoghi, accuratamente scelti però fra i luoghi-simbolo del West: saloon, miniere, città fantasma e via discorrendo, incontrando cammin facendo i vari componenti della banda dei nove fino ad arrivare al loro capo. Le missioni sfilano dinanzi a noi, velocissimamente fra l’altro al livello di difficoltà facile, senza che accada qualcosa che ci colpisca sul serio, visto che i livelli corrono principalmente su binari preimpostati e visto che i nostri nemici staranno ad aspettarci come se avessero un radar impiantato in testa: scordatevi le azioni stealth, i nemici sono dei veggenti. Se loro sanno dove siamo noi è da notare come si prodighino affinché anche noi ci accorgiamo della loro presenza: o urlano un insulto, o se ne vanno tranquilli in quel posto dove vanno ogni qual volta ci accingiamo a ricominciare la partita, visto che è possibile salvare solo all’inizio di ogni livello. L’unica cosa che potrebbe rallentare il nostro cammino verso la fine del gioco è la possibilità di morire subito, eventualità che si verifica allorché si sta vicini, per esempio, ad un barile di polvere pirica o quando non si riesce proprio a capire da dove provengano gli spari che ci stanno piovendo addosso. Pessima anche l’interazione del protagonista con l’ambiente: sarà un lusso finanche attivare una carambola d’oggetti che cadono che andranno ad uccidere dei nemici che “casualmente” si trovano nel loro raggio d’azione; altresì di certo non basta l’anguria che rotola ed esplode a causa della detonazione della dinamite a non farci notare il muro distrutto di cui volano i blocchi che lo costituivano, ma che, arrivati a terra, rimbalzano un po’ e poi scompaiono. I personaggi, comunque sia, sono abbastanza ben realizzati, forse staccano un po’ dal resto dell’ambientazione ma effettivamente non si nota in modo palese.

Buone idee mal realizzateCi potremo divertire durante le partite a poker prima d’ogni missione, che ci consentiranno di guadagnare munizioni extra per le nostre armi abbastanza ben storicamente ricostruite, sbloccabili via via che si va avanti nel gioco (particolare semi-inutile, appena avremo fra le mani il Fucile a tamburo Lewis c’innamoreremo dei suoi sei colpi sparati in 3 secondi e non lo lasceremo più, anche perché ne bastano 2 per far fuori chicchessia, e non dovremo neanche porci il problema di mirare alla testa, visto che il danno è il medesimo sia che uno venga colpito al ventre sia che venga colpito in fronte), oppure potremo aumentare il livello del nostro indicatore di potenza, indicatore che serve a darci la possibilità di utilizzare il fuoco secondario delle armi (che ci consentirà tiri con effetti particolari). Le armi disponibili in totale sono 12: 3 pistole, 3 fucili, 3 fucili a pompa e 3 armi speciali, fra cui spiccano le bombe al whiskey, parenti delle molotov ma vilipese, assieme alla dinamite, da effetti di fuoco ed esplosione realizzati abbastanza male. Un’altra chicca è poi il combattimento a cavallo, durante il quale il nostro unico compito sarà di mirare e sparare, visto che il cavallo farà tutto da solo. Altri particolari che concorrono a render più originale e piacevole il gioco sono i punti leggenda, che permettono di confrontarsi con altri pistoleri, e si guadagnano sforacchiando con stile; ad esempio facendo volare il cappello di un avversario o facendo una rapida serie di centri con lattine, bottiglie, insegne e altri oggetti comuni. La salute poi è indicata con un minimo di 0 e un massimo di 100, con tanto di rappresentazione di un mazzo di carte a fianco di detto numero… sarebbe stato più interessante mettere a questo punto come massimo livello di salute 52, numero di carte in un mazzo, ma evidentemente hanno preferito seguire la norma del genere.

Buone basi mal sviluppateHo già detto che i personaggi sono ricostruiti in modo storicamente abbastanza fedele e che staccano un po’ dagli altri componenti dell’ambientazione, ma com’è questa ambientazione? Innanzitutto è da dire che il motore grafico utilizzato per questo titolo è quello di Unreal, buono ma non eccellente, che comunque riesce a rendere in modo discreto le ambientazioni (a parte i cocci di vetro perfettamente triangolari e alberi un po’ troppo artificiosi). Queste ultime, in sostanza, sono realizzate bene, con cura soprattutto per i colori (vengono preferite le tinte del rosso, marrone e grigio, come si conviene al far West classico). La colonna sonora è adatta all’ambientazione e orecchiabile, i rumori degli effetti sono abbastanza realistici (anche se talvolta non si capisce bene da dove provengano), ma le urla di morte dei nostri nemici purtroppo si riducono a due tipi principali che fra l’altro sono degne di un tumore alla laringe. Il single player come già detto è abbastanza limitato in termini di longevità in quanto alquanto facile e lineare; il multiplayer invece è capace di darci qualche emozione in più con 4 modalità: deatmatch, tutti contro tutti; deatmatch a squadre, due squadre si sfidano; ricercato, interessante poiché tutti danno la caccia a un giocatore per un tempo prefissato scaduto il quale il giocatore ricercato se ancora vivo ha vinto; difesa a oltranza, modalità cooperativa nella quale bisogna difendersi da nemici animati da un’IA sempre più temibile. Il numero massimo di giocatori è 8, peccato perché sarebbe stata ben più piacevole una sparatoria con un numero ancora maggiore di duellanti. Altra chicca della modalità multiplayer è l’opzione ‘uccisione istantanea’, modalità nella quale, con un colpo di fucile per bufali Hawkins, armato di munizioni infinite, l’avversario è già morto. Questa opzione sarà particolarmente gradita ai fanatici delle arcifamose battaglie a colpi di solo railgun che hanno avuto tanto successo sui server online di Quake 3 per il fatto che premiano chi ha la mira migliore e non chi ha dalla sua una buona dose di fortuna. Non bisogna dimenticare però che è ancora tutto da vedere per quanto concerne la diffusione di questo gioco nell’ambiente dei videogiocatori online.

HARDWARE

Requisiti minimi:
Pentium III 800 Mhz o equivalente, 256 MB RAM, scheda video con almeno 32 MB di RAM, scheda audio Windows compatibile.

Requisiti consigliati: Pentium IV 2 Ghz o equivalente, 512 MB RAM, scheda video con almeno 64 MB di RAM, scheda audio Windows compatibile.

MULTIPLAYER

Il gioco in multiplayer di Dead Man’s Hand è possibile sia via LAN sia via GameSpy. Il numero massimo di giocatori è 8 e le modalità sono 4, di cui 2 sono le classiche “deatmatch”, mentre è presente anche una modalità dal nome “ricercato”, molto originale.

– Divertente

– Originale

– Atmosfera resa abbastanza bene

– Alcuni effetti grafici realizzati male

– Missioni piatte e preimpostate

– Troppo facile.

7.0

Per concludere, Dead Man’s Hand appare un po’ troppo semplice e lineare, ma comunque riuscirà a regalare un buon quantitativo di divertimento a tutti i videogiocatori meno esigenti, i quali magari non disprezzano i film western e che amano videogiocare solo per divertirsi. Dead Man’s Hand è costituito da buone idee realizzabili meglio, è un vero peccato che molte intuizioni siano state sviluppate in modo così limitato rispetto alle loro effettive capacità. Ne approfitto anche per far notare che la versione per PC è superiore a quella per Xbox.

Voto Recensione di Dead Man's Hand - Recensione


7