Anteprima

DOTA 2

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a cura di Pregianza

Tastiere spaccate a testate, persone in grado di cliccare sul mouse a velocità di poco inferiori a quella della luce, argomentazioni filosofiche in full caps, solitamente seguite da commenti poco costruttivi riguardanti le madri o altri stretti famigliari di certi giocatori, miriadi di statistiche e personaggi, squadre di giocatori che si coordinano via Skype meglio di certi team di Navy Seals… Tutte queste immagini vengono alla mente quando si pensa ai DotA-like (o MOBA, termine coniato da Riot Games), peculiare e complesso genere di videogame nato da una leggendaria mod di Warcraft 3 ben otto anni fa. Negli anni questa super-competitiva tipologia di giochi è letteralmente sbocciata, e miriadi di software house hanno tentato di imporre la loro variante dell’originale, con risultati altalenanti.Molti fan profetizzavano un ritorno in grande stile sviluppato da Blizzard stessa, e in grado di spazzare via in poco tempo tutta la concorrenza creatasi. Non ci sono andati lontanissimo, e la grande B sta in effetti sta lavorando a un rifacimento della mod, tuttavia non sono stati loro a farsi carico del seguito ufficiale, bensì un altro colosso del gaming PC, Valve. La potenza guidata da Gabe Newell ha assoldato Eul (o almeno così si vocifera), il creatore dello scenario, e Icefrog, il misterioso programmatore che lo ha ribilanciato e modificato con cura certosina per anni, dopodiché ha baldanzosamente annunciato DOTA 2 al mondo. Così facendo si è garantita seduta stante l’attenzione dell’utenza veterana, ma non quella dei gamer comuni, in molti casi introdotti al genere da uno dei diretti rivali, o completamente all’oscuro della sua esistenza. La “missione impossibile” di un MOBA è proprio questa, invogliare nuovi utenti a buttarsi nel mondo del gaming competitivo online e portarli a dedicare ore e ore di tempo a un gioco di notevole complessità, fortemente elitario e in grado di portare il più santo degli uomini a livelli d’ira che fan sembrare Hulk un gattino di pezza. Se esiste una casa in grado di compiere una tale impresa è proprio Valve, al punto che lo stesso Gabe ha affermato più volte di aver posto come obiettivo principale il rendere fruibile DOTA 2 alle masse, pur mantenendo invariata la formula di base. Noi ovviamente le nostre belle frustrazioni giocando a DotA le abbiamo vissute, e quindi a tali promesse non avevamo intenzione di credere senza aver provato il gioco con mano. Per fortuna in questi mesi è partita la closed beta, e tra le nostre paffute manine è giunta una simpatica key. Abbiamo quindi attivato lo scudo mentale anti-flame, montato un mouse con 16 tasti, bevuto 12 Redbull (don’t try this at home), e ci siamo buttati a testa bassa nella beta, pronti a venir ownati a ripetizione. Le sorprese sono state tante, e piacevoli. Vediamole.

Se un eroe viene gankato al centro della foresta e nessuno lo sente, viene gankato davvero?Chiunque abbia giocato a DotA in passato si troverà perfettamente a suo agio con questo seguito. Il gameplay è praticamente identico, e persino gli eroi sono rimasti gli stessi. Giocatori ormai abituatisi a League of Legends, attualmente il titolo di questo tipo con più utenti in circolazione, noteranno molte somiglianze tra i due giochi, ma potrebbero trovarsi comunque spaesati a causa di alcune piccole ma sostanziali differenze che rendono il tutto più arduo da padroneggiare.Come sempre due squadre composte da cinque eroi ciascuna si fronteggiano in una mappa simmetrica, attraversata da tre vie principali difese da torrette e perennemente percorse dalle unità di ogni fazione, e costeggianti delle zone boschive con mostri neutrali. Obiettivo finale della partita è la distruzione del campo base avversario, per ottenere la quale è necessario dominare l’avversario sia dal punto di vista monetario (eliminando le unità o gli eroi nemici si ottiene oro con cui acquistare oggetti per potenziare il proprio personaggio) sia da quello tattico. Questo è lo scheletro fondamentale del gameplay, e vale per quasi tutti gli esponenti del genere. DOTA 2 mantiene però alcune caratteristiche uniche che ne aumentano nettamente la complessità, almeno rispetto a quanto proposto dalla controparte di Riot. Innanzitutto è possibile utilizzare il “creep denial”, ossia uccidere le proprie unità pochi momenti prima che queste soccombano, per impedire agli avversari di ottenere oro in più. Non esistono tasti di teletrasporto per tornare alla base, ed è necessario comprare delle pergamene specifiche, acquistare corrieri per farsi portare l’equipaggiamento, o tornare a piedi. Molte armi avanzate richiedono oggetti ottenibili solo nel “negozio segreto”, un bazaar che compare in certe zone della mappa e non sempre risulta facile da raggiungere, specialmente se la squadra ostile fa una forte pressione ed ha il controllo del territorio. Il mana per l’utilizzo delle abilità va consumato con parsimonia, in particolare nelle fasi iniziali. Quasi tutti gli oggetti sono ad attivazione, e vanno puntati e usati come se fossero poteri aggiuntivi. Lafog of war è più fitta, e basta un albero per sparire dalla linea visiva e per evitare abilità che richiedono un bersaglio. Periodicamente, ai lati della via mediana che attraversa il campo di battaglia, compaiono delle rune di potenziamento, imbottigliabili e riutilizzabili in seguito, o utili per uccisioni veloci. Infine la mappa non è perfettamente simmetrica, cosa che può creare problemi ai neo-arrivati convinti di potersi orientare facilmente tra gli alberi della cosiddetta “giungla”. Queste numerose peculiarità, messe insieme, costringono a un approccio ben diverso, più calcolato e nettamente meno immediato. Se sia un bene o un male dipende solo dai gusti del giocatore: gli amanti della strategia dura e pura le apprezzeranno sicuramente, mentre altri potrebbero valutarle obsolete e fastidiose. Con questa consapevolezza Valve ha voluto intervenire in primis sull’interfaccia, eliminando il convolutissimo shop passato, ora molto più intuitivo e dotato di oggetti consigliati per ogni eroe, inserendo numerosi tutorial e guide, e permettendo la personalizzazione del layout dei tasti. Nella beta i tutorial non sono presenti, ma le opzioni e i menu a essi dedicati si, ed è dunque chiaro che ogni cosa comparirà nel prodotto finito. Già solo queste modifiche portano il titolo a superare un altro concorrente, Heroes of Newerth, che mantiene le stesse meccaniche, ma anche molte delle limitazioni originarie. La sfida con League of Legends è di tutt’altra intensità, ma anche lì Valve sembra sulla buona strada, visto che nella beta sono presenti una modalità spettatore praticamente perfetta, la chance di giocare partite con i bot in qualunque momento, soli o con gli amici, e un’intelligenza artificiale di altissimo livello, che offre un duro banco di prova per i principianti. Tutte cose che Riot, dopo anni sul mercato, ancora non ha inserito a dovere.

Clarity over quantityDOTA 2 rimane fedele al predecessore nel sistema di gioco, ma lo evolve alla grande tecnicamente. Il titolo sfrutta il Source, motore forse non eccezionale quanto a dettagli, ma di una flessibilità inarrivabile, dimostrata per l’ennesima volta. Il gioco è incredibilmente pulito, e graficamente supera senza troppi intoppi tutta la concorrenza, pur mantenendosi molto leggero. Grandioso il restyle dei vari combattenti, che mantengono tutto il loro carisma nelle nuove incarnazioni e vantano doppiaggi di altissimo livello. Mancano ancora alcuni guerrieri molto amati dalla vecchia utenza, ma ogni settimana nuovi aggiornamenti aggiungono eroi, ed è stato affermato più volte che il gioco supererà le cento scelte una volta disponibile. Trattandosi della fase BETA è difficile dare giudizi sulla stabilità dei server, ma è facile fidarsi di Valve in questo campo. Il problema principale del gioco, anzi, del genere, rimane sempre la comunità, zeppa di gente che tende a scaldarsi fin troppo facilmente (si, persino adesso che il gioco non è nemmeno uscito e non si sa nulla del suo modello economico). Icefrog e compari hanno in mente varie idee per moderare gli elementi peggiori della collettività, e spingere i veterani ad avere un atteggiamento costruttivo. Funzionerà? Ve lo diciamo subito. NO. Ma almeno stanno facendo un tentativo.

– Il gameplay è rimasto quello tatticissimo e piuttosto bilanciato del DotA originale

– Interfaccia rimaneggiata e molto più intuitiva

– Già in fase beta è stabilissimo e notevole

– Aspetto grafico pulito e ricco di stile

DOTA 2 è solo in fase beta, ma già dimostra la precisione e la cura nel dettaglio tipica di Valve in molti aspetti. La sfida per il dominio dei MOBA è ardua e piena di concorrenti, ma questo seguito “diretto” del primo DotA promette benissimo, e se gli sviluppatori riusciranno davvero a risolvere i problemi di accessibilità e ad arginare le cattive maniere della comunità, potremmo avere un nuovo dominatore assoluto del genere.