Anteprima

Clive Barker's Jericho

Avatar

a cura di Songoku

Quello che già sapevamoOrmai è un po’ che si parla di Jericho, il nuovo gioco di Codemaster partorito dalla fervida e cupa immaginazione di Clive Barker. L’ambientazione da incubo e le promesse circa le novità del gameplay hanno fatto salire l’attesa, per un titolo che potrebbe fare molti proseliti. Ora finalmente abbiamo avuto modo di mettere le mani su una preview giocabile, completa al 75%, che ci ha confermato in larga parte le buone sensazioni derivanti da comunicati ufficiali e filmati.Prima di vedere come in effetti il titolo si presenta, facciamo un brevissimo riassunto del punto in cui eravamo (per i dettagli di base vi rimando anche alle precedenti due anteprime sul gioco).Il nostro compito è quello di guidare una speciale squadra di guerrieri, chiamata “Jericho”, che grazie alle abilità sia con le armi convenzionali che con l’uso della magia cerca di impedire a un Male oscuro e antichissimo di conquistare la Terra, usando come porta di ingresso la città mediorientale di Al-khali.Nel corso delle settimane e dei mesi siamo venuti a sapere che il gioco ci avrebbe permesso di viaggiare in diverse epoche, per affrontare nemici diversi in differenti momenti della storia, che avrebbero presentato ogni volta una nuova versione della location e nuovi nemici. Allo stesso modo ci hanno stuzzicato le informazioni circa un gameplay potenzialmente molto innovativo, che univa gli elementi più classici degli FPS ad ampie possibilità tattico-strategiche e soprattutto a una grande varietà, data dalla possibilità di impersonare a nostro piacere diversi personaggi.

Veniamo ai fattiE’ necessario fare una premessa: avendo preso in mano una versione del gioco completa solo per tre quarti e priva della globalità dei livelli (solo 6 quelli disponibili) non si può ancora dare un giudizio definitivo su diversi elementi, quali la grafica (verosimilmente passibile di ulteriore affinamento) e la storia (i livelli proposti sono abbastanza slegati ed è difficile dare un’opinione conclusiva sull’architettura narrativa).Quindi prendete con le molle le considerazioni successive: possiamo avere certezze maggiori rispetto a un mese fa, ma sempre di preview si tratta.

L’atmosfera si fa anche col dettaglio“Jericho” colpisce subito per la sua atmosfera cupa e misteriosa, e per il senso di angoscia che riesce a trasmettere. Le diverse ambientazioni sono ben differenziate tra loro, ma rimane costante quel senso di morte e tragedia che aleggia tra i muri insanguinati e le nebbie grigiastre. Come spesso accade, ciò che davvero può fare la differenza in questo genere di giochi è la cura del dettaglio, con la capacità di inserire anche piccoli accorgimenti che però acquistano notevole importanza nella creazione generale dell’atmosfera. In questo senso ha ovviamente un peso enorme il design dei personaggi, pensato e supervisionato da Clive Barker. Ognuno dei guerrieri che andremo a controllare è dotato di grande carisma e si distingue notevolmente dai suoi compagni nell’aspetto, nelle armi, nei poteri occulti e anche nella personalità (ma lo vedremo meglio in seguito). Ugualmente curata è la varietà di nemici, che cambiano a seconda dell’epoca storica ma rimangono accomunati da un aspetto raccapricciante e sanguinoso, fatto di lame inserite negli arti, teste mancanti, scudi di osso e via dicendo. Senza contare i boss di fine livello, che da quello che ho potuto vedere sono ispirati e orridi al punto giusto.Ma come dicevo conta anche il dettaglio all’apparenza più insignificante: ecco che allora è azzeccata l’idea di far sparire i cadaveri per mezzo di un’orda di insetti che arriva a divorarli. Possiamo ipotizzare che la sparizione dei corpi si sia resa necessaria a livello tecnico, vista la “pesantezza” grafica delle ambientazioni e dei nostri compagni: la necessità di far sparire i cadaveri dei nemici è stata allora usata per trovare un accorgimento originale e d’effetto, come appunto queste nubi di insetti. Altri esempi possono essere il menu principale, pulsante di carne viva (un po’ come succede nel recentissimo “The Darkness”) e la barra di caricamento tra un livello e l’altro, che non è un semplice rettangolo allungato che si riempie di colore, bensì una striscia di schizzi di sangue, che si forma goccia dopo goccia: decisamente un tocco di classe!Anche il modus operandi dei nemici punta molto sulla componente “horror”: capiterà spesso di vedere creature mostruose spuntare fuori da posto impensati, facendosi sobbalzare sulla poltrona.Un’ultima nota (“sforando” in parte nel paragrafo sul gameplay): l’uso della torcia in questo gioco è finalmente imprescindibile. In molte occasioni essa non determina la differenza tra “vedere poco” e “vedere molto”, bensì tra “vedere” e “non vedere”. Per questo tutti i personaggi hanno la loro torcia, e devono accenderla di frequente (il tutto a vantaggio della creazione di ombre tenebrose, riflessi inquietanti, atmosfere spaventose).

I magnifici setteSul fronte gameplay il gioco sembra essere in grado di mantenere le promesse fatte. La maggiore fonte di novità è legata all’utilizzo quasi sempre libero di tutte e sette i personaggi (anche se forse dovremmo dire sei, ma lo vediamo tra poco).Malgrado in diversi punti del gioco sia necessaria una particolare abilità, per cui l’utilizzo di uno specifico personaggio diventa imprescindibile, nella maggioranza delle situazioni possiamo saltare da una figura all’altra a nostro piacimento, in base alle nostre preferenze in termini di stile di combattimento e danno procurato.Giusto per fare un esempio, un giocatore potrebbe preferire il preciso fucile da cecchino del Tenente Abigail Black, dotata inoltre della possibilità di controllare la traiettoria dei propri proiettili; oppure la grande (e tamarrissima) potenza di fuoco di Sergente Frank Delgado, equipaggiato con una stilosa mitragliatrice a canne rotanti e un potere che gli consente di lanciare palle di fuoco. Non so se si è capito che questo è il mio personaggio preferito, almeno per quel poco che ho potuto provare: vedere i nemici cadere sotto la pioggia di proiettili della mitragliatrice è sempre molto appagante. Ma ognuno potrà scegliere come procedere nell’avventura, privilegiando magari lo stile sobrio ed elegante di Padre Paul Rawling, dotato di due letali pistole, o le abilità del Caporale Simone Cole, capace di maneggiare il tempo rallentandolo a sua discrezione. A questi si aggiungono, come già anticipato nei mesi scorsi, il Sergente Billie Church, armata di pistola automatica e una lunga spada da ninja (anche le sue movenze ricordano molto uno shinobi) e il Capitano Xavier Jones, in grado di teletrasportarsi addosso al nemico.Protagonista è il comandante Devin Ross, che però è insieme tutti e nessuno: morto nelle prime fasi di gioco, Ross acquisisce il potere di spostarsi da un membro all’altro della squadra. Ecco allora la spiegazione “razionale” della nostra possibilità di impersonare alternativamente tutti i soldati.

Ogni soldato, come detto, ha a disposizione un’arma primaria e una secondaria, così come due poteri occulti. Si capisce che il gioco ne guadagna parecchio in termini di varietà, perché consente una carismatica specificazione dei personaggi senza togliere la possibilità di usare diversi equipaggiamenti. Non più dunque un solo personaggio che porta con sé quantità sproporzionate di armi, bensì un gruppo di persone in cui ognuno ha la sua specializzazione. Senza dimenticare, ovviamente, la possibilità di colpire i cattivi col calcio del fucile, usando il tasto B.La morte di uno dei personaggi, anche quello che stiamo comandando, non implica la conclusione della partita e il ritorno al primo checkpoint disponibile: semplicemente, si viene trasportati all’interno di un altro corpo, mentre il primo aspetta soccorso (o meglio, resurrezione). Ogni soldato è in grado di curare i proprio compagni feriti o uccisi, basta avvicinarsi ad essi e premere il tasto A. La partita termina solo alla sconfitta di tutti membri della squadra (che a seconda della fase di gioco possono essere sei ma anche meno, finanche uno solo), cosa che rende il tutto impegnativo ma non frustrante: alla difficoltà normale il titolo sembra abbastanza abbordabile e fluido. Più ostiche le fasi “quick time event”, momenti in cui viene richiesta la pressione di una precisa combinazione di tasti per compiere una specifica azione e permettere al personaggio di sopravvivere. Queste sezioni sono meno semplici, si muore più spesso, ma in genere il punto di rientro non è mai troppo in là nel tempo: non dovremo perciò ripetere necessariamente l’intera sequenza.In ultimo, “Jericho” non è un gioco in cui dobbiamo solo sparare e distruggere: in diverse occasioni è necessario capire come agire per superare un determinato ostacolo, usando nel modo più proficuo le diverse abilità dei protagonisti. Si parla anche di combinazioni tra i diversi poteri, per raggiungere effetti ancora più utili (o devastanti, se parliamo di combattimento), ma da questi pochi livelli questo elemento non è emerso con chiarezza.In generale, dunque, “Jericho” sembra offrire un impianto che segue la tradizione quel tanto che basta a non spiazzare e infastidire lo spettatore, senza però dimenticarsi di aggiungere elementi nuovi, che allargano l’esperienza offrendo punti di vista sempre diversi.

Ma la grafica?Ok, abbiamo capito che l’atmosfera è gagliarda, il gameplay vario e appagante, i personaggi carismatici, ma senza un comparto tecnico all’altezza, al giorno d’oggi un FPS non va da nessuna parte.Fortunatamente “Jericho” sembra presentare una grafica di tutto rispetto: ottimo il livello di dettaglio, sia per quanto riguarda i personaggi (buoni e cattivi) che l’ambientazione. Le texture sono complessivamente di buona fattura, con una grana soddisfacente e discreta corposità. Particolarmente affascinanti tutte le zone che potremmo definire “viscide”: pavimenti, pareti e soffitto sono spesso ricoperti di viva carne sanguinolenta, e il senso di lucido e molliccio è reso egregiamente. Niente da dire anche sugli effetti luminosi: in un gioco in cui (come accennato) l’oscurità, le ombre, l’uso della torcia sono fondamentali era necessario fare un buon lavoro nella gestione della luce, e bisogna dire che il risultato pare più che soddisfacente.Attenzione, questo non significa che non ci siano difetti: le maggiori pecche sono un leggero effetto aliasing, in generale qualche problema nella gestione dei contorni di persone e oggetti, una certa lungaggine dei caricamenti. Ma ricordiamo che stiamo parlando di una versione di prova, pronta solo al 75%: considerando questo, il risultato mi sembra già molto buono, dettagliato e fluido. Aspettiamo ovviamente il gioco definitivo per dare un giudizio conclusivo.

C’è da lavorare sul sonoroSulla parte sonora si può fare qualche critica in più: gli effetti non sono moltissimi, e singolarmente sono abbastanza nella norma. Anche in questo caso però teniamo conto che gli sviluppatori hanno esplicitamente dichiarato che devono ancora aggiungere diverse componenti, rendendo l’audio accattivante come il video.Ma un problema c’è, e temo non verrà risolto da qui a settembre (spero di essermi fatto sfuggire qualche notizia o aggiornamento dell’ultima ora): il doppiaggio italiano è francamente mediocre. Nel tempo che ho potuto dedicare a questa demo è stato l’elemento più stridente e fastidioso, all’interno di un gioco di grandi prospettive. I doppiatori italiani, non me ne vogliano, sembrano essere stati presi appena svegli: non c’è pathos, non c’è vera interpretazione, lo scollamento tra le voci (banali, svogliate) e i personaggi (carismatici e impegnati in una battaglia difficile) è allarmante. Se non verrà posto rimedio a questo problema (dovrebbero rifare il doppiaggio da capo) sarà meglio ascoltare le voci inglesi (sempre che sia possibile), al massimo usando i sottotitoli.

ConclusionePer riassumere, “Clive Barker’s Jericho” ha tutti i numeri per diventare un must-have per gli appassionati di FPS a sfondo horror. Molte le ragioni: un comparto tecnico di prim’ordine; una trama che sembra ben congegnata; gameplay appagante, vario e con buone dosi di originalità, un design di ambienti e personaggi ispirato e accattivante. Uno “stile” insomma, caratteristico e convincente. Rimangono alcuni punti in sospeso, che solo la versione finale potrà chiarire: in mancanza di multi-player c’è da capire quanto sia robusta la longevità; alcuni elementi della grafica (comunque già molto buona) potranno essere corretti; il sonoro potrà (dovrà) essere migliorato.Peccato solo per il doppiaggio, che ora come ora sembra il vero tallone d’Achille del gioco.Vi rimando a settembre per la recensione completa e la sparizione di ogni dubbio!